Strage di civili arabi a Tamra
"La guerra totale è già iniziata. Fermiamola ora”. Aodi: "Le forze internazionali intervengano subito per la pace".
Le organizzazioni Unione Arabi del ‘48, Co-mai (Comunità del Mondo Arabo in Italia), UMEM (Unione Medica Euro Mediterranea) e AISC News (Agenzia Mondiale Britannica Informazione Senza Confini) si uniscono in un forte grido d’allarme e di dolore per la strage avvenuta nella città araba-palestinese di Tamra, nel nord di Israele, durante il devastante attacco missilistico iraniano.
Tra le vittime: la dottoressa Manar Fakhri Dhiab Khatib, specialista in ginecologia e ostetricia, sposata con avvocato palestinese laureato in Italia, uccisa insieme alle sue due figlie adolescenti e ad un’altra donna della stessa famiglia. Si tratta di una delle più gravi perdite umane per la popolazione araba del ’48 dall’inizio del nuovo fronte Iran-Israele.
Foad Aodi (Co-mai / UMEM / Arabi del 48): “Tamra è la prova che la guerra non ha più confini. Civili arabi sotto attacco in Israele compreso la mia città Jaljulia vicino alla Zona di Tel Aviv. Nessuno è più al sicuro”.
“La città di Tamra non è un obiettivo militare. Non doveva finire così! È una cittadina araba-palestinese che rappresenta quella parte di popolazione araba nello Stato di Israele, gli Arabi del 1948, e oggi è stata colpita duramente. È la dimostrazione che il conflitto tra Iran e Israele non è più limitato: ha già travolto i civili. E se non lo fermiamo subito, travolgerà il mondo intero”, dichiara il Prof. Foad Aodi, medico, fondatore e Presidente Onorario di Co-mai, presidente di UMEM, direttore di AISC News e docente universitario.
L’appello delle comunità mediche e culturali: “Intervenite subito. Servono tregua e corridoi umanitari”.
“Non possiamo più parlare di escalation. Questa è una guerra già in atto, senza più distinzioni tra militari e civili, tra nord e sud. Serve un intervento immediato dell’ONU, dell’Unione Europea, della Lega Araba, delle potenze regionali. Serve un cessate il fuoco verificabile, l’apertura di corridoi sanitari e umanitari, e il rispetto assoluto del diritto internazionale”, dichiara ancora Aodi.
Le associazioni e i rispettivi Direttivi, con la voce di Aodi, chiedono:
• La convocazione straordinaria del Consiglio di Sicurezza ONU
• L’invio di osservatori internazionali nelle aree colpite
• La sospensione immediata di operazioni militari in particolare su aree civili
• L’attivazione di missioni mediche
Bilancio delle vittime (dati aggiornati):
Israele:
•24 morti, di cui 4 donne a Tamra e 7 persone a Bat Yam
•Circa 592 feriti, di cui 10 molti gravi
•Distruzione estesa in aree civili, tra cui quartieri arabi senza rifugi protetti
Iran:
•Circa 224 morti, tra cui numerose donne e bambini, in seguito ai raid aerei israeliani su Mashhad, Teheran e siti strategici
•Più di 650 feriti, inclusi medici, tecnici civili e personale degli aeroporti
•Blackout energetici e interruzioni delle comunicazioni nelle zone colpite.
“La mia Jaljulia sotto attacco, razzi anche vicino casa”: il dolore di Aodi per i familiari palestinesi nel centro di Israele
“Anche la mia città, Jaljulia, è sotto attacco. Sono in contatto continuo con i miei familiari: vivono nella zona centrale di Israele, vicino a Petah Tikva, e corrono nei rifugi o scuole o moschee ogni volta che suonano le sirene”. A parlare è Foad Aodi, che in queste ore segue con crescente preoccupazione l’escalation in corso.
“Purtroppo, in molti dei villaggi arabi del ’48, le persone cercano riparo nelle moschee, nelle scuole, ovunque sia possibile proteggersi. Sono iscritto ai gruppi WhatsApp di emergenza, attraverso i quali cerchiamo di dare consigli utili alle popolazioni civili”, spiega Aodi. “Sono addolorato per tutti quelli che vivono sotto le bombe, ma sono anche molto preoccupato per la mia famiglia”.
Proprio ieri, racconta, un frammento di razzo è caduto a pochi metri da Jaljulia, e anche le città vicine di Kafr Bara e Kafr Qasim, che fanno parte del cosiddetto Triangolo Arabo, sono finite sotto il fuoco. “Queste località si trovano nel cuore del Paese, a pochi chilometri da Petah Tikva, e sono abitate da cittadini arabi. Non erano mai state coinvolte fin ora”.
Solidarietà senza confini
Le associazioni firmatarie del comunicato e dell’appello ribadiscono la solidarietà alle vittime civili di tutte le nazionalità e religioni . Il dolore non ha passaporto. Non abbandoniamo, ad esempio, le popolazioni palestinesi in Cisgiordania e Gaza, dove registriamo morti tutti i giorni.
“Se non fermiamo ora questa spirale – conclude Aodi – non sarà solo il Medio Oriente a esplodere, ma l’intero sistema internazionale. Oggi piangiamo Tamra, domani potrebbe essere qualunque città del Mediterraneo, dell’Europa, del mondo. Il momento di agire è ora.”