Privatizzazione e società mista: i rischi incombenti sulla gestione dell’acqua
Conferenza stampa al Circolo della Stampa sulla recente approvazione del Decreto Crescita
Avellino – La gestione pubblica dell’acqua e il rischio di privatizzazione di un bene demaniale: un bene che, come ribadito dall’art. 144 del d. lgs. n. 152/2006 (noto come “Codice dell’ambiente”), appartiene al popolo e non può essere ceduto a una società privata. Il dibattito sul tema continua, alla luce del recente accordo tra M5S e PD sull’approvazione del Decreto Crescita, grazie all’impegno del Coordinamento Regionale dell’Acqua Pubblica e, in particolare, della sua referente Giuseppina Buscaino.
Nel corso della conferenza stampa, tenutasi questa mattina presso il Circolo della Stampa, la Buscaino ha ripercorso tutte le tappe che hanno portato le varie forze politiche a trovare il compromesso. “Nel 1947, il Governo De Gasperi istituì l’EIPLI (Ente per lo Svluppo dell’Irrigazione e la Trasformazione Fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia, ndr), l’ente che gestisce le grandi opere idrauliche tra Puglia, Campania e Basilicata” spiega la referente del Coordinamento Regionale. “Nel dicembre 2011, il Governo Monti ha soppresso e commissariato quest’ente, con il decreto legge n. 201/2011. Ora, l’attuale governo, procedendo sulla stessa via neoliberista di Monti, ha dato attuazione a quanto disposto dall’articolo 24 del Decreto Crescita (decreto legge n. 34/2019), intitolato ‘Sblocca investimenti idrici del sud’, in cui si prevede il trasferimento delle infrastrutture a una neocostituita società per azioni e, quindi, a un ente di diritto privato”.
“A sollevare la questione relativa all’accordo tra le forze politiche è stato il Sole 24 Ore, in un articolo dello scorso 1 dicembre. Siamo venuti a conoscenza del progetto di costituire una grande società multiutility, sul modello di società misto pubblico-privato” continua la Buscaino. Ad agevolare questo processo, vi sarebbe anche l’attuazione di quanto disposto dalla legge regionale n. 15 del 2015, che prevede il superamento della dimensione territoriale della gestione dell’acqua, con la conseguente definizione di ambiti regionali e sovraregionali e con la conseguente eliminazione di qualsiasi possibilità di controllo e partecipazione delle comunità e dei Comuni. “In questo modo, si lascia campo libero al mercato: non solo il referendum non esiste più, ma il Movimento 5 Stelle ha perso la sua prima stella, quella dell’acqua pubblica” commenta con rammarico la Buscaino.
Il rischio di privatizzazione dell’acqua resta dunque alto, anche in Irpinia, nonostante i recenti incontri che hanno visto comitati, associazioni e rappresentanti istituzionali confrontarsi sulla questione dell’Alto Calore e riaffermare l’importanza della gestione pubblica del bene. Secondo la Buscaino: “Istituire una società per azioni per la gestione dell’Alto Calore significa privatizzare l’ente. Il nostro obiettivo è quello di ribadire l’acqua pubblica: a noi non interessano logiche di partito che non portano a niente, se non a peggiorare la situazione”.