Avellino ricorda l’ex sindaco Antonio Di Nunno

Un dibattito ricco di interventi per ricordare l'ex sindaco di Avellino a cinque anni dalla sua scomparsa

mmAvellino – Nel quinto anniversario della scomparsa dell’ex primo cittadino di Avellino, Antonio Di Nunno, il giornale “L’Irpinia” e il suo comitato promotore composto da Michele Candela, Antonio Carrino, Nunzio Cignarella, Antonio Gengaro, Ugo Santinelli, Amalio Santoro e Carlo Silvestri, hanno organizzato un incontro tenutosi presso la Sala Blu dell’ex Carcere Borbonico di Avellino, sul tema “La stagione dei sindaci”.

Dopo i saluti del sindaco di Avellino, Gianluca Festa, che definisce Di Nunno come una persona precisa, integerrima e onesta, con grandi capacità amministrative e in grado di mantenere una propria autonomia, interviene Generoso Picone, giornalista de «Il Mattino», ma soprattutto Vicesindaco e Assessore nelle giunte presiedute da Antonio Di Nunno. Ricorda “la stagione dei sindaci” come un momento in cui grazie alla legge 25 marzo 1993 n. 81 ci fu per la prima volta, in Italia, l’elezione diretta del sindaco che poteva gestire autonomamente l’organizzazione della propria giunta: “È una fase che nasce dopo un punto di crisi deflagrante dell’idea politica in Italia: prima del ’93 c’è stato il referendum del ’91 sulla preferenza unica e nel ’92 l’arresto di Mario Chiesa, il punto più basso che la politica italiana ha vissuto in quella fase. Entra fortemente in crisi l’idea di rappresentanza: i partiti in quel periodo vivono la loro stagione peggiore. Il valore politico della stagione dei sindaci fu proprio quello di saper interpretare i bisogni del territorio: si parlava di città come un luogo strategico da cui parte la politica, come luogo che componeva lo schema complessivo e i sindaci sono il vero fronte su cui la politica deve organizzarsi”. Ricorda, inoltre, Di Nunno come un sindaco dentro la comunità attento a temi fondamentali: ambiente, rifiuto, servizi, la città ospedaliera, il teatro comunale.

Amalio Santoro, consigliere comunale e, in quegli anni, segretario provinciale del Partito Popolare Italiano, che ispirò la stagione dei sindaci, specifica come Di Nunno sia l’esempio lampante che: “Si può fare politica con assoluta donazione, si può assumere una responsabilità senza deluderla, si può attraversare il poter senza rimanerne mai immischiati”. Confermando il pensiero di Picone, Santoro considera la “stagione dei sindaci” come una stagione capitata quasi per caso, come conseguenza inevitabile di ciò che era avvenuto prima: “Si faceva i conti con una frattura storica, con la crisi epocale dei partiti, non più capaci di essere alternativi a se stessi. Ci ha salvato proprio l’elezione diretta che ha rappresentato una boccata di ossigeno per la democrazia italiana perché da un lato affidava ai sindaci maggiore libertà e dall’altro restituiva alla politica slancio e credibilità. Non c’è dubbio che quel tempo ci ha lasciato un eredita preziosa.” Consapevole che la politica attuale stia attraversando un periodo buio e incerto, conclude il proprio intervento con un importante auspicio, che è quello di ripartire: “Resta la sfida di restituire alla politica autorevolezza e dignità”.

dddConclude i lavori Antonio Bassolino, tra i principali artefici di quella stagione nel Mezzogiorno e nel Paese durante il suo doppio mandato alla guida del Comune di Napoli. Soffermandosi sui ricordi di gioventù che lo legano all’Irpinia e sul forte legame che lo legava a Di Nunno, nota con profondo rammarico che: “Spesso la politica è un deserto dei rapporti umani. In realtà, una sua caratteristica dovrebbe essere proprio la capacità di avere e mantenere rapporti umani anche nei momenti più delicati e difficili” . Prende, poi, in esame quella che, a suo parere, è la figura istituzionale più importante di tutte: “Un sindaco è sempre il sindaco, sia nei momenti belli che in quelli brutti; è la figura istituzionale più delicata di tutte. Un Comune deve essere concretezza, pensare alla manutenzione, al verde, al welfare, ai trasporti pubblichi ma soprattuto all’urbanistica, che è il primo dovere”. Come gli altri intervenienti, specifica che dopo la legge n. 81 del 25 marzo del 1993 che introdusse, fino al 1996, l’elezione diretta dei sindaci vi furono mutamenti significativi: “Dietro questa legge si pongono processi profondi e grandi fatti: a mio parere, il principale fatto è il crollo del muro di Berlino del 1989 in cui muta tutto, in primo luogo quel delicato rapporto internazionale e nazionale che ha retto le vicende italiane dal 1946 in poi. La stessa Tangentopoli è inimmaginabile senza il 1989; la stessa Lega comincia la sua ascesa proprio dopo il 1989″. Anche Bussolino, ponendo sulla stessa linea degli altri intervenienti, definisce l’elezione diretta dei sindaci come una risposta positiva alla crisi della politica di quegli anni: “È la prima rilegittimazione della politica e delle istituzioni dopo tutto quello che avviene dal ’91 al ’93 e spinse tutti a necessarie novità: collaborazione istituzionale, rapporti tra sindaci e presidenti di Regione e sinergia tra sindaci di sud centro e nord”. In conclusione, si sofferma su un problema fondamentale che caratterizza la società italiana, l’invecchiamento demografico: “È invecchiato il paesaggio umano; la Campania era la Regione più giovane d’Europa; ora tutte le previsioni dicono che, se vi sarà un mutamento, di qui a venti anni questo cambiamento antropologico rischia di diventare drammatico”. 

Al termine del convegno è stato consegnato il Premio D’Onofrio nell’edizione speciale 2020 al compositore Mario Cesa, «per la sua poetica assolutamente originale, che consiste nel metabolizzare la ritualità della musica popolare, trasfigurata in una scrittura e in un linguaggio colto». Questa la motivazione per la quale i promotori hanno scelto di assegnare tale premio proprio al maestro Mario Cesa.

Source: www.irpinia24.it