Avellino – L’autore Stefano Piedimonte ospite all’ultimo incontro del Club dei Grafomani
Chiude in bellezza, con la presentazione del libro Miracolo in libreria, il laboratorio di scrittura creativa tenuto da Elena Emanuela Ferraro al Circolo della Stampa
Avellino - E’ giunta al termine ieri, al Circolo della Stampa, l’esperienza del Club dei Grafomani di Avellino. Ospite d’onore per la chiusura del laboratorio creativo ideato e gestito da Elena Emanuela Ferraro. A salutare i corsisti, infatti, è arrivato l’autore Stefano Piedimonte: classe 1980, napoletano, prima giornalista adesso scrittore. L’incontro ha coinciso con la presentazione dell’ultimo libro dell’autore, Miracolo in libreria. Ghiotta, quindi, l’occasione per gli appassionati grafomani che ne hanno approfittato per soddisfare le loro curiosità sul racconto ma non solo.
Come ha spiegato la Ferraro: “Il testo è formato da due racconti intrecciati l’uno nell’altro, strettamente collegati benché entrambi inventati. La storia principale vede un libraio, Aldo, così appassionato tanto da innamorarsi di un volume, Il treno mancato, presente tra gli scaffali della sua libreria, che non perde mai di vista fino a quando un giorno scompare. Il secondo racconto è proprio uno stralcio del volume tanto amato dal libraio e la bravura dell’autore sta anche nell’essere riuscito a tenere insieme due testi in cui c’è un evidente cambio di registro poiché il volume misteriosamente sparito è datato 1958”.
Dopo la presentazione, dalla folta platea sono arrivate numerose domande per l’autore che ha così avuto modo di raccontare la genesi del testo e di spiegare alcune delle sue scelte narrative. Piedimonte ha così svelato che: “La prima parte del libro, quella della storia del libraio Aldo, è nata come un racconto a sé stante. Avevo scritto questo breve racconto per Il Corriere della Sera e una volta pubblicato mi chiesero di ampliarlo per farne un libro. Per la prima volta nella vita risposi di no, a me quel racconto piaceva così com’era, aveva una sua dignità, una sua conclusione e avevo paura che manipolarlo avrebbe deluso non solo me ma anche il lettore. Allora ci ho pensato e ho deciso che se proprio da quel racconto doveva nascere un libro, avrei aggiunto un racconto che non intaccasse la trama dell’altro e così ho deciso di scrivere uno stralcio tratto da Il treno mancato”.
Come anticipato dalla Ferraro, tra i due racconti c’è un netto cambio di registro e l’autore cerca di spiegare come è riuscito a farli convivere: “Senza dubbio è necessario conoscere i registri dell’epoca e io in questo sono stato facilitato dal mio amore per Cesare Pavese, i cui scritti appartengono proprio a quel periodo letterario. Quindi, era un registro a me noto almeno come lettore. Inoltre credo che anche il momento in cui si scrive influenzi il lavoro, infatti, la prima parte del racconto l’ho scritta di mattina, la seconda, invece, più lunare, di sera”.
L’ordine narrativo con cui il lettore entra in contatto con la storia ha rappresentato una scelta fortemente voluta dall’autore poiché, in effetti, come ha fatto notare una dei corsisti, probabilmente invertirlo avrebbe creato forse maggiori attese da parte del lettore: “Per quanto mi riguarda, la questione della suspense è sopravvalutata; quando leggo cerco qualcosa di più del colpo di scena e cerco, allo stesso modo, quando scrivo di dare qualcosa di diverso. In un certo senso credo più alla forma che alla sostanza”.
È lecito poi chiedersi quanto dell’autore sia presente nei personaggi che mette su carta: “credo che chiunque scriva metta un pezzetto di se stesso in ognuno dei personaggi di cui racconta, chiaramente in qualcuno ci si rispecchia più che in qualcun altro. I personaggi possono rappresentare anche i cambiamenti che attraversiamo nel coro del tempo. I libri sono sempre autobiografici anche se creiamo rielaborazioni e trasfigurazioni di noi stessi. Quello che credo sia essenziale è cercare però di trasporre la nostra esperienza di singoli in un linguaggio che abbia una certa universalità, un linguaggio condivisibile in cui gli altri possano riconoscersi”.