DDL sulle carni sintetiche: si incentivi la ricerca, ma nel frattempo si preservi la sicurezza alimentare
Meritocrazia Italia plaude all’iniziativa, sulla convinzione che il benessere dei cittadini passi anche dal consumo di cibi non ultra processati
È approvato in prima lettura al Senato il disegno di legge che vieta la produzione e l’immissione sul mercato di ogni alimento e mangime proveniente da colture cellulari (carni coltivate e synthetic food). Il provvedimento, che nasce da una petizione pubblica a largo riscontro, passa ora all’esame della Camera. Gli obiettivi sono quelli di tutela delle diversità e delle caratteristiche tipiche dei territori. Il decreto punta a mettere in luce il valore del legame tra cibo e cultura e del Made in Italy agroalimentare, con difesa a un tempo di imprese e benessere dei cittadini. La priorità sembra essere la qualità degli alimenti. L’Italia è, meritoriamente, il primo Stato dell’Unione ad adottare un provvedimento di questo tipo, sebbene comunque l’Autorità europea per la sicurezza alimentare non abbia autorizzato l’immissione in commercio di alcun prodotto di carne sintetica.
Meritocrazia Italia plaude all’iniziativa, sulla convinzione che il benessere dei cittadini passi anche dal consumo di cibi non ultra processati e preferibilmente prodotti in Italia, con la garanzia di possedere determinate qualità. L’idea diffusa è che la produzione di carne sintetica possa avere un impatto ambientale inferiore a quello proprio degli allevamenti bovini, ma i risultati delle ricerche effettuate indicherebbero che a oggi la carne coltivata produce emissioni tra le 4 e le 25 volte più elevate rispetto a quelle prodotte dalla carne bovina allevata, e comporta un maggiore consumo di acqua ed energia. Meritocrazia invoca verità, e soprattutto prudenza rispetto alle strategie messe in atto dalle multinazionali del food, che, attraverso mirate operazioni di marketing, puntano a modificare stili alimentari naturali fondati sulla qualità e la tradizione.
Le produzioni non sono ancora su larga scala, e le stime relative all’impatto ambientale potrebbero non essere definitive. Si investa allora nella ricerca. Nel frattempo, si preservino la sicurezza alimentare, la qualità di vita dei cittadini e l’impegni delle imprese agroalimentari italiane, anche mediante la promozione delle buone pratiche di consumo italiane.