“La vendetta del boss”, presentato il libro di Antonio Mattone

Domenico Airoma: "Giuseppe Salvia è il modello di ogni servitore dello Stato"

WhatsApp Image 2021-11-15 at 18.20.19

Questa sera, presso il Circolo della Stampa di Avellino, si è tenuta la presentazione del libro “La vendetta del boss. L’omicidio di Giuseppe Salvia” realizzato da Antonio Mattone ed edito da Guida Editori al prezzo di 20,00 €. 

Il libro inchiesta ripercorre la storia di Giuseppe Salvia, vicedirettore del carcere di Poggioreale ucciso nel 1981 dalla Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo, perché cercava di contrastare il potere del boss all’interno del penitenziario. Il volume contiene anche una descrizione della vita all’interno delle mura del carcere in quegli anni, con vari collegamenti agli eventi di quel periodo, come ad esempio il rapimento di Ciro Cirillo e le varie vicende del terrorismo brigatista.

Nel libro vengono ripercorse le motivazioni e le ipotesi per cui Cutolo decise di uccidere Salvia, la cronaca del giorno dell’omicidio, le fasi del processo e una conclusione finale sulla figura del direttore. Tra le testimonianze inedite raccolte, quelle di Raffaele Cutolo e di Mario Incarnato, ovvero il mandante e l’autore materiale dell’omicidio. Una vicenda dimenticata dalla storia che a distanza di 40 anni riemerge facendo venire alla luce le omissioni, le connivenze e le storie di malavita, ma anche la figura di un valoroso e fedele servitore dello Stato che non si piegò davanti all’arroganza del boss di Ottaviano e che rappresenta ad oggi un esempio di onestà e rettitudine per le giovani generazioni.

Presenti al convegno, per discutere con l’autore, anche Domenico Airoma, procuratore della Repubblica di Avellino, Emilia Mallardo, già vicedirettrice del carcere di Poggioreale e collega di Giuseppe Salvia, Gianfranco Rotondi, deputato del Parlamento italiano, e il giornalista de Il Mattino, Aldo Balestra, in qualità di moderatore.

Riguardo alla sua opera, e alle motivazioni che lo hanno portato a scegliere Avellino come luogo per la presentazione, l’autore ha dichiarato che «Ci sono dei riferimenti irpini, Giuseppe Salvia aveva tanti collegamenti con l’Irpinia, tra l’altro la stessa vicedirettrice del carcere di Poggioreale, che è qui presente, è proprio di Avellino. Quindi c’è un legame molto forte e a me fa personalmente piacere perché mio padre è stato comandante dei Vigili del Fuoco proprio qui, quindi per me è un ritorno alle origini.

Io sono volontario al carcere di Poggioreale da tanti anni e avevo sentito parlare di questa persona, un po’ mi ricordavo da ragazzo di questa storia tragica del vicedirettore ucciso sulla tangenziale e poi ho conosciuto il figlio di Giuseppe Salvia. Una volta mi chiamò e mi disse “vorrei partecipare al pranzo di Natale – che noi facciamo tutti gli anni con la Comunità di Sant’Egidio – vorrei venire un po’ in incognito”. Da allora non manca mai e in seguito ha portato con se anche la madre, da lì poi la famiglia mi ha chiesto di scrivere il libro.

WhatsApp Image 2021-11-15 at 18.03.09Giuseppe Salvia è  una persona dimenticata, è stata dimenticata per tanti anni, tra l’altro 15 giorni dopo l’omicidio di Salvia venne rapito rapito Ciro Cirillo e lo Stato andò a parlare con Cutolo che era il mandante dell’omicidio, quindi in qualche modo doveva essere dimenticata questa storia per dar spazio ad altro. Allora ho voluto mettermi sulle tracce di Salvia, ho intervistato circa 90 testimoni, ho visto gli atti del processo, i registri del carcere di Poggioreale che nessuno aveva mai consultato, ed è emersa fuori questa storia, di questo funzionario dello Stato che non voleva essere un eroe, era una persona semplice ed integerrima che faceva semplicemente il suo dovere, ma ebbe la sfortuna di incontrare Raffaele Cutolo sulla sua strada.»

Riguardo all’attualità del raccontare oggi questa storia, aggiunge, «C’è una storia non tanto lontana del nostro territorio, la camorra, il terremoto, i soldi del terremoto, ed è soprattutto un monito. Cioè, se in quegli anni vennero dati tanti soldi per la ricostruzione e la camorra se ne impossessò di molti, oggi con i soldi che arriverrano con il PNRR bisogna vigilare perché questo non avvenga. E poi c’è anche un discorso sulla riconoscenza della storia di quegli anni davvero difficili. Tra terrorismo e camorra ci fu una grande simbiosi. Nel carcere di Poggioreale vivevano insieme negli stessi padiglioni. Io ho intervistato anche alcuni ex terroristi che mi hanno raccontato come loro proprio all’interno delle carceri cercavano di fare proseliti. Mentre nel nord si cercavano nuovi adepti nelle fabbriche, qua al sud nelle carceri e nel mondo del proletariato.

