AMSI: Report 2025 su sanitari stranieri in Italia

In aumento del 58% dal 2000, ma ancora troppe barriere all’integrazione

logo amsiNel contesto del primo Convegno del 25° Corso Internazionale e Interdisciplinare AMSI – dedicato alla diagnosi, cura e riabilitazione delle patologie della colonna vertebrale e in programma il 28 giugno – il presidente Foad Aodi ha presentato l’ultimo report aggiornato al 31 maggio 2025. I dati confermano il ruolo decisivo dei professionisti sanitari stranieri nel sostenere il sistema salute italiano, tra risultati raggiunti e sfide ancora aperte.

Dalla sua fondazione, AMSI ha trasformato una rete spontanea di medici stranieri in una vera piattaforma interdisciplinare, capace di rappresentare ogni figura sanitaria. Negli anni, l’Associazione ha risposto con azioni concrete: oltre 1.222 eventi scientifici e culturali, ambulatori multiculturali attivi in 12 città ed ospedali, più di 15.000 consulenze a professionisti italiani in cerca di opportunità all’estero. Un’esperienza accumulata sul campo che ha fatto di AMSI un punto di riferimento per la cooperazione sanitaria, in Italia e nel mondo.

Aodi sottolinea: «Il nostro obiettivo non è tappare buchi, ma costruire ponti. Ogni singolo camice bianco è portatore di valore, non solo in termini di competenze ma di umanità. La sanità ha bisogno di giustizia, non solo di organico».

Ad oggi, i professionisti sanitari stranieri attivi in Italia sono 118.600, contro i 75.000 del 2000: un incremento del 58,13%. Di questi, 47.620 sono medici e 43.600 infermieri. Una crescita significativa si è registrata negli ultimi cinque anni, anche grazie ai flussi facilitati da normative straordinarie (Decreti Cura Italia e Ucraina).

Il loro contributo è fondamentale: senza questi professionisti, oltre 3000 reparti e servizi avrebbero chiuso, soprattutto nelle aree interne e nei presidi ospedalieri più fragili.

Tuttavia, il sistema rimane intrappolato in rigidità e barriere normative: 11.300 operatori stranieri, pur in possesso dei titoli, non riescono a esercitare. Il 75% non ha nemmeno presentato domanda, scoraggiato da procedure costose e complesse; il restante 25% ha ricevuto rifiuti ufficiali, con i casi più numerosi provenienti da Ucraina, India, Polonia e Filippine.

Il caso degli infermieri merita attenzione specifica. Su 43.600 presenti, solo 26.600 risultano iscritti all’albo FNOPI. Gli altri operano in strutture private, cooperative o RSA, spesso con contratti precari. Il 65% non possiede la cittadinanza italiana, limite che preclude l’accesso a concorsi pubblici e stabilizzazione e anche in medicina generale.

A fronte del loro ruolo cruciale nella medicina di prossimità, gli infermieri continuano a subire discriminazioni, paghe inferiori alla media europea e una crescente esposizione ad aggressioni: +35% in cinque anni. Eppure sono loro, spesso, a garantire l’assistenza continua e l’umanizzazione delle cure.

Emergenze, pensionamenti e fuga all’estero aggravano la crisi 

Tra il 2026 e il 2030, andranno in pensione oltre 100.000 operatori sanitari, tra cui 66.670 infermieri e 35.600 medici. A questo esodo fisiologico si affianca una fuga crescente verso l’estero: negli ultimi due anni, AMSI ha ricevuto 15.600 richieste da parte di professionisti italiani (soprattutto giovani e specializzandi) interessati a emigrare.

Le motivazioni? Medicina difensiva (42%), aggressioni (32%), stanchezza cronica e scarse prospettive. Le destinazioni più ambite sono Svizzera, Germania, Paesi Bassi e Paesi del Golfo. A guidare il flusso in uscita è il Lazio, seguito da Lombardia, Veneto, Piemonte e Campania.

«Non possiamo più permetterci una sanità a doppia velocità. La salute è un diritto universale, e va garantita a tutti: a chi cura e a chi viene curato», afferma Aodi.

«Ormai l’AMSI, dal 2000, è l’organizzazione che, tra le realtà sanitarie a livello nazionale e internazionale, rappresenta un vero punto di riferimento per i professionisti della sanità italiani di origine straniera. Abbiamo più di 110 tra associazioni e organizzazioni che fanno parte dell’AMSI. Abbiamo certamente vinto la nostra scommessa: nata inizialmente per i professionisti della sanità di origine straniera, oggi l’AMSI è diventata un punto di riferimento per tutti i professionisti, e questo ci fa molto piacere. Lo vediamo dalle consulenze, da chi si rivolge a noi e dalla partecipazione ai nostri corsi di aggiornamento, che sono aperti a tutte le professioni sanitarie», continua Aodi.

