Intervista a Roberto Soldatini: il violoncellista marinaio
Il direttore d’orchestra e autore del libro “La musica del mare” racconta la sua passione per la musica e per il mare
Roberto Soldatini, nato a Roma nel 1960, è un noto compositore, direttore d’orchestra e violoncellista, ma molto altro ancora. Per il suo libro “La musica del mare”, edito da Nutrimenti (maggio 2014), riceverà il premio letterario Marincovich, il 22 aprile presso il Circolo Ufficiali della Marina Militare di Roma. Denecia, la sua barca a vela, per scelta, è diventata anche la sua casa. Infatti, sedotto dalle onde, vive ormeggiato al borgo marinaro di Napoli per sei mesi all’anno e trascorre gli altri mesi navigando in solitaria, trasportato dalle sue passioni più grandi: il mare e la musica. Il musicista marinaio sceglie di vivere la musica essenzialmente come passione. Rispondendo al richiamo del mare, porta il suo violoncello tra le onde, unico compagno di viaggio. In questa intervista, Roberto racconta come un violoncellista si trasforma in marinaio e un marinaio in scrittore.
Tu sei direttore d’orchestra, compositore e violoncellista, ma anche insegnante al conservatorio e scrittore. Quale definizione meglio incarna l’idea che tu hai di te?
Nessuna di tutte queste. Io mi sento in continuo movimento, per cui, magari, ce ne sarà un’altra prossimamente. Inoltre, ne manca una all’elenco: attore. Ho debuttato proprio qui a Napoli al Teatro Bellini, con la regia di Luca Di Tommaso, in uno spettacolo tratto da “Le intermittenze della morte” di Saramago e ho interpretato la parte del protagonista che è un violoncellista e quindi mi sono divertito a fare l’attore. Però, siccome io penso che, al di là di quello che uno può credere dal punto di vista religioso, è certo che abbiamo una sola vita, che va vissuta cercando di esplorarla il più possibile. Quindi fare per tutta la vita una sola cosa, come il direttore di orchestra, mi sembra riduttivo. Oltretutto, facendo soltanto una cosa, si rischia di recitare se stessi, di entrare in un ruolo e non uscirne più.
A un certo punto della tua vita decidi di mollare gli ormeggi e vivere in mare. Come nasce questa decisione?
Questa è la cosa più lunga da spiegare e il modo migliore per rispondere è rimandare al libro, che spiega proprio tutto l’insieme di cose che mi ha portato a questa scelta.
Nel maggio del 2014 pubblichi, con Nutrimenti, il tuo libro “La musica del Mare”. Il titolo racchiude in sé le tue due grandi passioni. Cosa rappresentano per te?
La musica è ciò con cui sono nato, perché tra l’altro mio padre era musicista e penso di avere avuto la musica attorno a me ancora prima di nascere. Già quando ero nella pancia di mia madre era parte integrante di me. Mio padre stesso diceva che io mi cibavo di pane e musica. Ciò nonostante fa parte quasi di un mio passato, dato che il mondo della musica è cambiato, io ho deciso di cambiare mondo. Continuo a fare musica ma in maniera molto differente da come la facevo prima, più per passione che per professione. Il mare rappresenta la ricerca, l’avventura e la libertà soprattutto. Ma i due elementi non sono poi così distanti. Infatti, nel libro parlo della relazione che c’è, secondo me, tra la musica e il mare.
Ne “La musica del mare” il musicista diventa marinaio. Ma cosa spinge il marinaio a diventare scrittore?
È stato un caso, perché quando sono partito non avevo assolutamente nessuna esperienza di vela. Mi sono improvvisato e tutti i miei amici, compreso il mio insegnante di vela, che mi ha dato la patente nautica, erano molto preoccupati per cui volevano che scrivessi loro continuamente mie notizie. Per questo motivo ho cominciato a scrivere una sorta di diario, che però era complicato inviare a tutti quanti, soprattutto con la connessione che c’è all’estero, per cui ho aperto la pagina facebook su cui postavo una foto e un commento di ogni posto in cui mi fermavo, raccontando tutto quello che avevo fatto, come stavo e che facevo. La cosa è piaciuta talmente tanto che tutti mi dicevano di scriverci un libro. Così quando sono tornato ho raccolto gli appunti, ho mandato il tutto ad un editore e mi ha fatto il contratto.
