Foad Aodi: serve una svolta europea per la salute come pilastro di equità
Italia in ritardo su investimenti e prevenzione, urgente valorizzare i professionisti sanitari.
AMSI (Associazione Medici di Origine Straniera in Italia), UMEM (Unione Medica Euromediterranea), AISC NEWS (Agenzia Mondiale Britannica “Informazione Senza Confini”) e il Movimento Internazionale Uniti per Unire, a nome dei rispettivi Direttivi, accolgono con favore la sottoscrizione della “Carta di Roma” da parte degli Ordini dei medici di Francia, Germania, Grecia, Italia, Portogallo e Spagna, rilanciando la richiesta di una clausola di resilienza sanitaria che consenta investimenti fuori dai vincoli di spesa europea per prevenzione e malattie croniche.
Il commento del Prof. Foad Aodi, leader, fondatore e portavoce: salute come diritto universale, non come capitolo di bilancio
«Accogliamo con convinzione l’appello contenuto nella Carta di Roma», dichiara il Prof. Foad Aodi, medico fisiatra, giornalista internazionale, esperto in salute globale, direttore dell’AISC, membro del Registro Esperti FNOMCeO, quattro volte consigliere dell’OMCeO di Roma e docente alle Università di Tor Vergata, La Sapienza e Pavia.
«Serve però un cambiamento radicale che è ancora lontano: la salute deve diventare una priorità politica, economica e sociale al pari della difesa e della sostenibilità ambientale. Le guerre ci insegnano che i bilanci possono essere riscritti: ora tocca alla sanità, che è il vero terreno della pace e della dignità umana».
Un bilancio della sanità italiana: ancora troppo distante dall’Europa
«Con oltre 25 anni di esperienza nelle politiche sanitarie italiane ed europee con le battaglie portate avanti come AMSI, non posso che constatare come l’Italia continui a investire troppo poco in sanità pubblica rispetto al resto d’Europa», prosegue Aodi.
Secondo le stime AMSI 2025, l’Italia investe circa il 6,2% del PIL in sanità, a fronte di una media europea del 9%, con punte del 10% nei Paesi del Golfo come Qatar ed Emirati Arabi Uniti.
Anche sul fronte delle retribuzioni, il divario è evidente: un medico italiano guadagna in media il 35% in meno rispetto ai colleghi tedeschi e francesi, mentre un infermiere percepisce fino al 50% in meno rispetto a Norvegia, Svizzera e Germania.
Le priorità su cui Italia ed Europa devono intervenire con urgenza
«Servono strategie comuni e investimenti vincolati alla prevenzione, alla gestione dell’invecchiamento e alla salute pubblica di prossimità», aggiunge Aodi.
Tra le priorità individuate da AMSI e UMEM:
- un fondo europeo dedicato alla formazione sanitaria e all’aggiornamento professionale continuo
- un piano speciale europeo per sostenere i sistemi sanitari nei paesi con gravi carenze di personale
- una valorizzazione reale dei professionisti sanitari, sia economica che in termini di riconoscimento sociale
- l’abolizione delle disparità salariali e contrattuali all’interno dei confini dell’Unione
- una metodica comune europea per il riconoscimento dei titoli ottenuti all’estero e la procedura per esercitare in Europa
Medicina difensiva e prevenzione: due nodi da sciogliere
Aodi rilancia anche il tema della medicina difensiva, una pratica ancora troppo diffusa in Italia, che comporta ritardi diagnostici e aumento della spesa pubblica, oltre a gravare psicologicamente ed economicamente sui professionisti.
«L’Italia – insieme alla Polonia – resta l’unico grande paese europeo senza uno scudo giuridico per i medici. Questo ostacola il rapporto di fiducia medico-paziente e mina la qualità delle cure».
Quanto alla prevenzione, AMSI propone un modello europeo condiviso, con una stima minima di 2 miliardi di euro da dedicare ogni anno a screening e educazione sanitaria: secondo i dati elaborati da AMSI, ogni euro investito in prevenzione ne fa risparmiare almeno 4 in cure future, migliorando produttività e riducendo l’impatto delle cronicità.
L’appello di AMSI, UMEM e Uniti per Unire alle istituzioni europee
«Occorre che il Consiglio e la Commissione europea approvino una clausola di resilienza sanitaria che consenta di superare il rigido controllo dei bilanci in materia di spesa per la salute», conclude Aodi.
«Il nostro modello di welfare si regge sulla coesione sociale, e questa non è possibile senza un servizio sanitario pubblico forte, accessibile e finanziato in modo strutturale. La sanità è sviluppo, non costo. È un dovere etico, non solo contabile».
RIFLESSIONI E ANALISI SULLA “CARTA DI ROMA”. Il Prof. Foad Aodi: la Carta di Roma va nella giusta direzione, ma serve internazionalizzare davvero la sanità e la prevenzione
«La Carta di Roma contiene passaggi che condividiamo pienamente nei principi e nelle finalità», dichiara il Prof. Foad Aodi, fondatore e presidente dell’Associazione Medici di Origine Straniera in Italia (AMSI), dell’Unione Medica Euromediterranea (UMEM) e del Movimento Internazionale Uniti per Unire, presente in oltre 120 Paesi. «Collaboriamo con numerosi Ordini professionali a livello globale e molti nostri rappresentanti nei singoli Paesi sono membri attivi delle organizzazioni sanitarie nazionali».