Questa relazione non è solo un bilancio: è un appello. La salute globale non si costruisce con le parole, ma con atti concreti. Con la valorizzazione di chi cura, con la protezione di chi rischia ogni giorno, con l’inclusione di chi porta valore. AMSI, UMEM, AISC, CO-MAI e Uniti per Unire continueranno a lavorare insieme, in Italia e nel mondo, per un futuro sanitario più giusto, più umano, più forte.

Perché senza i professionisti, non c’è cura. E senza cura, non c’è società.

TUTTI I DATI E LE PERCENTUALI AMSI SUI PROFESSIONISTI ITALIANI E STRANIERI

PROFESSIONISTI SANITARI DI ORIGINE STRANIERA STATISTICHE AMSI – AGGIORNATE AL 31 MAGGIO 2025

Professionisti sanitari di origine straniera

Totale complessivo: 118.600

Medici: 47.620

Infermieri: 43.600 

Odontoiatri: 7.930 

Fisioterapisti: 7.810 

Farmacisti: 7.670 

Psicologi: 4.270 

Altre professioni sanitarie (logopedisti, podologi, dietisti, ostetriche, ottici biologi, veterinari): 739

Totale finale: 118.600 aumentati del 58,13%. nel 2000 erano 75mila

Il nostro impegno non nasce oggi. AMSI è una storia lunga più di due decenni, cresciuta nel cuore della sanità italiana e internazionale. Con oltre 118.600 professionisti coinvolti in Italia e nel mondo, e una rete costruita pazientemente attraverso UMEM, CO-MAI, AISC e Uniti per Unire, abbiamo fatto del dialogo tra culture, della cooperazione sanitaria e della difesa dei diritti professionali il nostro metodo. Oggi, più che mai, questa esperienza diventa risorsa preziosa per affrontare una crisi sanitaria senza precedenti.

In Europa mancano all’appello 1,4 milioni di professionisti della salute. In Italia, i nostri studi più recenti indicano una necessità immediata di almeno 125.000 medici e 60.000 infermieri. A questi si aggiunge la prevista uscita per pensionamento, tra il 2026 e il 2030, di oltre 100.000 operatori sanitari, tra cui 35.600 medici e 66.670 infermieri. In alcune regioni, come Lazio, Veneto, Lombardia e Piemonte, il fabbisogno è particolarmente critico.

Solo nel 2024, in Italia sono stati chiusi o ridimensionati più di 1.000 reparti. I tagli ai posti letto hanno raggiunto il 15%, e le liste d’attesa continuano a crescere. Nelle aree interne e nelle periferie urbane, la medicina territoriale è allo stremo. Le disuguaglianze sanitarie si fanno sempre più evidenti, e i pazienti più fragili restano spesso senza risposte.

Il 65% dei medici e professionisti della sanità stranieri in Italia non ha la cittadinanza italiana e non può sostenere concorsi pubblici , ostacolato da barriere burocratiche e giuridiche. Solo il 28% trova spazio nel pubblico; la maggioranza è relegata al precariato del privato.

Gli infermieri rappresentano oggi la spina dorsale della nostra sanità. Tra quelli di origine straniera, si contano oltre 43.000 operatori, con punte di concentrazione in Lombardia, Lazio, Veneto e Sicilia. Sono aumentati del 30% negli ultimi 5 anni, specialmente grazie ai Decreti Cura Italia e Cura Ucraina. Tuttavia, anche loro subiscono discriminazioni, sottopagati rispetto alla media europea e spesso oggetto di episodi di aggressione, come il resto del personale sanitario.

In Europa più di 610 mila medici di origine straniera .Nel mondo, le disuguaglianze sanitarie sono drammatiche. L’Africa sostiene il 24% del carico globale di malattia ma dispone solo del 3% della forza lavoro sanitaria. Meno di un medico ogni 10.000 abitanti in molte regioni. Yemen, Palestina, Somalia, Sudan, Congo e Mozambico affrontano emergenze continue. Anche nei paesi industrializzati, le aggressioni agli operatori sono in aumento: +32% in Europa, +40% negli Stati Uniti, +35% nel Regno Unito.

Serve una riforma strutturale. Chiediamo:

• l’eliminazione degli ostacoli che impediscono ai medici stranieri formati in Italia di accedere al SSN;

• più borse di specializzazione, soprattutto in discipline carenti;

• contratti più stabili e retribuzioni più adeguate;

• leggi severe contro le aggressioni, con vigilanza h24 e supporto psicologico;

• una medicina territoriale rafforzata, con ambulatori di prossimità e strutture moderne;

• una vera alleanza tra pubblico e privato fondata su regole comuni;

• abbreviare il periodo del riconoscimento del titolo ottenuto all’Estero ;

• consentire ai professionisti della sanità di origine straniera di sostenere concorsi senza obbligo della cittadinanza italiana compreso

• risanare la situazione dei professionisti della sanità di origine straniera che esercitando grazie al decreto Cura Italia e Decreto Ucraina 

• combattere la fuga all’estero, aggressioni e medicina difensiva 

Source: www.irpinia24.it