Coordinamento Irpino No Triv propone delibera sul petrolio per i Sindaci
Carmine Cogliano del Coordinamento Irpino No Triv afferma in una nota: ”Il 15 e 16 ottobre una moltitudine di Associazioni ambientaliste, Comitati a difesa del territorio e Nazionali come Greenpeace, Legambiente e No Triv hanno manifestato con annesso sit in davanti la sede del Parlamento italiano, Montecitorio è stato invaso, pacificamente, da cittadin/e che ritengono lo Sblocca Italia, dannoso per le comunità dove insistono trivellazioni petrolifere e gasdotti e paurosamente depauperante rispetto all’ autonomia delle Regioni in materia energetica (vedi art. 117/118 della Costituzione Italiana). Sotto accusa gli articoli 36-37-38 del suddetto Decreto legge. Nello specifico l’art. 37/38 che dispone o meglio stende un tappeto rosso per l’estrazione di idrocarburi e quindi spiana la via ai signori del petrolio. In pratica stando a questi articoli per la prospezione, ricerca e coltivazione di gas e petrolio basterà una concessione unica (atto concessorio unico) nei fatti accentrando tutte le decisioni nelle mani del Governo. Inoltre questo Decreto dà tempo alle Regioni fino al 31 dicembre per completare i procedimenti di VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) in corso, vedi appunto il VIA ancora in corso in Regione Campania del progetto idrocarburi denominato “Nusco”, altrimenti la palla passa direttamente al Ministero competente( Ministero Ambiente-Ministero dello Sviluppo Economico) che quindi dichiarerà i siti individuati per la prospezione e ricerca di idrocarburi indifferibili e urgenti e soprattutto tali siti diventeranno di interesse strategico nazionale, con possibile e conseguente militarizzazione dell’area prescelta, la quale già nella fase di prospezione viene espropriata contravvenendo anche in questo caso alla nostra Carta Costituzionale e nello specifico all’art. 42 (…La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge,e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale…la questione è che nel caso di prospezione, quindi quando ancora non esiste la certezza di trovare giacimenti di petrolio o gas, già si attua l’esproprio, in sostanza quando ancora non è conclamato “l’interesse generale” lo Stato prevarica a priori la proprietà privata). Perfino gli strumenti urbanistici adottati dai Comuni (PRG-PUC) o dalle Regioni (PTR) non avranno più alcun valore considerato che queste autorizzazioni hanno effetto di variante urbanistica a tutti i livelli. Sostanzialmente si rendono i Comuni ma soprattutto le Regioni soggetti passivi di scelte avocate per intero nelle mani dello Stato centrale, il quale nei fatti annulla tutte le prerogative in capo al titolo V della Costituzione. Dicevo, per tutto questo e altro ancora si è manifestato contro questo scellerato decreto legge. L’audizione presso la Commissione Ambiente della Camera dei Deputati ( composta da 47 deputati in maggioranza appartenenti al PD e al Movimento 5 Stelle) ha ascoltato le ragioni dei Comitati e delle Associazioni sull’incostituzionalità dello Sblocca Italia e relativi correttivi proposti che avrebbero nella sostanza reso legittimo il Decreto in questione. La risposta è stata un laconico “NI”, pur ammettendo che sugli idrocarburi il testo non convince sotto molti aspetti, anche di carattere strategico per quanto attiene all’energia. purtroppo anche in questo caso la fedeltà al Governo (ricordiamo a tal proposito la Risoluzione Stella Bianchi chiusa in un cassetto per ordini di scuderia, chiaramente scuderia PD) appare essere più forte del buon senso e della difesa dei valori del territorio. Essenzialmente la Commissione Ambiente ha risposto picche. Eppure rispetto all’art. 2 dello Sblocca Italia, quello relativo alle infrastrutture, per capirci, quello che riguarda l’alta capacità e quindi la stazione “Hirpinia” la delegazione parlamentare Irpina del PD ha fatto fronte comune per mantenere in Commissione la sopra citata Stazione. Ditemi voi un solo emendamento presentato dal PD provinciale per il tramite dei suoi parlamentari agli artt. 36-37 e 38 dello Sblocca Italia? Nemmeno uno”.
