L’inchiesta del Corsera – Oro nero in Irpinia. A che prezzo?
La Italmin Exploration, società che opera nelle ricerche minerarie, nel 2002 ha avanzato presso la Regione Campania una richiesta di concessione per la ricerca di idrocarburi su un’area che comprende 47 comuni nel cuore dell’Irpinia.
La richiesta è stata tenuta in un cassetto fino all’anno scorso quando, con il rilancio del governo Monti per la produzione degli idrocarburi a livello nazionale, è stata data un’accelerata alle autorizzazioni per effettuare ricerche minerarie per scovare l’Oro Nero.
Nel 2012 infatti la Italmin ha riacceso i motori e ha depositato una valutazione di impatto ambientale, che oggi è ancora al vaglio di una commissione incaricata dall’assessorato all’ambiente della Regione Campania.
Secondo quanto dichiarato dall’ex ministro dello Sviluppo economico Passera nel 2012, e ribadito alla Camera due settimane fa da Simona Vicari, Sottosegretario di Stato per lo Sviluppo Economico, il potenziamento della produzione nazionale di petrolio e gas potrebbe sbloccare 15 miliardi di investimenti e creare 25mila posti di lavoro in Italia.
In Irpinia però gli abitanti sono preoccupati che l’attività ispettiva per la ricerca del petrolio possa invece solo recare danni ecologici irrevocabili in una zona dove l’economia locale ruota completamente intorno all’agricoltura e alla produzione di vini, tra i più pregiati al mondo.
In poco tempo sono nati i comitati No Triv Irpinia-Gesualdo e No Petrolio Alta Irpinia di Nusco, che hanno chiesto al professor Franco Ortolani, docente di Geologia all’Università Federico II, di redigere una propria valutazione sulla zona in cui sono previste le trivellazioni.
Nella relazione del geologo si sottolinea che la valutazione di impatto ambientale presentata dalla Italmin non prende adeguatamente in considerazione alcune criticità del territorio e pertanto Ortolani sconsiglia caldamente anche soltanto l’avvio delle attività di ispezione: nel sottosuolo vi sono faglie attive sismogenetiche che, se sollecitate dalle perforazioni, potrebbero generare un nuovo sisma, dopo quello tristemente famoso del 1980 che causò oltre tremila morti. Il geologo prevede anche il rischio di inquinamento delle falde termali e quelle acquifere (una di queste tra l’altro rifornisce di acqua potabile la Campania e la vicina Regione Puglia).
Un’interpellanza urgente è stata presentata ad agosto alla Camera con l’intento di capire l’orientamento del Governo sulla vicenda: «Non era una semplice richiesta di informazioni circa l’attività estrattiva del pozzo “Gesualdo 1″, ma una domanda al Governo con peso politico» ha spiegato Luigi Famiglietti durante la seduta parlamentare del 13 settembre, ma la parola finale ora spetta ai tecnici incaricati dalla regione Campania.