Università di Salerno – Confronto sulle politiche contro la violenza di genere
Osservazioni sui concetti e sulle politiche utilizzati nel contrasto alla violenza contro le donne
Fisciano - “Le politiche contro la violenza di genere nel welfare che cambia. Concetti, modelli e servizi” (Franco Angeli, Milano 2014). E’ questo il testo curato dal professore Folco Cimagalli, venuto da Roma per la due giorni di convegno su “Le politiche di contrasto alla violenza di genere” promosso dal Dipartimento di Scienze Umane, Filosofiche e della Formazione (Disuff) dell’Università di Salerno.
Dopo il primo incontro alla Provincia di Salerno, il secondo giorno di seminario si è svolto nella Sala dei Consigli del Campus Universitario di Fisciano.
Un convegno può servire a riflettere e ad aumentare la consapevolezza, come ha sostenuto la moderatrice del confronto, la prof. ssa Giovanna Truda, alla presenza di un vasto uditorio femminile. A Fisciano, aprendo i lavori, il direttore del Disuff, prof. Natale Ammaturo, ha sottolineato la centralità dell’aspetto culturale per contrastare la violenza. E tenendo conto che oggi si parla anche di un quarto e quinto genere (LGBT, oltre al genere maschile e femminile), bisogna educare al genere nelle scuole, interrogandosi su quali interventi, progetti o sistemi educativi di prevenzione occorrano.
“La Campania è numerosa come popolazione, che è anche giovane per i forti flussi d’immigrazione - ha detto Emiliana Mangone, prof.ssa di Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi - nella nostra regione, però, quali scelte politiche si trovano? Al primo incontro che abbiamo avuto su questo tema alla Provincia di Salerno non c’erano politici: ciò è significativo in un ente che coordina ancora i piani di zona. L’emergenza delle politiche sociali a tanti, perciò, non è molto chiara. La legge 328/2000 viene fuori dopo una serie di Regi Decreti e mette un po’ in ordine le politiche sociali. Dopo circa 6 mesi, ciò che era a capo dello Stato con la modifica del titolo V è stato spostato alle regioni e così ci sono diverse politiche. La Campania è stata tra le prime ad avviare i piani di zona, ma occorreva anche una legge regionale sulla base della 328. Così c’è stata la ‘Legge per la dignità e la cittadinanza sociale’ (11/2007). Sebbene troviamo il principio delle pari opportunità di genere (art. 29), c’è differenza tra formale (tutti sono cittadini) e sostanziale (i diritti non sono sempre esigibili). C’è silenzio nella logica pubblico/privato perché, per un atavismo culturale, i panni sporchi che si lavano in casa nell’ultimo periodo si stanno colorando di sangue. Bisogna chiarire che le pari opportunità sono quelle per tutti i generi considerabili: il sesso è strutturale (maschile/femminile), il genere è socio-culturale, quindi costruito. C’è necessità di una forte professionalizzazione per la formazione, perché accompagnare la donna non significa solo allontanarla dal violentatore, ma anche ricostruire la sua identità”. Dal 2012 esiste l’Osservatorio regionale della rete antiviolenza e, secondo Mangone, bisogna far parlare le donne (che non significa automaticamente denunciare), per farle uscire da un’eventuale situazione di disagio in un percorso da fare in compagnia e non in solitudine. Questo perché esiste anche la sindrome di Stoccolma (amore/odio: il rapito si innamora del rapitore. La donna non deve, perciò, dipendere dall’uomo).
Invece Ada Ferri, presidente dell’associazione “Catena Rosa” di Torre Annunziata, segnalando l’importanza delle associazioni in un territorio difficile come il suo, ha raccontato che nella sua terra c’è un solo asilo nido, un solo consultorio, poche donne occupate, con dispersione scolastica (73 unità): “prima dell’associazione nacque ‘Ferma il femminicidio’, un comitato divenuto sportello per sostenere le donne. Accogliamo le donne come Elena, Vincenza, Luisa, Carmen, che hanno ricevuto violenze verbali e psicologiche. Violenze che non vengono denunciate per vergogna, sensi di colpa, e soprattutto paura per i figli, per il sostentamento economico che potrebbe venir meno, per la famiglia che vorrebbe una donna remissiva in attesa di un cambiamento dell’uomo. Spesso si preferisce subire piuttosto che rendere di dominio pubblico la violenza. Il 1522 non è funzionale (lasciate un messaggio, gli operatori sono impegnati). Occorre una rivoluzione culturale e nel linguaggio parlato. Il motto è ‘libere e senza paura’: solo la cultura ci può salvare”.
