“Leggerezza e verità” – Il Prof. Pisano incanta con il suo racconto di Auschwitz
Questa mattina all' ex carcere borbonico l ultima giornata del progetto Scuola di Memoria.
Avellino – ‘Didattica della memoria’, un vero e proprio percorso quello proposto dagli insegnanti della Perna-Alighieri e dal Virgilio Marone. Un percorso, un viaggio nelle
parole, nelle immagini e in tutte le testimonianze di un orrore che ogni anno in questo periodo ci fa ‘dovere’ ricordare. Ma cos’è il ricordo e quindi cos’è il tempo?
E’ proprio su questo che ha riflettuto, questa mattina all’ex carcere borbonico, il prof. Domenico Pisano, un insegnante molto ben voluto dai suoi ragazzi per la sua capacità di contestualizzare, per la sua umiltà, figlia di un assoluto disinteresse a promuovere falsi miti. Anche oggi il prof. non ha deluso le aspettative, senza paroloni e con verità ha raccontato la sua Auschwitz. “Io ad Auschwitz ci sono stato 4 volte e sarò sincero non ho mai pianto – ha esordito Mimmo Pisano – Mi preme dirlo perché certe esperienze vanno affrontate con la dovuta dignità e onestà e bisogna dire ai ragazzi che l’intensità di un dolore non si misura dal pianto.
“Auschwitz è un porto, un punto di partenza più che di arrivo – ha continuato il prof. del liceo Virgilio Marone – E’ un porto che invita al viaggio, a un ripiegamento su se stessi. Il senso di impotenza è la cifra di questo viaggio. Sono tornato da Auschwitz non miglior, ma di nuovo fragile, a volte vigliacco, assente. Ho imparato la consapevolezza dei miei limiti, degli errori. Auschwitz dovrebbe essere conoscenza di ciò che trascuriamo, non l’appesantimento di un impegno e di una necessità. La verità risiede nella leggerezza dell’impegno, che per essere tale non può essere dovere, ma intima presenza.
Agli studenti non servono immagini orride, perché diciamoci la verità oggi si vive nella non cultura di uomini e donne, del grande fratello, si tende a normalizzare la violenza, ad amare burattini che urlano e si accapigliano. Noi docenti dobbiamo avere pudore. Quando sono andato ad Auschwitz c’erano delle vetrine, come quelle che tanto ci attirano lungo Corso Vittorio Emanuele, ma nelle vetrine del campo c’erano capelli, milioni di scarpe, valigie, pennelli da barba e pigiami. Nessun marchio famoso, nessun nome o merce in saldo. Lì ci sono scritte invisibili, parole che si possono leggere solo con il cuore.
Auschwitz è solo uno degli orrori della storia, uno dei genocidi di cui ci è concesso parlare, perché tacitamente abbiamo accettato il ricordo della Shoah ebraica e la dimenticanza di tante altre stragi di innocenti. Non si può monopolizzare il dramma di una storia, come ci ha ricordato anche Papa Francesco, è mafia morale. Dobbiamo dare peso al dolore per ciò che è, il dolore è come il ricordo non ha una data e una scadenza. Quando prescriviamo la memoria in un tempo vuol dire che l’abbiamo già perduta. Auschwitz allora deve essere il coraggio delle nostre idee, perché solo la coscienza del limite ci dà la possibilità di superarlo, ‘senza il buio non esisterebbe la luce’. Questa è Scuola, con la s maiuscola, quella che abbandona una cultura di nozioni e formule, impraticabili fuori dalle aule, a favore di una cultura che sia in continuità con la vita di tutti i giorni, perché essa è vita stessa”.
Mimmo Pisano ha poi concluso, tra applausi e grida di apprezzamento: “Oggi non tutti gli istituti sono scuole. I concorsi si traducono, per la maggiore, in una farsa e la scuola si riduce a un polo di servilismo. La vera istruzione sta nella formazione etica delle generazioni, alle quali non va inculcato necessariamente il culto dell’al di là. Ai ragazzi va insegnato il culto della vita, che è qui, dove è anche l’uomo, dove è anche Dio. La vita non è stata e non sarà, la vita è. Auschwitz è un infinito presente”.
Il viaggio di questo professore non ha la pretesa di essere un canonico simbolo di speranza, ma vuole essere un messaggio di verità in tempi dove fa da padrona la diseducazione ai valori, a dispetto di quanto possano o vogliano sostenere altri insegnanti, anestetizzati da fedi o codici discutibili. Si dovrebbe sempre parlare di pancia e alla pancia dei ragazzi, perché solo non avendo paura di dire le cose come stanno si realizzano i cambiamenti. Meno millantatori e più concretezza. Anzi, come ha suggerito Mimmo Pisano, ‘più leggerezza’, che letterariamente si può tradurre come il monito della poetica di Umberto Saba, ossia la cultura delle cose quotidiane e della bellezza della vita nel suo paradigma di luci ed ombre.
Francesca Contino