Lavoro, Livolsi: Il vero problema in Italia sono gli stipendi troppo bassi

Salari in calo dal 1990, produttività stagnante e fuga dei giovani minacciano la crescita economica e il futuro del Paese

8tJ-cjTyiS01“Nelle ultime settimane si è tornati a parlare molto di lavoro, in vista dei referendum che si sono tenuti domenica e lunedì scorsi. Non entriamo nel merito dell’esito del voto, del mancato raggiungimento del quorum o del valore dei quattro quesiti proposti nella fattispecie – reintegro nei licenziamenti illegittimi, indennità per licenziamenti nelle piccole imprese, obbligo di causale per i contratti a termine, responsabilità del committente negli appalti in caso di infortuni – ma vogliamo concentrare l’attenzione su un nodo strutturale del mercato del lavoro in Partners S.p.A..

“Secondo l’Ocse – continua - l’Italia è l’unico Paese europeo in cui i salari reali medi, nel 2020, risultavano inferiori rispetto al 1990, con una contrazione del 2,9%. La tendenza si è aggravata nel 2022, quando i salari reali hanno registrato un ulteriore calo del 7,3% rispetto all’anno precedente. I dati Inps del 2023 confermano che oltre 10,9 milioni di lavoratori dipendenti nel settore privato hanno guadagnato meno di 25.000 euro lordi all’anno. Più di 6 milioni di questi non hanno superato i 15.000 euro lordi, cioè meno di 1.000 euro netti al mese. I salari bassi comprimono la capacità di spesa delle famiglie. Secondo l’Istat, nel 2023 i consumi finali – cioè, la spesa delle famiglie e della pubblica amministrazione – hanno rappresentato il 78,8% del Pil italiano, mentre la sola spesa delle famiglie residenti ha inciso per circa il 58%. In un’economia fortemente dipendente dalla domanda interna come quella italiana, questo pesa direttamente sulla crescita economica.”

“Anche dal punto di vista demografico l’impatto è evidente - dice ancora Livolsi – Nel 2024, come riportato dall’Istat, oltre 156.000 italiani hanno lasciato il Paese, a fronte di soli 53.000 rientri. Il saldo è probabilmente sottostimato: secondo la Fondazione Nord Est, tra il 2011 e il 2023 si registrano 550.000 cancellazioni anagrafiche di giovani under 35, ma considerando che solo uno su tre aggiorna la residenza, si stima che oltre un milione di giovani abbiano lasciato l’Italia in dieci anni. Da docente all’Università Link, constato quanto il Paese si impoverisca quando i suoi giovani più preparati scelgono di andarsene. Il legame tra bassi salari e produttività è diretto. Stando ai dati dell’Istat, la produttività misurata come valore aggiunto per ora lavorata è diminuita del 2,5% nel 2023, la crescita media annua nel periodo 2014-2023 è stata dello 0,5%, mentre su un periodo più lungo, dal 1995 al 2023, si ferma allo 0,4% contro l’1,1% della media Ue.”

“Se la produttività resta ferma, le imprese hanno poco margine per aumentare i salari, ma senza investimenti su tecnologie, organizzazione e capitale umano, questa situazione rischia di consolidarsi. Il problema non è solo creare occupazione, ma dare al lavoro un riconoscimento adeguato. Se non si interviene sulla produttività, sulla formazione e sulla distribuzione della ricchezza prodotta, il lavoro in Italia continuerà a valere meno di quanto dovrebbe” conclude Livolsi.

 

Source: www.irpinia24.it