Le malattie rare non hanno età

A Roma si è discusso del fenomeno dell'ageismo sanitario

8fUr5apkQ_S6In Italia sono più di 6mila le malattie rare finora identificate, con una popolazione colpita che si stima tra i 2 e i 3,5 milioni di persone. Un fenomeno che continua a rappresentare una delle sfide più complesse per il Servizio sanitario nazionale. Negli ultimi anni sono stati compiuti importanti progressi sotto il profilo normativo, scientifico e organizzativo: dall’adozione del Piano Nazionale Malattie Rare 2023-2026 all’entrata in vigore della Legge 175 del 2021, che ha segnato un punto di svolta nella tutela dei pazienti rari. Tuttavia, nonostante questi sviluppi, permangono ancora difficoltà significative, in particolare per quanto riguarda l’assistenza alla popolazione anziana.

L’Italia si caratterizza per una significativa presenza di popolazione anziana. Ad oggi il 24% è oltre 65enne, secondo gli ultimi dati Istat. Pertanto, il dibattito pubblico e l’elaborazione delle politiche sanitarie in ambito di malattie rare devono includere con maggiore attenzione anche la popolazione anziana.

Esistono infatti malattie rare che hanno un esordio tardivo e, negli anziani, il rischio di esclusione è amplificato dalle criticità già presenti nelle malattie rare: ritardi diagnostici, mancanza di percorsi assistenziali dedicati e la necessità di strutturare una formazione medica che tenga conto delle specificità delle malattie rare. Nonostante questo, si rivela una significativa carenza di informazione e sensibilizzazione sulle malattie rare negli anziani, sia a livello sanitario che sociale.

Il risultato è un Sistema sanitario che fatica a riconoscere e a prendersi cura di una fascia di popolazione destinata a essere sempre più numerosa e vulnerabile. Su queste basi si è tenuto ieri il secondo incontro del ciclo Apco Health Talks: esplorando il sistema salute, dedicato al tema ‘Malattie rare negli anziani: necessaria un’attenzione adeguata del Sistema Sanitario‘.

Il percorso che porta alla diagnosi di una malattia rara è spesso lungo e complesso, con una durata media che varia tra i 5 e i 7 anni. Durante questo periodo, i pazienti si trovano a navigare un vero e proprio labirinto sanitario, fatto di visite ripetute, esami inconcludenti e diagnosi errate. Secondo Eurordis, sei pazienti su dieci ricevono inizialmente una diagnosi sbagliata e, prima di arrivare a quella corretta, un adulto con malattia rara consulta in media otto specialisti.

Per una persona anziana, già fragile e spesso affetta da altre patologie, un’attesa così prolungata può tradursi nella perdita definitiva della possibilità di accedere a cure efficaci, con un impatto profondo sulla qualità della vita e sull’autonomia.

Tale fenomeno costituisce una forma di disuguaglianza nota come ‘ageismo sanitario’, che si manifesta nel sistematico sottodimensionamento dei bisogni clinici delle persone anziane esclusivamente in ragione dell’età. Una realtà che, nonostante ‘introduzione di strumenti come la Carta di Firenze e le più recenti innovazioni legislative, continua a esistere all’interno del Sistema sanitario.

L’evento ha rappresentato un’occasione di confronto tra istituzioni ed esperti del settore per analizzare le criticità che ostacolano un accesso equo e tempestivo alle cure per le persone con malattie rare, tra cui anche gli anziani, e riflettere sulle prospettive future.

La limitata accessibilità ai test genetici rappresenta un grave ostacolo alla diagnosi delle malattie rare, anche nella popolazione anziana. Nonostante i progressi tecnologici ne abbiano aumentato precisione e affidabilità, persistono barriere legate alla scarsa diffusione, ai lunghi tempi di attesa e alla disomogeneità territoriale. Garantirne la disponibilità su tutto il territorio nazionale non è più un’opzione, ma una priorità urgente per assicurare diagnosi rapide, accurate e accesso equo alle cure.