E aggiunge: “I parlamentari del PD sono restati muti, segno inequivocabile che il problema estrazioni petrolifere prima ancora che strutturale risulta essere di natura politica. E’ un problema politico se Famiglietti e Paris (ricordiamo componente segreteria nazionale PD/Enti Locali) festeggiano lo scampato pericolo del “furto” della stazione Hirpinia anche questa appunto parte integrante dello Sblocca Italia pur sapendo che nello stesso decreto legge insistono diverse criticità per quanto riguarda le estrazioni petrolifere. Tutto questo significa, ragionando in politichese, che quando si tratta di interessi, sia pur generali, il PD Irpino esiste ma quando si tratta di tutelare gli interessi di una collettività come quella Irpina, ricadente nel progetto Nusco per quasi 500 Km quadrati, allora il PD diventa evanescente o meglio lavora di facciata, diventando “no triv” sulla carta mantenendosi complice delle scelte del suo Segretario nonché Presidente del Consiglio che condannano la nostra provincia a “ morte certa”, altro che sviluppo sostenibile. Allora quella cordata di parlamentari Irpini, messa in piedi in maniera trasversale, a difendere l’Alta Capacità perché non hanno dato battaglia anche sugli articoli riguardanti la propspezione, la riceca e la coltivazione di idrocarburi, pur presenti nel Decreto?A questo punto gli Onorevoli Paris, D’Agostino, Giordano, Famiglietti e De Mita hanno l’obbligo morale prima che politico di dare delle risposte concrete che il Coordinamento Irpino No Triv e gli Irpini tutti attendono con impazienza. Noi del Coordinamento No Triv auspichiamo, stigmatizzando in maniera ferrea il comportamento sin’ora tenuto dai nostri parlamentari, che la questione petrolio in Irpinia sia risolta del tutto, così come dovrebbe essere, quando su un territorio insistono questioni relative ad acqua, sismicità e produzioni di eccellenza, come, appunto, nel caso Irpinia. Noi riteniamo il Decreto Sblocca Italia, il punto di non ritorno delle nostre terre e lavoreremo affinché chi legifera scempi del genere non possa fare più danni. A tal proposito consideriamo, prioritario metter in campo tutte le azioni possibili per frenare questo decreto, prima fra tutte la sua anticostituzionalità e per questo invitiamo tutti i 118 sindaci della Provincia di Avellino a recepire ed adottare una delibera di Consiglio Comunale o di Giunta in cui si esorta il Presidente della Regione Campania, Caldoro, ad impugnare davanti alla massima Corte il decreto Sblocca Italia, tenendo presente che la possibilità di ricorso alla Consulta non deve andare oltre i 60 giorni dalla data di emissione sulla gazzetta ufficiale (12 settembre 2014) del Decreto in questione quindi non oltre il 12 novembre oltre che chiedere soprattutto ai sindaci ricadenti nei 42 Km del pozzo esplorativo Gesualdo1 ad essere pronti a preparare ricorsi, rispetto ad un possibile VIA positivo, da inoltrare al TAR”.
