Avellino – La pena e le condizioni detentive

Maggiore conoscenza sul concetto di pena e sullo stato delle carceri

btyAvellino - Si è svolto questo pomeriggio, presso la Sala Blu dell’ex Carcere Borbonico, il convegno “Marcire in galera: la pena come vendetta” organizzato dalla Camera Penale Irpina e presieduto dall’Avv. Luigi Petrillo con lo scopo di diffondere tra l’opinione pubblica una maggiore ed esatta conoscenza del concetto di pena e della sua funzionalità in una società civile e del compito rieducativo del carcere. Hanno contribuito a far chiarezza su questi temi l’Avv. Nicola Mazzacuva, vicepresidente dell’Unione delle Camere Penali Italiane, l’Avv. Dario Di Cecca, il prof. Daniele Negri, il direttore dell’Istituto Circondariale di Avellino Paolo Pastena e il tesoriere dell’Unione delle Camere Penali Italiane Giuseppe Guida. 

Nell’immaginario collettivo, albergano luoghi comuni ed espressioni offensive nei confronti degli individui condannati di reati più o meno gravi che non trovano corrispondenza in quelli che sono i principi costituzionali. Secondo la Costituzione, infatti, il cittadino imputato non perde i suoi diritti di essere umano e, qualora fosse condannato a scontare una pena detentiva, questa deve essere sempre finalizzata alla rieducazione e al successivo reinserimento nella società.

La pena non deve essere mai lesiva della dignità e della vita dell’uomo e l’avvocatura deve avere una funzione sociale” ha affermato l’Avv. Biancamaria D’Agostino, consigliere segretario dell’Ordine degli Avvocati di Avellino. “Espressioni come ‘marcire in galera’ o il concetto di pena come vendetta evocano il Medioevo ma sono rimasti nel tempo nutrendo una sottocultura e rimanendo sulla bocca di soggetti poco evoluti culturalmente. Il grande problema di questi tempi è che queste sottoculture si propongono al popolo” ha dichiarato il Presidente del Tribunale di Avellino, Vincenzo Beatrice, che ha concluso il suo intervento con un omaggio a Massimiliano Forgione, ex direttore della casa circondariale di Sant’Angelo dei Lombardi, scomparso prematuramente il 21 dicembre 2017. Anche Paolo Pastena ha voluto ricordare Forgione: “un direttore illuminato che ha trasformato la casa di reclusione di Sant’Angelo dei Lombardi in un modello a cui ispirarsi”.

btyIl direttore ha descritto al pubblico la situazione attuale del carcere di Avellino: “Negli ultimi anni si è assistito ad una crescita allarmante del numero dei detenuti. Oggi, ospitiamo circa 560 persone nonostante l’istituto possa contenerne 500. La situazione di vivibilità è migliore nel nuovo padiglione a trattamento avanzato, formato da stanze di 18 mq. con una capienza predeterminata di tre posti non superabili, che rispetta tutti gli standard abitativi più moderni. E’ una sezione aperta in cui i detenuti vengono stimolati al senso di responsabilità. Un altro punto di forza è la scuola, che organizza corsi di alfabetizzazione, di lingua per gli stranieri e anche laboratori extracurriculari. I detenuti sono impegnati anche in attività lavorative interne come quelle svolte in cucina, in falegnameria o in sartoria”. Il carcere della città possiede anche una struttura annessa, l’Istituto a custodia attenuata per madri con bambini al seguito di Lauro, l’unico presente nel Mezzogiorno d’Italia, che attualmente ospita 17 mamme e 18 minori.

Dario Di Cecca è intervenuto in rappresentanza di “Antigone”, associazione politico-culturale che si occupa dei diritti e delle garanzie nel sistema penale. L’avvocato ha riportato i dati numerici e descrittivi sulle condizioni di detenzione del XIV rapporto stilato dall’associazione a seguito del lavoro dell’osservatorio sulle condizioni detentive che è entrato nelle carceri italiane per poterne verificare lo stato, mettendo in crisi una serie di luoghi comuni. “Fuori si dice che in carcere non ci finisce nessuno, invece, il sovraffollamento è tornato, anzi in alcuni istituti non è mai andato via. Quelli più sovraffollati sono stati Como, nel profondo Nord, che oggi ha un tasso di affollamento del 200%, e Taranto al Sud, con un affollamento del 109,5%. Anche le verifiche delle condizioni igienico-sanitarie hanno rivelato gravi carenze”. Un’altra problematica riguarda la scarsa organizzazione di attività formative, educative o lavorative che permettano al detenuto di riempire di significato il tempo della pena. Nel rapporto, si evidenzia anche un aumento dei suicidi, sfatando l’idea che in carcere si stia bene; e in merito al luogo comune della mancata certezza della pena si scrive: “L’equivoco deriva dalla convinzione che tutto debba essere punito con il carcere e che ogni vicenda penale che non si traduca in detenzione sia appunto un attentato alla certezza della pena. Ma, la Costituzione repubblicana non parla di pena ma di pene (Art.27)”.