Sanità. La giungla degli interventi chirurgici non autorizzati
AISI: No alla caccia alle streghe, ma servono legalità e trasparenza
Dopo i tragici eventi che hanno portato alla morte di diverse pazienti in strutture sanitarie non autorizzate, l’AISI – Associazione Imprese Sanitarie Indipendenti – interviene nuovamente, come in passato, per esprimere il proprio sconcerto, ma anche per chiedere un confronto serio e costruttivo sulla sicurezza e la trasparenza nel settore della chirurgia estetica e della medicina privata.
“Il problema non è la chirurgia estetica in sé – dichiara Karin Saccomanno, presidente AISI e direttore operativo di un centro chirurgico –. Il vero pericolo nasce quando gli interventi vengono eseguiti in strutture non idonee, senza requisiti, senza autorizzazioni, in totale violazione delle normative. Non possiamo permettere che venga fatta di tutta l’erba un fascio. Serve distinguere nettamente chi lavora secondo legge e chi opera fuori da ogni regola”.
AISI esprime profondo cordoglio per le vittime, tra cui l’ultima paziente deceduta a Roma durante una liposuzione in un ambulatorio non autorizzato nel quartiere Primavalle. “Un fatto gravissimo – sottolinea Saccomanno – che dimostra, ancora una volta, come sia fondamentale rafforzare i controlli e intervenire duramente contro chi espone i cittadini a rischi inaccettabili”.
“Uno dei nodi da affrontare con urgenza – afferma il Direttore Generale Giovanni Onesti – è l’accessibilità delle informazioni da parte dei cittadini. È inaccettabile che oggi una persona debba affidarsi al passaparola per sapere se una struttura è autorizzata o meno. Occorrono strumenti digitali pubblici, codici identificativi e trasparenza totale. La tecnologia c’è: va usata per proteggere chi si affida alla medicina privata con fiducia”.
Onesti aggiunge: “Non possiamo permettere che strutture improvvisate, inadeguate e persino pericolose continuino a operare indisturbate. È tempo di rivedere i criteri di accreditamento e controllo, puntando sulla qualità e sull’efficacia della vigilanza sanitaria, oggi troppo spesso tardiva o frammentata”.
“Serve un’azione chiara e determinata per tutelare le strutture che rispettano le norme – evidenzia Fabio Vivaldi, Segretario Generale di AISI –. Ci sono imprese sanitarie che investono tempo, risorse e competenze per lavorare in regola. Queste realtà non devono essere penalizzate da una narrazione che mette tutto e tutti sullo stesso piano. Le istituzioni devono proteggere chi fa bene, e isolare chi opera nell’illegalità”.
Vivaldi sottolinea inoltre l’urgenza di una comunicazione istituzionale più incisiva: “Non basta reprimere dopo i fatti. Serve prevenzione, informazione e collaborazione con le associazioni di categoria per dare ai cittadini strumenti concreti per scegliere in sicurezza”.
Alla luce della crescente gravità del fenomeno, AISI chiede l’istituzione urgente di un tavolo tecnico permanente tra Ministero della Salute, Regioni, Ordini professionali e associazioni di categoria. Obiettivo: riformare i criteri di autorizzazione, rafforzare i controlli e creare un sistema di vigilanza efficace e trasparente.
“Non possiamo più limitarci a reagire ai singoli casi – conclude Saccomanno –. Serve un piano nazionale per la sicurezza nella medicina privata. Serve una strategia comune. E serve subito”.