Nel libro, la tua scelta non appare come una fuga da qualcosa piuttosto un desiderio di incontro, una curiosità che ti spinge verso la scoperta di te e dell’altro. Quali sono le rivelazioni di cui la tua esperienza ti ha arricchito?
Tante. Ho imparato innanzitutto a misurare i miei limiti e sapere quando posso affrontarli e superarli. Poi ho imparato ad avere più fiducia in me stesso, a scoprire anche quali sono i limiti della mia capacità di stare da solo. Stare da soli ti aiuta anche a crescere e capire quando si sente la necessità, essendo un animale socialitario, di stare di nuovo in mezzo alla gente. Questo ti da anche la misura dell’importanza degli amici e delle relazioni, a cui, quando torni in mezzo alla gente, dai il giusto valore e sai apprezzarle molto di più. Poi ho imparato a rispettare il mare, che ha una forza incredibile, quindi bisogna capire quando le nostre forze possono contrastarlo e quando no. È un limite sottilissimo al quale bisogna assolutamente attenersi, altrimenti poi sono guai.
I tuoi viaggi sono sempre in solitaria. La solitudine non ti è mai pesata?
La solitudine qualche volta mi pesa, perché magari vorresti condividere delle belle emozioni o dei panorami meravigliosi con altre persone. Questo è naturale, però, non essendoci una persona con cui condividere tutto questo, non è che uno può aspettare Godot per sempre. Per questo bisogna trovare il coraggio di vivere la propria vita. Poi noto che oggi tutti quanti hanno paura della solitudine, chiedendomi sempre come faccio a partire da solo. In realtà tutti secondo me dovrebbero stare un po’ da soli e non ci stanno quasi mai. Tanto è vero che quando capita, hanno una tale paura che tutti stanno con le cuffiette dello stereo in qualsiasi momento, quando corrono o quando stanno davanti ad un tramonto. Non sanno stare in silenzio a pensare e a meditare. Questo, invece, secondo me, è una cosa fondamentale, perché, stando sempre in compagnia, non si ha il tempo per maturare quello che assimili insieme all’altra gente: energie, dati, informazioni… Lo si deve fare quando si sta da soli. È importantissimo ritagliare dei momenti di solitudine. Io me li ritaglio in larga misura. Poi non è che sto così da solo. Navigo da solo, ma quando approdo in un’isola conosco tante persone.
Qual è stato il momento più bello vissuto finora con Denecia, la tua barca?
I momenti più belli direi che sono stati due. Il primo quando sono arrivato ad Istanbul, che è descritto nel libro, raccontando la conclusione di questa mia prima impresa. Il secondo quest’anno, quarta rotta, quando sono riuscito ad approdare su un’isoletta che sta in Montenegro, in mezzo alle Bocche di Cattaro, che è un immenso fiordo che si introduce in mezzo alle montagne per chilometri. Lì in mezzo c’è un’isoletta con una chiesetta che di notte è disabitata. Di giorno ci sono solo i guardiani del museo, etc… Arrivando di notte lì con la barca, sono riuscito ad ormeggiare da solo, che già era un’impresa perché c’era molto vento e non era facile, e a rimanere lì tutta la notte in mezzo a questo paradiso straordinario, solo io con la mia barca in questa mini-isoletta dove non c’era nessuno. Forse solo i fantasmi dei pirati. La leggenda infatti narra che quest’isoletta sia stata creata da veneziani, abitanti di un’isola vicina, che hanno affondato delle navi di pirati proprio in quel punto su una secca e su quelle navi affondate avrebbero costruito questa chiesetta come voto per ringraziare la Madonna di aver vinto la battaglia contro i pirati. E quindi c’era un’atmosfera straordinaria.
Quali saranno le tue rotte future?
Quest’anno torno in Egeo, perché ci sono talmente tante isole e la storia, che c’è lì, è talmente tanta che non basta una vita per conoscerla tutta. Lineablu verrà appresso a me, per seguirmi per intere due puntate sulla mia rotta. Poi nei prossimi anni vorrei mettere la prua a ovest e quindi andare dall’altra parte e magari poi mettere il naso fuori dal Mediterraneo a vedere che succede.
Letterariamente?
C’è già un secondo libro pronto che dovrebbe essere pubblicato tra un anno o due.
di Davide MARENA