Giornata della non violenza – L’accoglienza per gli immigranti e la storia di Dimitri

Ho lasciato la mia casa perché con la guerra ho perso mio padre la mia fidanzata e tanti cugini in una sola notte questa una delle tante storie e delle tante realtà degli emigrati

IMG_0855Avellino – Oggi 2 Ottobre, in tutto il mondo si celebra “La giornata mondiale della non violenza” proclamata dall’ONU in onore della nascita di Gandhi. È proprio in questa occasione che l’associazione “La comunità per lo sviluppo umano “, appartenente al movimento umanista, ha deciso di tenere un incontro al Caffè letterario di Avellino. L’argomento chiave della discussione è “l’emigrazione”. 

Ad introdurre e a moderare  il dibattito è stata la professoressa Gabriella Guidi che inizia dicendo: “La comunità per lo sviluppo umano lavora da quasi vent’ anni per instaurare una cultura di non violenza. La maggior parte della popolazione vive una situazione di crisi e di povertà: nel mondo ci sono infatti circa 60 milioni di sfollati per motivi di guerra o di fame. La Siria è il principale paese di migrazione a causa del conflitto siriano, che entra nel suo quinto anno con 4 milioni di rifugiati e 12 milioni di persone che dipendono da aiuti umanitari per sopravvivere. Per la comunità gli immigrati sono quindi persone che DEVONO avere gli stessi diritti di tutti gli esseri umani”.

Interviene poi Gennaro Riola, presidente del centro studi Ruggero II: “Il concetto base dell’emigrazione è quello molto triste di popoli costretti, a causa di agglomerati economici del paese, a dover lasciare le proprie tradizioni ed emigrare per trovare un ambiente estraneo alla loro realtà, a migliaia di chilometri distanti dagli affetti. Il raffronto che riguarda la mia associazione culturale è l’ approfondimento storico: dal 1861 l’ ex regno delle due Sicilie si mutò in provincie  meridionali , dalle quali vi fu un massiccio flusso migratorio di persone, che partivano verso terre assai lontane trovandosi in varie parti del mondo dove l’ accoglienza riscontrata nei loro confronti fu molto relativa.

I nostri nonni infatti, – continua Riola – andando in questi paesi sono andati ad incontrare il lavoro duro, vivendo uno stato brado. A Ellis island venivano infatti catalogati come braccianti agricoli anche se avevano una laurea o degli studi alle spalle. Dunque la questione della migrazione è stata subita dalle nostre stesse spalle. La soluzione di accettare e basta non è infatti una soluzione,  se parliamo di integrazione parliamo di qualcosa di diverso, di qualcosa da fare in maniera organizzata e tollerata . Oggi si emigra non per realizzarsi ma per sopravvivere, il che è in accettabile. Ognuno ha il diritto di poter realizzare i suoi sogni a casa propria, e questo è un diritto che ogni popolazione deve avere”. 

Interviene poi Letizia Monaco , presidente dell’ associazione comunità accogliente: “ La nostra associazione nasce a Mercogliano con gli arrivi dei migranti. Ad un anno dal loro arrivo abbiamo attivato dei corsi di italiano, delle informative sui loro diritti e doveri,e degli  incontri periodici con alcuni legali. Non possiamo che accogliere questi migranti che si trovano tal volta in situazioni orribili. Dobbiamo andare oltre l’accoglienza, dobbiamo parlare di integrazione”. 

A concludere c’è poi la testimonianza diretta di Dimitri, un uomo partito dal suo paese il 4 Gennaio 2014: “Il paese da cui provengo è la Repubblica Centroafricana, tale dal 1960. Chi governa ha ottenuto l’incarico non democraticamente ma con le armi. Con la colonizzazione sono state nascoste molte cose. La sola guerra conosciuta  è quella della Siria, ma non è così. Il conflitto della mia terra è stato nascosto da sempre. Ho lasciato la mia casa il 4 gennaio 2014 per arrivare in Italia circa 9 mesi dopo. Ho lasciato la mia casa perché con la guerra ho perso mio padre la mia fidanzata e tanti cugini in una sola notte. Il nostro è un paese economicamente molto ricco ma al contempo con una popolazione che vive in condizioni molto povere. La ricchezza della mia terra viene dal sottosuolo, con vaste riserve petrolifere e con ricche miniere di diamanti, ma tutto ciò è controllato dai potenti. Ho pagato la speranza con la mia vita.

La mia storia  – conclude  Dimitri- è la realtà di tutto il mio popolo. Molte persone hanno perso come me la casa, i familiari. Il mio viaggio non è stato facile. La speranza di avere uguaglianza democrazia è un sogno. Ho sempre la speranza di un posto con pace uguaglianza e democrazia. La mia terra ha bisogno di me, di qualcuno che ritorna a casa con qualcosa, e con la voglia di aiutare il prossimo”. 

Lo scopo dell’ incontro è stato quello di connettersi emotivamente con la storia di queste persone, perché non ci può essere una comprensione reale se e non c è una comprensione nel cuore. Bisogna dunque avvicinarsi realmente alle persone, bisogna avere una certa empatia e comprendere la sofferenza che affrontan ogni giorno. E’ necessario quindi non tanto dire ma sentire. 

Source: www.irpinia24.it