“Ieri e Oggi, Partigiani della Costituzione” – Da Sel un 25 Aprile nel segno dell’uguaglianza
Questa mattina in via Verdi la celebrazione dei valori partigiani, di persone che hanno dato la loro vita per la libertà delle generazioni future.
Avellino – Il 25 Aprile del ’45 il Comitato per la Liberazione di cui faceva parte anche l’egregio e indimenticato Sandro Pertini ordinò a tutte le forze partigiane di attaccare le forze nazifasciste e di costringere il ‘cancro nero’ ad abbandonare il campo. Fu una giornata storica, intinta di un orgoglio tutto italiano, una battaglia in cui gli uomini compresero di essere tutti uguali e ugualmente liberi. Questo il senso di una festa, di una gioia che non può ridursi a un giorno rosso sul calendario. Una festa di uomini e di donne che oggi come ieri dovrebbero ritrovare l’orgoglio per rivendicare quei diritti costantemente calpestati dai quaquaraquà della politica.
Anche una parte della città avellinese questa mattina si è svegliata per ricordare, per rinsaldare una conquista che pare vanificarsi decreto dopo decreto. “Ieri e oggi – Partigiani della Costituzione”, è l’iniziativa promossa da Sel in via Verdi.Rappresentanti del partito e non solo hanno letto lettere, articoli della costituzione e interventi che rispecchiassero gli intenti della giornata, del clima che si respira nel Paese, partendo da una libertà che si assottiglia sempre più e si traduce nella riduzione quotidiana degli strumenti democratici.
Antonio Gengaro ha aperto la sequenza di letture, citando Giorgo La Pira: “riaffermare solennemente i diritti naturali — imprescrittibili, sacri, originari — della persona umana e costruire la struttura dello Stato in funzione di essi. Lo Stato per la persona e non la persona per lo Stato: ecco la premessa ineliminabile di uno Stato essenzialmente democratico. Il preambolo della Dichiarazione del 1789 possiede oggi, per tutta l’Europa, una attualità singolare: esso dice: «I rappresentanti del Popolo Francese, costituiti in Assemblea Nazionale, considerando che l’ignoranza, la dimenticanza o il disprezzo dei diritti dell’uomo sono le sole cause delle sventure pubbliche e della corruzione dei governi, hanno stabilito di esporre, in una Dichiarazione solenne, i diritti naturali, inalienabili, e sacri dell’uomo, affinché questa Dichiarazione, costantemente presente a tutti i membri del corpo sociale, rammenti loro continuamente i loro diritti e i loro doveri; affinché gli atti del potere legislativo e quelli del potere esecutivo, potendo essere in ogni momento paragonati con il fine di ogni istituzione politica, siano più rispettati; affinché i reclami dei cittadini, fondati d’ora innanzi su principi semplici ed incontestabili si rivolgano sempre al mantenimento della Costituzione ed alla felicità di tutti. Ebbene: la Dichiarazione dei diritti nella nostra nuova Costituzione deve avere appunto questa funzione: indicare quale è il fine di ogni istituzione politica: mostrare, cioè, che lo Stato deve costruirsi in vista della persona e non viceversa: ed indicare, con quanta più precisione e completezza è possibile, quali sono questi diritti essenziali ed originari dell’uomo, alla tutela dei quali deve volgersi l’apparato costituzionale e politico dello Stato. Ma per dare un solido fondamento a questa sua finalità giuridica e politica, la costituzione non può trascurare un’affermazione metagiuridica e metapolitica del valore della persona: esistono dei diritti naturali dell’uomo, esiste una anteriorità dell’uomo rispetto allo Stato, l’uomo ha valore di fine e non di mezzo perché la natura dell’uomo è spirituale e trascende, quindi, tutti i valori del tempo.Questa radice spirituale e religiosa dell’uomo è la base sulla quale soltanto è possibile solidamente costruire l’edificio dei diritti naturali, sacri ed imprescrittibili. Se questa base manca o crolla (crisi metafisica della persona) anche l’edificio che vi poggia viene a rovina (crisi giuridica e politica della persona): e quando questo edificio crolla — quando, cioè, le due crisi solidali della persona si verificano — lo stato totalitario prende ineluttabilmente il posto dello stato democratico”.
