Ricoveri esclusi dal comporto
Lo stabilisce il Tribunale di Napoli: tutela rafforzata per i lavoratori malati
Curare la propria salute non dovrebbe mai tradursi nella paura di perdere il posto di lavoro. È con questo principio fondamentale che il Tribunale di Napoli, con la sentenza n. 2701/2025 depositata il 3 giugno 2025, ha accolto il ricorso di un lavoratore licenziato per presunto superamento del periodo di comporto, riconoscendogli la reintegra nel posto di lavoro e un corposo risarcimento. La decisione del giudice napoletano introduce un chiarimento cruciale: i giorni trascorsi in ricovero ospedaliero o in day hospital non devono essere calcolati nel periodo massimo di conservazione del posto di lavoro per malattia. La sentenza del Tribunale di Napoli ha stabilito in modo netto che tra le assenze non computabili ai fini del superamento del periodo di comporto del lavoratore, devono rientrare sicuramente quelle causate da ricoveri ospedalieri e da day hospital. La ragione di questa esclusione risiede nella “valenza puramente oggettiva” dell’assenza per malattia, come sancito dall’articolo 2110 del Codice Civile. La Corte ha anche chiarito che non grava sul dipendente alcun onere specifico di comunicazione riguardo agli accessi al pronto soccorso o al ricovero in sé, poiché l’assenza è di per sé oggettivamente certificata dall’ospedalizzazione.
Il caso specifico esaminato dal Tribunale riguardava un lavoratore affetto da leucemia, licenziato dall’azienda per aver superato il limite di 365 giorni di assenza per malattia in un periodo di 1.095 giorni (corrispondenti a tre anni). La società datrice di lavoro aveva calcolato un totale di 471 giornate di assenza. Tuttavia, il lavoratore ha dimostrato che, sottraendo i 129 giorni di ricovero e di day hospital dal totale, le sue assenze effettive si riducevano a 340 giornate. Un numero, questo, che si colloca nettamente al di sotto della soglia dei 365 giorni previsti per il periodo di comporto nel CCNL applicato. L’azienda aveva tentato di difendersi sostenendo di non essere a conoscenza della grave patologia del dipendente. Ma il Tribunale ha respinto questa argomentazione, rilevando che dagli stessi attestati di malattia si evinceva chiaramente la diagnosi di leucemia cronica. Inoltre, il giudice ha ricordato che la valutazione del medico è facilmente verificabile dai datori di lavoro o dai consulenti del lavoro delegati, che possono accedere al servizio di consultazione degli attestati di malattia online, inserendo il numero di protocollo del certificato e il codice fiscale del dipendente. Il Tribunale ha ribadito che la condizione necessaria affinché il lavoratore possa usufruire del comporto non è tanto la comunicazione specifica della natura della patologia, quanto l’oggettivo stato di salute certificato. La sentenza ha sottolineato l’importanza della tutela della salute come valore costituzionale. Questo diritto fondamentale può essere protetto pienamente solo se il lavoratore, in caso di malattia o infortunio, può avvalersi delle opportune terapie “all’interno di tempi sicuri” e “senza il timore di perdere, nelle more, il proprio posto di lavoro”.
Il Garante dei diritti delle persone con disabilità della Regione Campania l’avv. Paolo Colombo dichiara: “Il pronunciamento del Tribunale di Napoli è di grande rilevanza perché rafforza la protezione dei lavoratori che affrontano periodi di malattia complessi, spesso caratterizzati da ricoveri e terapie che richiedono assenze prolungate. Escludere i giorni di degenza ospedaliera dal calcolo del comporto significa garantire una maggiore serenità ai dipendenti nel momento più delicato, quello della cura di sé, senza la spada di Damocle del licenziamento ingiusto. La sentenza, riconoscendo la reintegra, il risarcimento dei danni (dal giorno del licenziamento invalido fino alla reintegra effettiva) e il versamento dei contributi assistenziali e previdenziali, oltre agli interessi, traccia un confine più equo tra le esigenze aziendali e il diritto alla salute del lavoratore”.