Mentre negli anni di Salvia entravano nelle carceri coltelli, pistole, a Poggioreale persino una mitraglietta, oggi invece è cambiato il materiale che entra nelle carceri come telefonini e droga, però il monito è sempre lo stesso, bisogna vigilare affinché questo non avvenga. Raffaele Cutolo ha costruito la sua fama e il suo impero all’interno delle carceri, è stato 56 anni in carcere, e allora bisogna assolutamente evitare che dal di dentro degli istituti di pena si comunichi con l’esterno al fine di organizzare attività malavitose.»

Come anticipato, alla serata era presente anche il procuratore della Repubblica di Avellino, Domenico Airoma, che sulla storia narrata all’interno del libro si è espresso con tali parole «È un libro che ho letto con molto piacere, anche se, devo dire, con un senso anche di indignazione perché Giuseppe Salvia è stato assassinato certamente dal volere di Cutolo, ma in realtà è morto per il tradimento che ha subito da tanti suoi colleghi e dalle istituzioni. Questo è il dramma dei servitori dello Stato, l’isolamento. Giuseppe Salvia è stato un servitore dello Stato che ha fatto cose straordinarie vivendo l’ordinarietà del suo impegno. Sbaglierebbe chi pensasse di trovare nella vita di Giuseppe Salvia gesti di carattere straordinario, sbaglierebbe perché in realtà Giuseppe Salvia è il modello di ogni servitore dello Stato. Fare il proprio dovere nella quotidianità, senza cedere a ricatti, soprusi, angherie ma pretendendo di far rispettare semplicemente le regole.

Il suo sacrificio non è stato inutile, dopo il suo omicidio sono tante le iniziative adottate a  Napoli per riportare il carcere di Poggioreale ad una condizione di legalità. Ci vollero anni e il sacrificio di tanti agenti di custodia, gli attuali agenti di polizia penitenziaria, tanti che vanno ricordati insieme a Giuseppe Salvia. Se oggi abbiamo una condizione di legalità, che bisogna sempre conquistare giorno per giorno, lo dobbiamo anche a Giuseppe Salvia.

Bisogna rispettare la verità storica e va ricordata, mai taciuta, ci sono tante ferite nel nostro paese che ancora sanguinano e questo perché non si è mai fatto i coni con la verità. Non bisogna temere la verità, la verità va seguita e perseguita perché è quella che ci fa liberi

WhatsApp Image 2021-11-15 at 18.20.19 (1)Infine, abbiamo raccolto anche le dichiarazioni della vicedirettrice del carcere di Poggioreale, Emilia Mallardo, che ha in prima persona conosciuto e lavorato insieme a Giuseppe Salvia. «Il mio primo lavoro dopo la laurea e dopo aver vinto il concorso, fu l’assegnazione al carcere di Poggioreale. Ricordo benissimo il 29 settembre del 77, giorno in cui ho preso servizio e il primo collega che conosciuto è stato Peppino Salvia. io così lo chiamo e lo voglio ricordare. È stato lui che mi ha introdotta nell’istituto, che me lo ha fatto visitare e devo a lui anche molto professionalmente perché spesso sedevamo alla stessa scrivania, discutevamo dei problemi dell’istituto, era sempre disponibile, anche a sostituirmi nei pomeriggi in cui magari avevo altri impegni. Un ragazzo eccezionale. Un uomo di grande preparazione professionale e umanità.

Lui ci teneva molto al recupero, ma anche con l’applicazione di quello che era la legge, la regola.  Non discuteva sull’applicazione degli ordini di servizio, che venivano emanati di volta in volta secondo le situazioni che si presentavano e secondo le disposizioni che venivano emanate dal Ministero della Giustizia.
Quegli anni erano gli anni delle Brigate Rosse, gli anni della Nuova Camorra, gli anni della nuova famiglia, diciamo che l’evoluzione è stata quella. Abbaiamo avuto una grande promiscuità nelle carceri tra brigadisti e camorristi di varie fazioni, e sono stati anni molto difficili, molto duri, e come scritto nel libro che è tutta verità, ci sono stati anche molti morti dall’una e dall’altra parte.

Il carcere era ed è sempre difficile da gestire, per un modo o per un altro, perché si deve avere ache fare con un umanità che, anche se ha sbagliato, ha bisogno di redimersi, ha bisogno di cambiare, ha bisogno di ottenere qualcosa in cambio. E a quei tempi anche molte figure professionali non esistevano, gli psicologi, l’evoluzione degli educatori è avvenuta molto, molto dopo degli anni 70.»

Source: www.irpinia24.it