Fondamentale è anche il rafforzamento dei registri delle malattie rare, strumenti essenziali per la sorveglianza epidemiologica, la programmazione sanitaria e l’accesso a terapie innovative. Tuttavia, l’attuale frammentazione dei registri regionali ostacola una visione unitaria e condivisa a livello nazionale. È quindi necessario un impegno istituzionale per la loro armonizzazione, affinché possano supportare efficacemente la ricerca, l’identificazione precoce dei segnali di allarme e la pianificazione dei servizi.

Bisogna dunque promuovere una presa in carico realmente integrata, che coinvolga medicina generale, specialisti, servizi territoriali e assistenza domiciliare. I centri di eccellenza, fondamentali per la presa in carico dei pazienti rari, sono ancora troppo pochi e distribuiti in modo disomogeneo. Dove attivi, riescono a ridurre i tempi di diagnosi e a offrire un approccio multidisciplinare essenziale per i pazienti più fragili. Rafforzare e rendere omogenea questa rete su tutto il territorio nazionale non è solo un obiettivo auspicabile, ma una condizione necessaria per costruire un Sistema sanitario più equo, moderno e capace di includere davvero tutte le età della vita.

Infine, è di primaria importanza una formazione adeguata del personale sanitario per migliorare la diagnosi e la gestione delle malattie rare, soprattutto nella popolazione anziana. La scarsa conoscenza di queste patologie e dei loro sintomi spesso atipici porta a ritardi diagnostici e a cure inappropriate. Servono percorsi formativi specifici, aggiornati e multidisciplinari, che includano anche l’età avanzata come variabile clinica da considerare. Rafforzare le competenze significa anche promuovere una presa in carico più equa, tempestiva e centrata sul paziente.

Nel corso della giornata sono intervenuti esponenti istituzionali e tecnici, tra cui i senatori Orfeo Mazzella ed Elisa Pirro, gli onorevoli Ilenia Malavasi Maddalena Morgante, insieme ad Armando Magrelli (Aifa), Tiziana Nicoletti (Cittadinanzattiva), Giuseppe Limongelli (Comitato Nazionale Malattie Rare), Gaetano Piccinocchi (Simg), Roberta Venturi e Ilaria Ciancaleoni Bartoli (Omar), Marco Salvatore (Centro Nazionale Malattie Rare, Iss), Elida Sergi (Iss) e Simon Ghinassi (Università di Pisa). L’evento si è tenuto con il contributo non condizionante di Pfizer.

“L’ageismo sanitario- ha affermato Ilenia Malavasi, membro della XII Commissione Affari Sociali della Camera dei deputati- identifica la discriminatoria tendenza a considerare diagnosi e presa in carico terapeutica non necessarie per le persone anziane. Si tratta di una forma di pregiudizio che, nella pratica, impedisce di ottenere una diagnosi e una presa in carico ottimali, nel rispetto della vita di tutte le persone, indipendentemente dalla loro età. A questo proposito ho presentato un’interrogazione, riguardante le iniziative volte a disciplinare a livello normativo il fenomeno dell’ageismo, in particolare quello sanitario, con l’obiettivo di garantire l’accesso alla presa in carico diagnostica, terapeutica e assistenziale delle persone anziane, specie quando affette da malattie rare”.

Nonostante nel nostro Paese l’età media delle persone sia in continuo aumento- ha proseguito- nel nostro ordinamento manca una legge che disciplini il fenomeno dell’ageismo. Una tendenza che può trasformarsi in una vera e propria mancanza di assistenza, con conseguente ricadute in termini di disabilità per i pazienti. Ma dignità, possibilità di cura e di assistenza sono elementi di civiltà slegati dalla condizione anagrafica delle singole persone ed è necessario battersi per garantire prese in carico e prestazioni efficaci sempre, garantendo qualità della cura e del tempo di vita di tutte le persone”.