E’ stata poi la volta di Sara Zeccardo che ha invece ripreso le parole di Gustavo Zagrebelsky: “Ora non si tratta più d’idee, ma di numeri, di patti misteriosi che tengono o non tengono, di aperture o chiusure, cioè di strategie politiche. Interessa, invece, lo sfondo: ciò che crediamo di comprendere della nostra crisi e delle sue forme. Che valore hanno il tanto pervicace impegno per le riforme costituzionali e l’altrettanto pervicace impegno contro? Pro e contra, innovatori e conservatori. I pro accusano i contra di non voler assumersi le responsabilità del cambiamento che il momento richiede e di difendere rendite di posizione dissimulandole come difesa della Costituzione. I contra, a loro volta, accusano i pro di coltivare la vacua ideologia del nuovo e del fare a ogni costo, in realtà servendo interessi ai quali ostica è la democrazia. Le ragioni della divisione sono profonde, spiegano l’asprezza del contrasto e giustificano le preoccupazioni. Le costituzioni sono al servizio della legittimità della politica e una costituzione illegittima non può che produrre politiche a loro volta illegittime. Ma, la legittimità divisa è un concetto contraddittorio che porta in sé la radice della dissoluzione. La funzione delle costituzioni è conferire accettazione diffusa alle istituzioni e alle politiche che su di esse si fondano. La Costituzione che nascerà dalle condizioni presenti — se nascerà — sarà figlia di una legittimazione dimezzata e svolgerà solo a metà la sua funzione legittimante e, per l’altra metà, svolgerà una funzione delegittimante. Lo stesso è per la Costituzione ora vigente ma contestata — se sarà questa a sopravvivere ai riformatori —. In ogni caso, possiamo aspettarci un periodo di vita politica instabile e de-costituzionalizzata, cioè determinata più dai rapporti di forza e dalle convenienze che non dal rispetto d’un patrimonio di principi e regole del vivere comune. In parte è già così. Il processo è in corso da tempo. Ciò che una volta avrebbe creato scandalo, oggi è quasi generalmente accettato”.
A seguire Ciro Borrelli che ha letto la lettera del partigiano Giordano Davestro: “Cari compagni, ora tocca a noi. Andiamo a raggiungere gli altri tre gloriosi compagni caduti per la salvezza e la gloria d’Italia. Voi sapete il compito che vi tocca. Io muoio, ma l’idea vivrà nel futuro, luminosa, grande e bella. Siamo alla fine di tutti i mali. Questi giorni sono come gli ultimi giorni di vita di un grosso mostro che vuol fare più vittime possibile. Se vivrete, tocca a voi rifare questa povera Italia che è così bella, che ha un sole così caldo, le mamme così buone e le ragazze così care. La mia giovinezza è spezzata ma sono sicuro che servirà da esempio. Sui nostri corpi si farà il grande faro della Libertà”.
E ancora, in un lungo flusso di emozioni diverse, Erika Picariello che ha ripreso da partigiana della scuola il discorso di Piero Calamandrei: “Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora, il partito dominante segue un’altra strada. Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A quelle scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private”.
La parola anche ad alcuni ragazzi del centro dei richiedenti asilo di Mercogliano, tra cui Giangiao che ha letto gli articoli 3 e 10 della nostra costituzione per sottolineare, come giusto e sacrosanto, che ‘tutti i cittadini hanno pari dignità sociale’ e che ‘lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge’.
Accorata e densa di umanità, a compimento di questa mattinata di commemorazioni, la lettura di Dimitri, migrante ospite al centro di accoglimento di Mercogliano che ha riproposto il ‘Mare Nostro’ di Erri De Luca: “Mare nostro che non sei nei cieli e abbracci i confini dell’isola e del mondo, sia benedetto il tuo sale, sia benedetto il tuo fondale. Accogli le gremite imbarcazioni senza una strada sopra le tue onde, i pescatori usciti nella notte, le loro reti tra le tue creature, che tornano al mattino con la pesca dei naufraghi salvati. Mare nostro che non sei nei cieli, all’alba sei colore del frumento, al tramonto dell’uva di vendemmia, ti abbiamo seminato di annegati più di qualunque età delle tempeste. Mare nostro che non sei nei cieli, tu sei più giusto della terra ferma, pure quando sollevi onde a muraglia poi le abbassi a tappeto. Custodisci le vite, le visite cadute come foglie sul viale, fai da autunno per loro, da carezza, da abbraccio e bacio in fronte di madre e padre prima di partire”
Questo è il senso di oggi. ‘È questo il fiore del partigiano morto per la libertà’.
Francesca Contino