Avellino – “Giornalisti all’inferno” di Andrea Manzi

Romanzo noir su un giornalista accusato di omicidio

btyAvellino - Si è tenuta questo pomeriggio, presso il Circolo della Stampa, la presentazione del libro “Giornalisti all’inferno” di Andrea Manzi, giornalista e fondatore del quotidiano più venduto a Salerno “La Città”. All’incontro, moderato dal direttore Delta3 edizioni Monia Gaita, hanno partecipato il giornalista e scrittore Aldo De Francesco, il direttore de “Il Quotidiano del Sud” Gianni Festa, lo scrittore Paolo Saggese e Norberto Vitale, giornalista ANSA.

“Giornalisti all’inferno”, edito da Europa Edizioni, è un racconto noir incentrato sulla storia di un giornalista cinquantenne di nome Carlo, con una condizione psicologica difficile, che si ritrova ad essere accusato di un omicidio avvenuto trent’anni prima a Villa, paese immaginario. Carlo finisce nella lista dei sospettati a causa di una pistola rinvenuta dagli inquirenti sul luogo del ritrovamento del corpo la quale reca le sue impronte. Corpo che viene riportato alla luce da tre individui misteriosi che effettuano lo scavo. Da qui, Carlo cerca di trovare il modo per far cadere le accuse a suo carico perché quella pistola l’aveva gettata in quel cantiere edile dopo aver tentato di togliersi la vita in preda ad una crisi depressiva.

Andrea Manzi, che oltre alla sua professione di giornalista è conosciuto anche come autore di testi teatrali e di raccolte poetiche, ha affermato: “Ho cercato di smascherare il simbolo del giornalista e vedere dietro l’apparenza e le contraddizioni l’aspetto umano e umanistico. Il protagonista è un antieroe contemporaneo perché è un uomo inetto, sconfitto, fallito che stenta ad entrare nella società. E qui nasce l’infelicità. Ma alla fine c’è il riscatto perché il protagonista ritrova la felicità negli affetti, nella privatezza, nel desiderio di uscire fuori dal conformismo della professione. Carlo è chiuso nella sua identità ma ha questa aspirazione al realismo. Credo che tutto il romanzo si pone in questa dialettica che porta un giornalista che poteva essere di successo ad essere spettatore del mondo. Ma, in questo modo, acquista quella unitarietà di pensiero e quella dignità affettiva che lo rende ricco ed autosufficiente”.

 Aldo De Francesco ha definito il libro: “Un romanzo sorprendente per la presenza dei colpi di scena. Non dobbiamo intestardirci a capire a quale genere appartenga perché il libro è allo stesso tempo prosa, poesia e teatro. Tutte le branche che Andrea Manzi ha trattato e tratta nella sua vita. Carlo rappresenta l’uomo contemporaneo e possiede tutte le patologie del nostro tempo come la nevrosi. E’ un uomo debole, soggetto a molti rischi. Carlo diventa vittima della società ma, allo stesso tempo, riesce a dominarla grazie al confronto con l’ex moglie con cui continua ad avere un rapporto nonostante la separazione convinta. Ma la moglie è enigmatica e infedele. L’importanza di questo libro sta nella condanna della società contemporanea, che ha perso i suoi riferimenti e in cui l’uomo diventa indifeso. Nel libro si sviluppano due processi. Uno è quello della magistratura, che non riesce a risolvere il delitto; l’altro è quello dell’autore che condanna la società e il mondo dei giornali”.

Anche Paolo Saggese ha dato la sua interpretazione del romanzo: “Il noir è fondato sull’intrigo, sulla complessità e sul mistero. Infatti, il lettore esce dal libro senza nessuna certezza. L’altro elemento fondamentale è la metafora dell’inferno. Ci sono dei micro inferni: la canonica, il giornale, la mente di Carlo, la società dove ci sono la corruzione e i sacerdoti ambigui, dove tutti fingono e organizzano un inganno ad eccezione di Carlo. Al di là di tutti questi inferni, il vero inferno è l’infelicità degli uomini. Secondo me, il libro è autobiografico nel senso alto ed è una sorta di racconto della scoperta, paradossalmente, della felicità che io vedo nella dedica a Carmine Maria e nella conclusione, la lettera a Lorenzo. La guarigione di Carlo avviene nel momento in cui comprende che ci si può liberare del male di vivere quando amiamo veramente. E quell’amore Carlo lo ritrova nel figlio”.

L’autore non smette di sorprenderci. Davanti all’impennarsi del dramma del protagonista, cerca con pervicacia di opporre una reazione. Carlo vuole provare la sua innocenza contro lo stuolo dell’ipocrisia e il bacino dei complotti. Ma ecco che alla fine Carlo impugnerà uno sterzo di rinascita. Sembra quasi che lo scrittore voglia dirci nulla è scontato, che la prevedibilità non è la regola, che anche una plenitudine inattesa può pullulare improvvisa dentro il vuoto” ha commentato Monia Gaita.