Lella Palladino, presidente coop. E.V.A. di Casal di Principe, è una sociologa impegnata da 20 anni per la battaglia dei diritti nel terzo settore, tanto da istituire a livello regionale prima la nomenclatura “case per donne in difficoltà” e poi “case per donne maltrattate”. Tali donne non riescono più a lavorare, ma nella cornice culturale associativa possono riprendersi e, ad esempio come nel caso di E.V.A., essere a Roma il 25 novembre per un servizio catering. Molti non conoscono la Convenzione di Istanbul e Palladino ha sottolineato che in essa emerge “l’asimmetria di potere tra maschio e femmina. Il mondo risulta a misura maschile, si pensi alla sperimentazione di alcuni medicinali e alla disparità nell’accesso al mondo del lavoro. La famiglia è patogena, portatrice di tanti malesseri di relazione sul rispetto maschio-femmina: i compiti d’assistenza, ad es., non sono costruiti per natura ma per pensiero socio-culturale. Nei centri antiviolenza occorre ascolto empatico e non giudicante. Essi sono stati inventati dalle femministe: perciò è giusto che siano gestiti dalle donne. Dunque fondamentale la metodologia di relazione tra donne: la violenza su una donna coinvolge tutta la comunità femminile. Le donne che denunciano (quando sono pronte a farlo) con le associazioni non muoiono, perché nella rete si riduce l’ingenuità di rivedere il marito in un ultimo appuntamento letale”.
Maria Rosaria Pelizzari dell’OGEPO (cfr. http://www.biblioteche.unisa.it/cpo/centro_studi_pari ) ha evidenziato che l’Ateneo salernitano siede ad un tavolo interistituzionale con la Provincia, la Prefettura, le scuole e le associazioni per scambiarsi informazioni sulle pari opportunità. Poi ha affermato: “molte uccisioni avvengono in casa, perpetrate anche da uomini laureati, perfettamente inseriti e non borderline. Cosa fa scattare determinate situazioni? Per capire il nostro presente bisogna fare considerazioni di lungo periodo. La percezione della violenza è differente nei vari contesti storici (alcune cose erano normali). E nella Convenzione di Istanbul si dice ai mass-media di rispettare la dignità di chi subisce violenza, sia della vittima sia dei familiari”. Pelizzari, ricordando l’esistenza dell’associazione Maschile Plurale, ha anche annunciato che sono in programma diverse iniziative con l’Osservatorio interdipartimentale per la diffusione degli Studi di Genere e la cultura delle Pari Opportunità.
Cimagalli della Lumsa di Roma, infine, alla domanda ‘qual’è la soglia di un comportamento violento?’, ha trovato la seguente risposta: “ogni donna decide quando la soglia è stata superata. La violenza di prossimità, poi, è importante da studiare perché si trova nei legami familiari, è una lente per capire cosa succede nelle abitazioni, in Occidente e nell’ambito delle politiche (quegli interventi che non coincidono con la politica, fatta di obiettivi e progetti duraturi nel tempo). C’è un ritardo di ragioni culturali, ma anche nelle politiche di welfare. Il tema della violenza da subito richiede una rete, ed oggi vediamo collaborare il mondo delle associazioni religiose, dell’avvocatura, della sanità, delle Forze dell’ordine. Ma occorrono delle infrastrutture di servizio che rendano possibile la comunicazione di sistema”. Quando non ci sono risorse economiche, le risorse umane e di volontariato sostengono la società. Ma se c’è frammentazione territoriale è difficile fare una sintesi. Pertanto non devono mai mancare nella rete associativa una pluralità di competenze.
In conclusione, diversi sono gli autori del testo di Folco Cimagalli (Maria Grazia Gambardella, Maria Chiara Foglia, Sara Mascherpa, Emiliana Mangone, Antonio Panico, Marinella Sibilla, Ignazia Bartholini, Consuelo Corradi), e varie le regioni coinvolte, per dare il respiro di una ricerca nazionale: Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Campania, Puglia, Basilicata, Sicilia.