Allarme burocrazia negli ospedali

Il Coina: "Ogni giorno migliaia di infermieri impegnati in compiti che non dovrebbero essere loro"

pexels-paloma-gil-1205746-16204144“Sette schede per un solo ingresso in reparto e fino a quaranta minuti sottratti a ogni paziente per compilare documenti. È questa la realtà quotidiana negli ospedali italiani: un sistema che carica sulle spalle degli infermieri una mole insostenibile di burocrazia, togliendo tempo all’assistenza qualificata e aumentando il rischio di errori clinici”. Lo denuncia Marco Ceccarelli, segretario nazionale del sindacato delle professioni sanitarie Coina, commentando i dati emersi da studi internazionali e rapporti istituzionali.

Secondo un’analisi condotta dall’Università di Torino e pubblicata sul Journal of Advanced Nursing e sul Journal of Patient Safety, in Piemonte il 25% del tempo degli infermieri viene assorbito da compiti burocratici o delegabili ad altre figure: l’equivalente di oltre 5.000 operatori sottratti ogni giorno alla cura dei pazienti. Il fenomeno è confermato anche dal Rapporto Censis 2024, che individua la burocrazia come uno dei principali ostacoli alla produttività clinica e alla qualità percepita dai cittadini.

«A questo – aggiunge Ceccarelli – si somma la problematica del demansionamento infermieristico, legata alla carenza di personale di supporto, soprattutto nei turni notturni. Troppo spesso gli infermieri si trovano a dover svolgere compiti non propri, dalla gestione dei trasporti alle pulizie fino alle pratiche amministrative, sottraendo tempo all’assistenza. Non meno rilevante è la difficoltà nella delega: molti colleghi, in particolare i più giovani, incontrano ostacoli nel rivolgersi a operatori di supporto più anziani o poco collaborativi, mentre altri temono che il lavoro delegato non sia svolto con adeguata qualità o hanno paura di ricevere critiche. Tutto questo pesa sulla nostra professione, aumenta lo stress e amplifica il senso di isolamento nei reparti».

“Questo sovraccarico – prosegue Ceccarelli – non solo compromette l’efficienza dei reparti, ma ha anche un impatto diretto sul benessere degli operatori, generando stress, fatica mentale e un aumento degli errori di trascrizione e di valutazione. L’Organizzazione Mondiale della Sanità parla di data burden, un carico cognitivo che può portare al burnout e minare la lucidità nelle decisioni critiche”.

Il segretario nazionale del Coina sottolinea inoltre il divario con altri Paesi europei: “In Italia, l’accoglienza di un nuovo paziente in reparto può richiedere fino a quaranta minuti di burocrazia. In Germania e Francia il peso si ferma al 15-18%, nei Paesi Bassi e in Danimarca scende sotto il 10%. L’Estonia rappresenta la best practice: grazie a un sistema e-health centralizzato, ha dimezzato i tempi di documentazione rispetto alla media OCSE. Questo dimostra che cambiare è possibile”.

Secondo le stime più aggiornate, in Italia la burocrazia in sanità vale fino a 25 miliardi di euro l’anno tra sprechi, duplicazioni e inefficienze organizzative. Una cifra che equivale a più di un punto percentuale del PIL sanitario e che sottrae risorse preziose a investimenti in personale e innovazione. Ogni minuto di lavoro assorbito dalla compilazione di moduli ridondanti non è solo un costo per gli operatori, ma un danno diretto per i pazienti, che vedono allungarsi le liste di attesa e ridursi i tempi di cura effettivi.

Gli esperti indicano due fronti di intervento prioritari: da un lato la digitalizzazione realmente interoperabile, con un Fascicolo Sanitario Elettronico che funzioni su scala nazionale e riduca la duplicazione dei dati; dall’altro una migliore distribuzione delle competenze, con più personale di supporto e una formazione mirata sulla cultura della delega. Dove questi modelli sono stati applicati, come nei Paesi nord-europei, la riduzione del carico burocratico ha migliorato non solo l’efficienza, ma anche la qualità percepita dai cittadini e il benessere dei professionisti.

Coina chiede dunque un’accelerazione concreta sul fronte della digitalizzazione sanitaria: “Il Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0 deve diventare davvero interoperabile e non restare una promessa sulla carta. Serve una strategia nazionale per ridurre la duplicazione dei dati e liberare energie preziose per l’assistenza. Non possiamo più permetterci che un quarto del tempo degli infermieri venga sprecato: ogni minuto sottratto ai pazienti è un costo in termini di salute e sicurezza”.

 

Source: www.irpinia24.it