Bologna – “Tris – Scambi di confine”
Martedì 12 febbraio 2019, dalle ore 16.00 alle ore 19.00, sarà inaugurata la mostra
Bologna – L’impianto dell’esposizione “TRIS – SCAMBI DI CONFINE A CASTEL SAN PIETRO TERME”, curata dal sociologo e critico d’arte Maurizio Vitiello, prevede tre artisti di respiro internazionale, che potranno dialogare tra di loro. Luisa Bergamini (Bologna) presenta opere del suo vissuto artistico e le sue monografie; da validissima operatrice, con varie esposizioni di livello, è stata eletta, quindi, a referente colloquiante della Regione Emilia – Romagna con le altre due artiste del Messico e della Campania. Le tre artiste vantano un largo giro di esposizioni in locations istituzionali, tipo musei e gallerie pubbliche, per offrire punti di vista. Ben si comprende che questa singolare collettiva a tre, in cui si battono tracce e si rilevano evocazioni, illustra e chiarisce aspetti dell’arte contemporanea, tuttora, in essere; insomma, vivi e vitali sono le flessioni tecno-linguistiche presenti, che si rincorrono su un “fil rouge” di richiami e correlazioni, nell’intenzione di offrire una cortina-vetrina di orizzonti agiti; quasi un serrato ventaglio, lecito, legittimo, fresco, palpitante e, oltremodo battente, di “scambi di confine”.
Le nuove piste di produzione, di significativo profilo qualitativo, fanno emergere la partecipazione e il contributo di queste artiste sull’arte odierna nelle diverse segmentazioni delle declinazioni linguistiche. Da segnalare che le due artiste Luisa Bergamini e Maria Pia Daidone sono state presenti alla Galleria Comunale d’Arte Contemporanea di Castel San Pietro con “Attraversamenti Convergenti”, dal 6 al 28.12.2008, di cui facevano parte anche Lucia Buono, Umberto Esposti, Biagio Longo, Dante Mazza, Nabil, Monica Pennazzi, Angela Rapio, Myriam Risola. La bravissima artista Luisa Bergamini riesce con opere di classe a farci percepire la sua sensibilissima anima di artista, sempre attenta all’intimo sentire, che recepisce il passato per vincere su un futuro, qualunque esso sia. Dilatazioni psicologiche afferiscono a eleganti ventagli dimostrativi. Da precisare che il denominatore comune della sua opera è stato sempre “l’analisi del contenitore”.
I primi contenitori assumevano le forme di “TECHE”, rigorosamente monocrome, bianche o nere, che celavano al loro interno preziosi camici bianchi, intonsi. Le pieghe inferte a queste carte rimanevano dotate di un rigore morale e puntiglioso, rinchiuse nelle teche come a volersi sottrarre a ogni tentativo di profanazione. Poi, “I CASSETTI”, come contenitori di documenti, fotografie, finestre aperte sullo “spazio della memoria”, efficaci testimoni silenziosi di una dimensione, quasi irreale con pregnanze metafisiche, ma con vena sicuramente surrealista, che li avvicinano al mondo di Paul Delvaux e di Renè Magritte. A questi percorsi, dagli anni ‘90 ad oggi, hanno fatto da contraltare elementi sottratti alle teche, dove le micro-sculture monocrome costituivano sagome di indumenti sartoriali. Questi elementi-abiti arrivano a simboleggiare il contenitore per eccellenza, poiché, dentro noi, troviamo rifugio e la possibilità di opporre e vivere una maschera. Ora questi “moduli sartoriali”, dall’artista definiti “MODELLI”, riescono ad offrire sagome che possono essere utilizzate per creare abiti da indossare. Insomma, questi involucri sartoriali sono pure “Contenitori del nostro Ego”. La centralità egotistica cerchiamo di nasconderla attraverso gli indumenti, manifestando solamente ciò che vogliamo. Il vestito è una linea-maschera, può difendere. Copre il timore di apparire nella nostra nudità psicologica, che siamo, più o meno sempre, impegnati a celare per preservarci dalla curiosità e rassicurarci nel sentirci inviolabili. Indubbiamente, nei sottili distinguo di “look”, la mano dell’artista fa precipitare composizioni risolutive cariche di complicità col domani.