E propone: ” Per alleggerire il compito dei Comuni e dei Sindaci il nostro Coordinamento ha già pronta una delibera tipo DEL CONSIGLIO COMUNALE: Considerato che con l’approvazione del D.L. n. 133 del 12 settembre 2014 concernenti “Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive” meglio identificato come decreto “Sblocca-Italia”, dove vengono stabilite una serie di misure che riguardano da vicino il territorio della nostra Regione, agli articoli 36-37 e 38; Considerato che, con l’art. 37 si dà al suddetto decreto, carattere di “interesse strategico” di “pubblica utilità” ed “indifferibilità” sia per quanto riguarda i progetti che le relative opere sia per i gasdotti che per gli oleodotti (comma 1), si pongono le basi per aggirare le autorizzazioni contemplate dai “piani di gestione e tutela del territorio” (comma 2 – capoverso a); come pure vi è un superamento sia dei “piani urbanistici ed edilizi” che dei “piani paesaggistici” espropriando le pubbliche amministrazioni del proprio potere autorizzativo (comma 2 – capoverso b); Atteso che non viene fornita la “prova” della effettiva strategicità di tali attività, la quale, solo, giustificherebbe l’attrazione allo Stato della competenza legislativa e amministrativa degli Enti territoriali; ed anche in questa prospettiva, tuttavia, l’esercizio della competenza legislativa e amministrativa da parte dello Stato dovrebbe darsi sempre nel rispetto del principio di leale collaborazione ossia garantendo che gli Enti territoriali possano effettivamente partecipare ai procedimenti che metteranno capo alle decisioni in tale materia; Tenuto conto che l’art. 38 (“Misure per la valorizzazione delle risorse energetiche nazionali”), dopo aver stabilito che la rete di stoccaggio di gas naturale e le attività di prospezione, ricerca e coltivazione degli idrocarburi siano di interesse strategico, di pubblica utilità, indifferibili ed urgenti, prevede che il titolo concessorio unico contenga il “vincolo preordinato all’esproprio dei beni” già a partire dalla fase della ricerca, con ciò determinando un inammissibile svuotamento del diritto di proprietà del privato; Tenuto conto che “qualora le opere comportino una variazione del piano urbanistico, la relativa autorizzazione ha effetto di variante urbanistica” e che ciò comporta un’attrazione in capo allo Stato delle funzioni amministrative esercitate dai Comuni; Considerato che tale articolo dà tempo, agli uffici regionali, fino al 31/12/2014 per portare a termine tutte le autorizzazioni di merito, entro 180 giorni, in caso contrario sarà il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare a chiudere le autorizzazioni tramite apposita conferenza di servizio, dandone comunicazione al Ministero dello Sviluppo Economico. Il decreto-legge reca, dunque, una nuova disciplina dell’efficacia degli atti di assenso che devono trovare espressione in seno alla Conferenza. Questa previsione – forse dettata da esigenze di celerità dei procedimenti, atteso che gli stessi dovranno concludersi entro 180 giorni dalla presentazione dell’istanza da parte delle società petrolifere – potrebbe essere illegittima, in quanto tende a considerare la partecipazione della Regione al procedimento alla stregua di qualsiasi amministrazione pubblica, chiamata a rilasciare un semplice nulla osta o una mera autorizzazione. L’intesa della Regione, infatti, si configura quale atto “politico” e non quale atto “amministrativo”, in quanto la sua previsione si giustifica con la necessità di porre rimedio alla “perdita” di competenza subita a seguito dell’attrazione in capo allo Stato dell’esercizio della materia per esigenze di carattere unitario; come stabilito dalle sentenze della Corte Costituzionale n. 482 del 1991 e n. 283 del 2005, nelle quali si è precisato che la partecipazione delle Regioni non possa ridursi all’acquisizione da parte dello Stato di un mero “parere”, occorrendo, in sua vece, un’intesa “in senso forte” ossia “un atto a struttura necessariamente bilaterale”. “Nel caso limite del mancato raggiungimento dell’intesa” – ha concluso il giudice costituzionale – “potrebbe essere utilizzato, in ipotesi, lo strumento del ricorso a questa Corte in sede di conflitto di attribuzione fra Stato e Regioni”. Evenienza, questa, che presuppone che l’atto della Regione conservi, appunto, intatta la propria autonomia. L’espressione in Conferenza dell’assenso o del diniego risulterebbe, al contrario, assorbita dal provvedimento finale adottato dalla Conferenza. Atteso che il comma 5, precisa che sarà autorizzato un “titolo concessorio unico” per tutto il progetto, andando a superare le eventuali richieste ed approfondimenti delle amministrazioni locali, concedendo un periodo di 6 anni, rinnovabili per due volte se la ricerca è andata a buon fine, con un’autorizzazione della fase di coltivazione di 30 anni, da rinnovare una o più volte per un periodo di 10 anni; Tenuto conto che in tale articolo è prevista anche la ricerca e la coltivazione degli idrocarburi “off-shore” e dunque nelle aree rivierasche, viene concessa autorizzazione per 5 anni (rinnovabili per altri 5) verificando l’assenza di fenomeni di subsidenza o di effetti sull’equilibrio dell’ecosistema e sugli insediamenti antropici (pena la sospensione dell’autorizzazione); Appreso che l’aggiunta del comma 11 dell’art. 38, modifica pesantemente il comma 82-sexies dell’art. 1 della legge n. 239 del 23/08/2004, con la sola aggiunta della seguente frase: “e la reiniezione delle acque di strato o della frazione gassosa estratta in giacimento” che comporterebbe la stimolazione delle attività di faglia sismica, soprattutto nelle aree classificate ad “elevato rischio sismico” (come dimostrato da numerosi studi del prof. Valoroso et al.). Confermato che tale decreto legge va a modificare la legge n. 9 del 09/01/1991, il D.L. n. 625 del 25/11/1996, il DPR n. 327 del 08/06/2001, il D.L. n. 164 del 23/05/2000, la legge n. 239 del 23/08/2004, il D.L. n. 152 del 03/04/2006, il D.L. n. 112 del 25/06/2008, la legge n. 133 del 06/08/2008, la legge n.183 del 12/11/2011; tutte normative che conferivano legittimità e poteri alle istituzioni locali; Tenuto conto che, sebbene la legge n. 239 del 2004 aveva riconosciuto loro il diritto di partecipare ai procedimenti amministrativi; successivamente, la legge n. 99 del 2009 ha limitato questo diritto al procedimento finalizzato al rilascio dell’autorizzazione al pozzo esplorativo, alla costruzione degli impianti e delle infrastrutture connesse alle attività di perforazione; ora il decreto-legge n. 133/2014 sembra estromettere completamente gli Enti locali dalla partecipazione ad ogni procedimento; ciò si porrebbe in contrasto con l’art. 118 della Costituzione, che disciplina l’esercizio delle funzioni amministrative, in quanto, alla luce dell’orientamento del giudice costituzionale, l’esercizio di tali funzioni da parte dello Stato può ritenersi legittimo solo in quanto si assicuri “la partecipazione dei livelli di governo coinvolti attraverso strumenti di leale collaborazione o, comunque, (attraverso) adeguati meccanismi di cooperazione per l’esercizio concreto delle funzioni amministrative allocate agli organi centrali” (Corte Cost., sent. n. 6 del 2004; v. anche sent. n. 303 del 2003 e sent. n. 383 del 2005). Considerato che in particolare l’art. 38 del decreto-legge n. 133 del 2014 solleva dubbi di legittimità in relazione alle garanzie sancite dalla Costituzione in favore degli Enti locali e delle Regioni; sentiti i pareri di legittimità del presente atto, i pareri di regolarità tecnica e contabile, di cui all’art. 49 del D. L. vo n. 267/2000, resi favorevoli; con voti unanimi e palesi, DELIBERA: Di impegnare il Presidente della Giunta Regionale della Campania, ad impugnare la legittimità del D.L. n. 133 del 12 settembre 2014, davanti alla Corte Costituzionale, così come riferito in premessa; Di inviare copia di tale deliberazione del Consiglio Comunale al sig. Presidente della Giunta Regionale della Campania per gli atti conseguenti; Di dichiarare il presente atto immediatamente eseguibile ai sensi dell’ex art. 134 – comma 4, del D.L. vo 267/2000. Oggi l’Irpinia si può salvare domani sarà troppo tardi”.