Giugliano (CGIL) “La disoccupazione provoca un senso di rifiuto ed esclusione”
Riceviamo e pubblichiamo il seguente comunicato di Mimmo Giugliano (CGIL):
“L’ elevato tasso di disoccupazione rappresenta un grave problema, vero e proprio fardello da sostenere ed affrontare.
Tale considerevole livello di disoccupazione produce effetti negativi sia dal punto di vista materiale, come la perdita di produzione aggregata, sia dal punto di vista socio-emotivo: si pensi alla condizione di frustrazione dei disoccupati, derivante dal non essere più parte attiva della società che lavora.
D’ altronde, il tipo di austerità fiscale che viene praticata oggi ha come effetto, nell’ immediato, quello di rendere le persone prive di un lavoro e di riempire le loro vite con nient’ altro che un senso di rifiuto ed esclusione.
La disoccupazione è il prodotto del capitalismo, le persone che non risultano essere più necessarie vengono semplicemente licenziate.
Il Work-Sharing potrebbe essere una soluzione al problema finora esposto.
Infatti, in una fase di recessione, anche se marginalmente, attraverso tale metodo si potrebbe continuare a tener legate le persone ai posti di lavoro, evitando loro di subire la frustrazione naturalmente derivante da un licenziamento e, al contempo, di preservare la propria autostima.
Pertanto, in fase di recessione, invece di licenziare il 25% della forza lavoro, una società potrebbe temporaneamente ridurre le ore di lavoro da 8 a 6 al giorno.
In tal modo, tutti continuerebbero ad occupare il proprio posto di lavoro e ci si avvicinerebbe così all’ ideale Keynesiano.
Si potrebbe essere tutti più che felici se la riduzione delle ore lavoro dipendesse dal progresso sociale piuttosto che da una crisi finanziaria, ma questo non è il nostro caso ( non siamo la Norvegia ).
La cosa importante è quella di applicare qualsiasi stimolo fiscale che determini un aumento dei posti di lavoro, e quindi il ritorno al lavoro dei disoccupati.
L’ economia è un sistema complicato, con una miriade di parti in continuo movimento.
Per anni, sono stato turbato dal problema della comprensione della psicologia sociale e l’ impatto economico della fiducia.
Non c’ è stata molta ricerca sui fattori emotivi e sui cambiamenti di visione del mondo che azionano i principali punti di svolta.
La super citata fiducia dei consumatori e gli indici di fiducia non sembrano ancora in grado di offrire indicazioni su ciò che c’ è dietro i cambiamenti che loro stessi misurano.
Inoltre, non è chiaro quali fattori della fiducia conducano le parti separate dell’ economia.
Per me, la riflessione prioritaria, su quel che si deve fare, è come creare posti di lavoro, in un “mercato” laddove si realizzi l’ incontro fra domanda e offerta, riducendo il numero e la complessità delle tipologie contrattuali, stabilendo un welfare nazionale ” con riferimenti scandinavi”.
Non più annunci e promesse, ma premesse ed interventi concreti ed utili.
Il difficile viene adesso.”