Francesco Costa e la sua “Napoli appesa a un filo”

Gli otto racconti dell’autore partenopeo compongono un ricco mosaico della città della Sirena

costa_libro_napoli appesa a un filoAngelo Amoroso, ecco come mi chiamo, ecco chi sono. Sono un ragazzo napoletano di bell’aspetto, con tanto di muscoli e riccioli neri, ma puoi farteli fritti i muscoli e i riccioli, se stai di casa fra Fuorigrotta e Agnano, dove puoi pure illuderti di abitare a Napoli, se proprio ti va, ma in realtà vegeti in una periferia parecchio simile a quelle di altre città sparse in giro per il pianeta. Tutte sconfortanti, intendo dire, con giardini senza fiori e mercatini in cui si vende a prezzi stracciati merce che è stata seccamente scartata altrove” (F. Costa, p. 9)

 “Napoli appesa a un filo”, edito da iemme edizioni, è l’ultima fatica letteraria di Francesco Costa, scrittore e sceneggiatore partenopeo, già noto per la trasposizione cinematografica di due suoi romanzi: “La volpe a tre zampe” e “L’imbroglio nel lenzuolo”.

Il libro si compone di otto racconti, ognuno narrato a voce solista da un protagonista diverso: Angelo, Basilio, Olga, Tommaso, Beatrice, Livio, Norma e Riccardo. Questi otto personaggi portano tutti lo stesso cognome, Amoroso, che riecheggia l’idea secondo cui ogni napoletano, indifferentemente dalla sua età, nutre una necessità impellente di amare. Infatti, è l’amore, che si esprime nelle sue infinite sfumature, a  rappresentare il filo conduttore di tutti i racconti del libro. A dare colore e sostanza alle parole è la molteplice espressione dell’amore: quello sacro per la vita, quello disinteressato per i figli, quello sanguigno per il territorio e il cibo, espressione culinaria e culturale di un popolo, e quello passionale e carnale verso gli amanti. Da queste pagine emerge un mosaico di umanità variegato e poliedrico, che popola i vicoli di una Napoli, che ingloba e fagocita in sé un universo cangiante di sentimenti e passioni, in cui ribollono le anime che l’attraversano. Chi vi risiede è perennemente sospeso a un filo, nella tensione continua di ciò che è stato e ciò che potenzialmente sarà, ma che non è compiuto. Si vive tra l’incertezza dell’imminente apocalisse e la tranquillità quotidiana, dono di una commistione perfetta tra la beatitudine dei sensi e l’enigma della sorte.

Il linguaggio dei racconti si caratterizza per una sobria eleganza, frutto di una genuinità che favorisce la naturalezza espressiva al virtuosismo retorico sterile e freddo. L’immediatezza del linguaggio rende omaggio alla concretezza delle espressioni, donando affreschi quotidiani profondamente realistici.

di Davide MARENA  

Source: www.irpinia24.it