Armando Magrelli, dirigente dell’Ufficio Ricerca Indipendente, Agenzia Italiana del Farmaco, ha sottolineato che ‘la ricerca indipendente finanziata da Aifa rappresenta un unicum in Europa: un modello pubblico e trasparente di produzione di conoscenze cliniche, che può guidare l’innovazione in aree come le malattie rare. La traduzione dei risultati in terapie concrete e la disponibilità equa di queste terapie sul territorio restano le due principali sfide da superare. Con il nuovo bando da 17,8 milioni di euro per il 2025, Aifa ha introdotto meccanismi più stringenti di valutazione e monitoraggio proprio per evitare che la ricerca preclinica resti confinata al laboratorio’.

Inoltre- ha reso noto- l’Agenzia opera in sinergia con l’Ema, la propria Commissione scientifica ed economica (Cse) e diverse reti internazionali, con l’obiettivo di promuovere la designazione orfana, l’accesso a fondi comunitari e l’inserimento in infrastrutture regolatorie europee. È fondamentale fare rete e in questo campo l’Italia può essere capofila”.

In un videomessaggio, Ilaria Ciancaleoni Bartoli, Osservatorio Malattie Rare (Omar), ha evidenziato che “le malattie rare colpiscono tutte le età e serve una presa d’atto concreta in tal senso. È fondamentale innanzitutto creare un percorso di transizione per i pazienti con patologie ad esordio infantile, ma con le quali convivono anche nell’età adulta. Allo stesso tempo, è necessario integrare nella presa in carico multidisciplinare anche la medicina interna e la geriatria, e indirizzare anche a loro la formazione sulle malattie rare. Va, inoltre, garantito l’accesso equo a tutte le terapie, la presa in carico e i percorsi di assistenza, anche per i pazienti rari in età avanzata: escluderli significherebbe alimentare una forma di ageismo che una società che invecchia non può permettersi. È essenziale inoltre integrare i percorsi di cura ospedalieri con una vera e propria rete sanitaria e sociale, capace di rispondere ai bisogni specifici della persona adulta, anche attraverso strumenti digitali semplici e accessibili. E infine, un’attenzione alla diagnosi legata all’esordio in età adulta con la possibilità di poter accedere al test genetico”.

La formazione- è intervenuto Giuseppe Limongelli, membro del Comitato nazionale per le malattie rare del ministero della Salute- rappresenta un passaggio essenziale per migliorare l’identificazione e la gestione delle malattie rare, anche nella popolazione anziana. Eppure, oggi in Italia i medici, sia specialisti che di medicina generale, ricevono ancora stimoli troppo deboli su questi temi. Le criticità sono note: nei corsi universitari si parla poco o nulla di malattie rare, nelle scuole di specializzazione mancano tirocini dedicati, e non esiste un percorso formativo nazionale uniforme. Servono quindi interventi mirati: va integrata fin dall’università e nei corsi post-laurea una formazione obbligatoria sui campanelli d’allarme e sui principali percorsi diagnostici, con esperienze dirette nei Centri specializzati. Allo stesso tempo, bisogna rafforzare e uniformare la formazione continua, dai crediti Ecm ai master, coinvolgendo i medici di famiglia e i pediatri, che sono spesso i primi interlocutori dei pazienti rari anziani e pediatrici”.

La frammentazione dell’assistenza- ha ricordato Gaetano Piccinocchi, Società Italiana dei Medici di Medicina Generale e delle Cure Primarie- rappresenta una delle criticità più sentite dai pazienti con malattie rare, anche quelli anziani. Il paziente con una malattia rara si trova spesso a dover ‘navigare da solo’ tra specialisti, esami e strutture diverse. Diventa sempre più urgente costruire una rete integrata tra medici di famiglia, specialisti, ospedali e Centri di riferimento, soprattutto per chi vive in aree periferiche”.

Per farlo- ha concluso- serve dare al medico di medicina generale il ruolo di ‘case manager’ attraverso formazione dedicata, strumenti informativi chiari e percorsi assistenziali coordinati: così si garantisce continuità, inclusione e presa in carico efficace fin dal primo sospetto”.

Source: www.irpinia24.it