Aldo di Giacomo, considerazioni sull’arresto di Di Lauro
Il segretario generale del S.PP. ritiene che la lotta alla criminalità deve continuare nel carcere
“Bene la cattura di Marco Di Lauro. Ma chi ci dice che ‘non si sia fatto arrestare’ perché si è più sicuri in carcere, rispetto alla faida tra i fedelissimi del clan e coloro che hanno deciso di mettersi in proprio e per questo definiti i ‘girati’ o gli ‘scissionisti’, una faida sanguinosa che ha già prodotto decine di morti?”. È l’interrogativo che si pone il segretario generale del S.PP. (Sindacato Polizia Penitenziaria) Aldo Di Giacomo, sostenendo che “comunque Di Lauro non dovrebbe trovarsi a Poggioreale.
Non è certo un mistero che da questo come da tante altre carceri italiane boss e capi clan continuano ad impartire ordini agli uomini che sono fuori. Secondo i dati più aggiornati al 2018, è di 937 il numero totale di cellulari e sim ritrovati nei 190 istituti italiani. Quasi due per ogni carcere. Con un aumento del 58,22 per cento rispetto al 2017 (quando i cellulari e/o sim rinvenuti furono 426). Numeri che purtroppo non indicano fedelmente la situazione.
Questo significa – aggiunge – che per i capi delle organizzazioni criminali è una consuetudine diffusa impartire ordini con i telefonini o comunque far arrivare fuori dalle celle “pizzini”. E poi – dice ancora Di Giacomo – se qualcuno pensa che Di Lauro resterà a lungo in carcere si sbaglia di grosso: ogni sei mesi esce uno dei 1.748 ergastolani dell’attuale popolazione carceraria che ha commesso atroci delitti. Con il risultato che i familiari delle vittime se lo ritrovano davanti casa.
Noi insistiamo a non persistere in atteggiamenti ‘buonisti’ e permissivi nei confronti dei detenuti sottoposti al 41 bis magari con l’illusione di bloccare i ‘pizzini’ e gli ordini che i boss dalle celle impartiscono comodamente con il telefonino perché la lotta alla criminalità non finisce con gli arresti – che determinano un carico di lavoro per il personale di polizia penitenziaria ampiamente sotto organico in tutti gli istituti di pena e un’ulteriore situazione di stress- ma deve continuare nel carcere”.