Referendum, dati e analisi di voto della provincia di Avellino
Comincia la caccia al capro espiatorio in Irpinia, ma si rischia solo di perdere di vista il fulcro del problema e si finisce come colui che invece di guardare alla luna si volge a quello che la mira a dito
Avellino - Conclusasi ieri sera la giornata referendaria, oggi viene il tempo di ragionare sui dati, specialmente quelli della nostra città e provincia, che tra le peggiori è risultata la migliore rispetto agli altri territori campani.
In città hanno votato 15588 persone, di cui 14320 hanno posto la croce sul SI per evitare il rinnovo delle concessioni e le restanti si sono espresse per il No, con un centinaio di schede nulle e non valide. Dunque Avellino ha raggiunto il 35,22% di votanti, una magrissima consolazione e solo se si guarda al resto della regione.
Villamaina è il primo comune irpino, affluenza da quorum (50,31%), seguito da Gesualdo con il 44,34% di partecipanti al referendum.
Senerchia, Moschiano, Quindici e Melito hanno registrato le percentuali più basse di elettori alle urne. Meglio Chianche che alle 12 di ieri era sembrata la peggiore.
Fare analisi è estremamente delicato, perché al contrario di quanto si sta sostenendo in queste ore, ossia che la prova sia caduta nel vuoto a causa di quanti hanno trasformato la campagna referendaria in un test di promozione o bocciatura di governo, sono moltissime le persone che non si sono recate alle urne a causa del non apprezzamento del quesito (riduttivo e privo di volontà di cambiamento) o di quelle che non hanno votato perché non hanno compreso ancora ad oggi il significato e il senso di questo appuntamento. Ancora, sono restati a casa quanti non avevano un’idea chiara, delegando di fatto il popolo degli “altri” a una decisione, e poi chi avrebbe votato per il NO e strategicamente ha ritenuto più efficace assentarsi, sapendo che in caso di quorum ci sarebbe stata una pericolosa lotta con i SI. Insomma ce n’è per tutti, come si suol dire, e per i più svariati motivi.
Il renzismo e l’antirenzismo non sono l’unica quaestio, pur avendo giocato innegabilmente la loro parte, perciò fossilizzarsi in quella che alla fine risulta come un’ulteriore strumentazione politica, svilisce solo di più la realtà consegnata dall’esito referendario. Non c’è partecipazione e gli strumenti di democrazia diretta perdono di valore. Non è la disfatta degli anti-renziani, ma la sconfitta di un Paese che non sa o non vuole prendersi le sue responsabilità.
di Francesca Contino