Mafia e religione, Don Tonino Palmese al seminario di Libera

Alla Camera di Commercio il responsabile di Libera Campania per illustrare l'assurdia idea che, secondo la mafia, unisce la religione alla criminalità

mafia don tonino palmese liberaAvellino - Criminalità, camorra e morti innocenti. Temi forti sono stati trattati questo pomeriggio presso la Camera di Commercio in occasione del quarto appuntamento, dal titolo “Mafie e Religione”, del seminario “Scuola di legalità” promosso dall’associazione Libera dalle Mafie ad Avellino.

L’ospite di questo pomeriggio Don Tonino Palmese, referente di Libera Campania: “Le immagini appena proiettate rappresentano l’incontro con i familiari delle vittime, con cui quest’ultimo fine settimana ci siamo uniti in un ritiro spirituale. Guardando le parole mafia e religione affiancate, è giusto definire la ‘e’ un giudizio di collusione fra le due parole, non una congiunzione”.

Don Tonino Palmese ha analizzato il legame, inconcepibile, fra la religione cattolica e la criminalità organizzata secondo i mafiosi:“Il problema fra mafia e religione c’è, in quanto queste due culture si sono incontrate e si sono persino trovate d’accordo. Ma non dimentichiamo che c’è un rapporto – ha aggiunto - fra le due cose anche in senso positivo, attraverso l’intercettazione dei familiari delle vittime consentendo la conversione da gruppo a comunità, al fine di tramutare il dolore della perdite un contributo concreto al prossimo contro sentimenti di rassegnazione e vendetta. Questo binomio non deve esserci, la religione non deve diventare preludio di morte”.

Don Tonino Palmese ha voluto poi concentrarsi su tre aspetti fondamentali che rappresentano il distorto connubio formulato dalla criminalità fra religione e mafia: “Il primo tema su cui è necessario concentrarsi è l’immagine di Dio, seguito dalla riflessione sul perdono in accezione cattolica e, infine, l’eticità intesa come doppia morale.

Quale immagine – ha argomentato Don Tonino Palmese – di Dio può accontentare giustificare sia l’essere cattolico che mafioso? Il mafioso si alimenta di spiritualità e di una protezione divina rappresentata da un’immagine che ha poco a che vedere con la relazione umana; insomma, immagini che riconducono al volto o alle sembianze di un Dio che non hanno nulla a che vedere con la sfera umana, sostanzialmente astratte, facendo cadere la fede nel tabù e nella magia. Il fine ultimo di ciò è l’interesse, ovviamente, di accattivarsi la benevolenza del santo ai fini della manipolazione della vita di altre persone”.

Per quanto riguarda il concetto di perdono il responsabile di Libera Campani ha aggiunto: “Il mafioso, attraverso il legame alla religione, cerca un perdono senza obbligo di riparazione, a differenza di quello che non solo la religione ma anche la legge stessa richiede, ossia la “penitenza” attraverso la confisca dei beni della mafia da concedere al sociale. Le due accezioni di perdono, è evidente, sono completamente opposte”.

L’intervento si è poi concluso con la spiegazione di Don Tonino in merito all’eticità, la doppia moralità che consente al mafioso di potersi avvicinare, nonostante sia tale, alla fede cattolica:”La terza e ultima dimensione è la doppia morale, di effetto fortemente negativo soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia, dove due modi di essere quali l’essere cattolico e l’essere mafioso appaiono assurdamente conciliabili. Una doppia moralità questa – ha spiegato don Tonino – che divide anche l’essere cattolico e l’essere cittadino pubblico, una forma mentis che ha pericolosamente favorito i mafiosi a dissociare la loro attività criminale con la loro spiritualità. Sono questi – ha concluso – i tre elementi che dal punto di vista antropologico e culturale vanno affrontati da un punto di vista religioso e di vita”.

 

Source: www.irpinia24.it