Referendum, Civati: “Con il No facciamo un’operazione repubblicana”
Avellino – Nove giorni al referendum, che ha visto la città teatro di una campagna, sia per il No che per il Sì, folta di iniziative e di “nomi”. Mentre l’On. Luca Lotti è stato in quel di Montemarano, nel capoluogo è giunto questa sera l’on.Giuseppe Civati.
Un No che muove da ragioni e obiezioni specifiche, a differenza di quanto sostenuto da un team di governo che per diversi metri ha corso in questo referendum sostenendo il proprio sì sulla base dei volti politici avversi e raggruppando tutti in una semplicistica “accozzaglia”.
Una sala gremita quella di stasera all’ex Carcere Borbonico, dove il dibattito si è presto aperto a un pubblico interessato e partecipativo.
Assolutamente lodevole il contributo della scrittrice satirica Francesca Fornario, che mimando una telefonata propagandistica per il sì, ha messo in evidenza i limiti e le contraddizioni che per i sostenitori del No sussistono nel ddl Boschi. Poi la parola all’On. Giancarlo Giordano, il quale si è soffermato sull’esigenza, a partire dalla battaglia referendaria che ha rimesso in piedi un impianto valoriale, di ricostruire la sinistra.
“Comunque vada il 4 Dicembre, Renzi è l’autore di una campagna elettorale dividente, che porterà certamente con sé strascichi e cocci da raccogliere – spiega il deputato irpino di Sinistra Italiana – Noi ci stiamo opponendo per motivi culturalmente democratici, che nulla hanno a che fare con l’essere conservatori. Se vince il No, forse riusciremo a recuperare una legge elettorale migliore. Il 27 sarò tra quei pochi che potranno votare per il rinnovo del consiglio provinciale e ciò significa che non sono state abolite le province, ma che si è abolito il diritto di voto dei cittadini. Al Senato, con questa riforma, assisteremo al medesimo scenario. Il nostro, dunque, è un No carico di speranza, soprattutto per la sinistra di questo Paese, che c’è e che deve ricominciare”.
Gli interventi del pubblico hanno mosso da idee simili, nella volontà sincera di partecipare e di ribadire che, in fondo, quando le cose non funzionano, non ce la si può prendere con la Carta fondamentale e non interrogarsi sulla qualità delle classi dirigenti.
A concludere l’On. Pippo Civati, per il quale la battaglia referendaria non è tanto una questione di sinistra, ma “un’operazione repubblicana” come lui stesso ha detto. “Il nostro No non può essere omologato a quello di nessuno. Noi non abbiamo parlato di scrofe e di maiali – ha esordito il fondatore di Possibile – al massimo ci siamo riferiti all’Italicum come a un piccolo porcellum e possiamo chiarire fin da subito che non avremmo mai usato un linguaggio come quello adoperato dal Presidente della vostra regione. Di fronte a quanto è emerso dalla vicenda De Luca, noi ne avremmo chiesto quantomeno le dimissioni, perché non possiamo accettare l’idea di una politica fatta di vassalli e valvassori. E in ultimo non ci riferiremo ai malati di diabete, come ha fatto la Lorenzin, anche perché dal punto di vista sanitario non cambia quasi nulla, salvo nomine notturne come quella di Renzi a De Luca. Il nostro no muove da valutazioni di merito, sulle quali abbiamo risposto finora punto per punto”.
“Mi meraviglia la posizione del mio amico Barca – continua Civati – che voterà Sì, dichiarandosi indifferente a questa riforma, ma come ha insegnato Gramsci l’indifferenza è il peso morto della storia. E indifferente si è dimostrato anche qualcuno che abita nelle regioni a statuto autonomo, asserendo di votare a favore perché la riforma non sarà applicata in quella regione. Di parole, insomma, se ne sono dette tante e poco si considera l’importanza di tornare anche a una trasparenza linguistica, che non può essere la narrazione di Renzi di 450 milioni di spese per un senato che dovrebbe riunirsi una volta al mese. Anche ammettendo che fosse vero, e non lo è, sarebbe solo più grave spendere questa somma per un tempo così limitato”.
“La speranza della sinistra c’è – ha concluso il riferimento nazionale di Possibile – ma c’è soprattutto la speranza di discutere e di prendere provvedimenti di qualità. E’ la penuria di qualità che ci impone di votare No il 4 Dicembre”.
di Francesca Contino