«Dal 2001 collaboro con la FNOMCeO e con l’Ordine dei Medici di Roma. Per questo – prosegue Aodi – plaudo a questa iniziativa che mira a internazionalizzare il dibattito sanitario e a proporre soluzioni concrete alle criticità condivise».
Una sanità più forte nasce dal confronto tra sistemi nazionali
«Proprio da questo spirito di dialogo nasce la nostra realtà associativa», spiega Aodi. «Senza confronto tra sistemi sanitari, senza scambio di buone pratiche, senza internazionalizzazione dei modelli formativi e organizzativi, non è possibile migliorare davvero la sanità europea. Durante la pandemia abbiamo chiesto una vera alleanza internazionale tra Ministeri della Salute, Ordini professionali e Università. Oggi quella visione è più attuale che mai».
Formazione, informazione e prevenzione: le tre leve per investire nella salute
«Rafforzare la prevenzione, la formazione continua e l’informazione pubblica è la chiave per un investimento strategico nella sanità», aggiunge Aodi. «Eppure, in Italia come in molti Paesi europei, il rapporto tra spesa sanitaria e PIL resta troppo basso, e negli ultimi anni abbiamo assistito solo a tagli, mentre altri Paesi vanno avanti».
Italia ferma, i Paesi del Golfo investono fino all’11% del PIL
«Oggi i Paesi del Golfo come Qatar ed Emirati Arabi Uniti arrivano a investire anche il 10-11% del PIL in sanità, costruendo modelli fondati sui servizi e sulla prevenzione. Al contrario, in Europa si investe meno e si invecchia peggio: più aspettativa di vita, ma con meno qualità».
Fuga di camici bianchi: serve una cooperazione sanitaria equa e sostenibile
«Il fenomeno del reclutamento di personale sanitario straniero da parte dei Paesi europei deve essere affrontato con equilibrio e responsabilità. Se da un lato rappresenta una risposta alle carenze interne, dall’altro rischia di impoverire ulteriormente i sistemi sanitari dei Paesi a basso e medio reddito, che investono nella formazione ma non riescono a trattenere i propri professionisti. È necessario un modello di cooperazione sanitaria internazionale basato sulla reciprocità e sulla formazione condivisa, evitando di aggravare il divario globale in tema di salute ,combattendo diserti sanitari internazionali nei paesi poveri che possono penalizzare tutti i servizi compreso la prevenzione . Occorre sostenere i Paesi d’origine con programmi che valorizzino la permanenza dei medici e infermieri nel proprio territorio, garantendo opportunità di crescita, formazione continua e adeguato riconoscimento professionale», afferma Aodi sulla base della lunga esperienza delle sue battaglie come giornalista e come medico.
Invecchiamento e cronicità: le vere sfide europee
«Con l’invecchiamento della popolazione – conclude Aodi – aumentano esponenzialmente le patologie croniche, oncologiche e cardiovascolari. L’Europa è diventata il continente anziano, mentre l’Africa ha una popolazione molto più giovane. Questa differenza ha un impatto enorme sulle politiche sanitarie: servono più posti letto, più RSA, più assistenza domiciliare. Ma l’Italia continua a non investire abbastanza su questi fronti. Invecchiamo di più, ma invecchiamo male. È ora di cambiare rotta».
RIEPILOGO STATISTICHE AMSI 2025 – SPESA SANITARIA, PERSONALE E PREVENZIONE
Spesa sanitaria pubblica (% sul PIL)
- Italia: 6,2%
- Media UE: 9%
- Paesi del Golfo (Qatar, Emirati, Arabia Saudita): 9,8% – 10%
Divario retributivo medio per i professionisti sanitari
- Medici italiani: fino al 35% in meno rispetto a Germania e Francia
- Infermieri italiani: fino al 50% in meno rispetto a Norvegia, Svizzera, Germania
- Medici di origine straniera in Italia: oltre il 60% inquadrati con contratti precari o a tempo determinato
Carenza di personale sanitario in Italia (stime 2025)
- 175.000 infermieri mancanti rispetto al fabbisogno stimato (fonte OCSE + AMSI)
- 30.000 medici in meno rispetto alla media europea per popolazione residente
- Tasso di fuga verso l’estero: oltre 12.500 professionisti sanitari (medici , infermieri ,fisioterapisti ,farmacisti ,psicologi ,podologi e dietisti maggiormente ) lasciano l’Italia ogni anno
Medicina difensiva
- Italia e Polonia: unici Paesi UE privi di legge nazionale sullo scudo sanitario
- Costo stimato per lo Stato: oltre 10 miliardi di euro l’anno in esami inutili, contenziosi e assicurazioni
- Ritardo medio diagnostico indotto da medicina difensiva: 4-6 settimane
Prevenzione e investimenti stimati
- Investimento minimo auspicato da AMSI per l’Italia: 2 miliardi €/anno dedicati a screening e programmi educativi
- Rapporto costo-beneficio prevenzione/cura: 1 euro in prevenzione = 4 euro risparmiati in cure
- Popolazione over 85 prevista in Europa al 2050: 65 milioni, il doppio rispetto al 2025