Chiamate dal carcere di Salerno per estorsioni
Di Giacomo (S.PP.), dalle celle comandano ancora e sempre loro
“Le estorsioni attraverso telefonate dal carcere, come quelle accertate nei confronti di un detenuto a Salerno appartenente al clan Zullo, sono diventate frequenti a conferma di quanto ripetiamo da tempo: l’attività di sicurezza dei cittadini comincia dal controllo delle carceri impedendo a clan camorristi e mafiosi, anche da detenuti, di intimidire le proprie vittime”.
Così il segretario generale del S.PP. Aldo Di Giacomo ricordando che già a fine ottobre 2024 sempre nel carcere di Salerno la Direzione Distrettuale Antimafia di Salerno ha condotto un’inchiesta analoga su videochiamate di detenuti camorristi per indurre le vittime dell’estorsione a pagare.
A otto mesi di distanza la vicenda si ripete a riprova che dalle celle comandano ancora e sempre loro, i clan e le organizzazioni criminali.
“Con l’ampia diffusione di telefonini anche di ultimissima generazione e tecnologici le minacce, le estorsioni come gli ordini agli uomini dei clan sui territori e persino di omicidi – aggiunge – sono di ordinaria amministrazione. L’effetto immediato è quello di incutere paura e al tempo stesso di scoraggiare la collaborazione con magistrati e forze dell’ordine. La prima conseguenza di tutto questo è la forte riduzione di collaborazione con inquirenti e magistrati: scoraggiati da questo andazzo in poco tempo appena il 7-8% è disponibile alla denuncia di estorsioni e crimini. È da tempo che denunciamo che nel carcere con i sempre più numerosi telefonini in circolazione non si girano solo creativi filmati e di musica neomelodica per tiktok”.
“È il caso di ricordare a chi nell’Amministrazione Penitenziaria ha la memoria corta – afferma Di Giacomo – i numerosi casi scoperti negli ultimi mesi, persino di summit di mafia comodamente dalle celle via Skype, videochiamate per impartire ordini nei mandamenti, richieste estorsive, minacce per ritirare denunce. Se non fosse per l’incessante opera del personale penitenziario i rifornimenti di telefonini soprattutto con l’impiego di droni trasformerebbero gli istituti in centrali telefoniche e supermarket della telefonia mobile. Solo l’Amministrazione Penitenziaria, il Parlamento, la politica non se ne accorgono non affrontando radicalmente la situazione e accogliendo la nostra proposta di inasprimento delle pene per i detenuti trovati in possesso di telefonini, senza possibilità di concedere alcun tipo di beneficio. Mettiamoci semplicemente nei panni di chi ha subito l’uccisione di una figlia, una violenza, una rapina che riceve telefonate di minaccia da un carcere per rendersi conto del sentimento di forte indignazione e più che legittima rabbia che serpeggia. Per affrontare questa situazione, oltre a rafforzare il personale penitenziario dotandolo di mezzi adeguati ad intercettare le telefonate, è necessario ridurre il sovraffollamento per consentire di concentrarci sui detenuti più pericolosi”.