Di Giacomo (S.PP.) – Vicenda De Maria
"La cosiddetta seconda possibilità non può diventare un tiro alla roulette"
“La storia di Emanuele De Maria, il detenuto di origine napoletana, autorizzato grazie a un permesso di lavoro diurno a uscire dal carcere di Bollate-Milano, che dopo aver accoltellato in un hotel un collega di lavoro, si è dato alla fuga, rappresenta un nuovo monito per il sistema giudiziario italiano. Ma una domanda su tutte: come è stata possibile la concessione della semilibertà a un individuo che nel 2016 ha sgozzato a Castelvolturno una giovanissima tunisina, di soli 23 anni, sempre in un hotel considerato ritrovo di prostituzione e che per due anni è stato latitante in Germania?”. Così Aldo Di Giacomo, segretario generale del Sindacato di Polizia Penitenziaria, che aggiunge: “è lecito chiedersi se il sistema penale sia adeguatamente attrezzato per valutare il rischio di recidiva e se esistano misure sufficienti per proteggere la società da individui pericolosi come De Maria, tanto più che nello stesso hotel dove il detenuto “in permesso premio” ha commesso l’accoltellamento risulta irreperibile una donna”. Per Di Giacomo inoltre “non siamo purtroppo di fronte ad un caso isolato. È la stessa storia di Angelo Izzo, che insieme a due complici, si rese protagonista del massacro del Circeo. Un crimine che sconvolse l’Italia per la sua brutalità e che vide Izzo condannato all’ergastolo. Tuttavia, dopo 30 anni di reclusione, Izzo ottenne un regime di semilibertà, un provvedimento che avrebbe dovuto rappresentare un’opportunità di reinserimento sociale, ma che si trasformò in un tragico errore di valutazione perché Izzo a Ferrazzano, in provincia di Campobasso, tornò ad uccidere barbaramente. Maria Carmela e Valentina Maiorano, madre e figlia, furono soffocate ed Izzo tentò di occultare i loro corpi nel giardino della villetta dove si consumò il delitto. Una tremenda vicenda che dopo 20 anni è ancora viva nella memoria della comunità molisana e per la quale non sono state accertate responsabilità, proprio come nei troppi casi analoghi”. Per Di Giacomo “la cosiddetta seconda possibilità non può diventare un tiro alla roulette, tanto per vedere come va a finire, ma richiede grande attenzione. La rieducazione specie per detenuti che hanno commesso gravi delitti e crimini oltre che essere meritata deve diventare tutt’altra cosa, altrimenti oltre alla recidiva e quindi ad altre vittime si lancia un messaggio fortemente negativo a quei detenuti che invece si comportano in modo diverso”.