Trattativa Stato-mafia: la Procura di Palermo tira le somme

Chiesti 6 anni di reclusione per l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino

o-NICOLA-MANCINO-facebookDopo 4 anni e 8 mesi di dibattimento, il pool composto dai pm Vittorio Teresi, Nino di Matteo, Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene ha finalmente tirato le somme: ottantotto anni di carcere.

E’ questo il totale delle pene richieste dalla Procura di Palermo al termine della requisitoria del processo sulla Trattativa tra lo Stato e Cosa Nostra, a dieci anni esatti dall’apertura dell’inchiesta che ha avuto per oggetto una vicenda estremamente complessa, iniziata sul finire degli anni ’80, che ha attraversato il periodo delle stragi che hanno segnato in modo indelebile la memoria collettiva del nostro Paese.

Alla corte d’Assise, presieduta dal giudice Alfredo Montalto, i pm hanno invocato 16 anni per il boss Leoluca Bagarella, cognato di Totò Riina e suo successore alla guida dei corleonesi dopo l’arresto del capo dei capi, avvenuto il 15 gennaio del 1993. C’è invece la prescrizione per Giovanni Brusca, il collaboratore di giustizia che partecipò ai vari summit in cui venne pianificato l’assalto di Cosa nostra alla Stato.

Sul fronte istituzionale, 15 anni – appena uno in meno rispetto a Bagarella – è stata la richiesta di condanna per l’ex comandante del Ros dei Carabinieri Mario Mori; e poi a scendere, chiesti 12 anni di carcere per Antonino Cinà, accusato di avere consegnato a Massimo Ciancimino la lista contenente le richieste avanzate dalla mafia per porre fine alle stragi; stessa pena richiesta per altri due ex carabinieri in forza al Ros durante la stagione delle stragi, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno. Pure a danno dell’ex senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri, che sta già scontando una condanna a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa, la Procura ha chiesto altri 12 anni.

Invece per l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, accusato di falsa testimonianza, la richiesta è di 6 anni di reclusione. Durante la celebrazione del processo per favoreggiamento a Cosa Nostra in cui era imputato il già citato Mori, Mancino negò di essere a conoscenza dei contatti “anomali” intercorsi tra i carabinieri del Ros e Ciancimino: secondo i pm, infatti, furono proprio suddetti contatti a costituire il primo atto formale della trattativa stessa.

Nelle prossime settimane toccherà ai difensori degli imputati cercare di ribaltare l’epilogo della narrazione della Procura, prima della sentenza della corte d’Assise, attesa per il mese d’aprile.

Source: www.irpinia24.it