Presentato a Villa Amendola “Le cose di prima”

Savarese: "Un percorso di grande riscatto per tutti coloro che sono costretti su una sedia a rotelle"

thumbnail_20181011_182658Avellino – Dopo il successo del primo appuntamento proseguono i “Cantieri Culturali Permanenti” promossi dall’Amministrazione Ciampi e curati dall’Assessore alle Politiche Culturali Michela Mancusi. Oggi pomeriggio nello splendido edificio storico di Villa Amendola, dopo i “Cantieri”, si è svolto il primo incontro della rassegna “Pensieri Abitati”: a discutere con Eduardo Savarese, autore del romanzo “Le cose di prima”, l’assessore Mancusi e il giornalista de “Il Mattino” Gianni Colucci, mentre l’attore irpino Salvatore Mazza ha intervallato la presentazione del libro con la lettura di alcuni brani scelti del romanzo di Savarese.

La rassegna “Pensieri Abitati” è parte di un più ampio progetto che copre un arco temporale che va da ottobre a novembre, durante il quale si terranno incontri su tematiche che spazieranno dalla filosofia, all’antropologia e alla sociologia, dando lustro ad affermati protagonisti del mondo dell’editoria che si confronteranno con un pubblico che mi auguro sia vasto ed eterogeneo” – afferma la delegata alle Politiche Culturali di Palazzo di Città.

Eduardo Savarese vive a Napoli ed è un magistrato e studioso di diritto internazionale. Ha pubblicato il racconto “Cicatrici” nella raccolta La città difficile (2006), “Ostie consacrate” nella raccolta Fughe e altri racconti (2009), e “Il rumore dei tacchi” nella raccolta Un tappo nelle nuvole e altri racconti ( 2007), con il quale è stato finalista al premio Arturo Loria 2007. Tiene corsi di scrittura creativa per diversamente abili presso l’associazione Onlus “A Ruo­ta Libera”. Inoltre collabora con Il Foglio e Il Corriere del Mezzogiorno.

Nella vita di Simeone, un adolescente colpito da distrofia muscolare, i tratti del melodramma sembrano aver preso il sopravvento. La malattia si rivela in tutte le sue penose limitazioni e in tutti i suoi contrasti -l’inerzia forzata e il desiderio di crescita, il bisogno di essere amato e il decadimento che inquina la dinamica dei sentimenti, l’incolpevolezza e il peso delle fratture causate ai rapporti familiari- mentre le ‘cose di prima’ appaiono ormai improbabili. “Il romanzo ricalca la struttura di un dramma lirico diviso in parti e scene e ad ogni personaggio è associata una voce – spiega Savarese – Credo che la mia passione per la lirica abbia influito molto sul mio modo di scrivere la prosa: il melodramma presenta un tasso di emotività altissimo ed è proprio da esso che attingo il coraggio di essere così emotivo, contro le logiche di una politica editoriale che punta su un lavoro di ribasso, rassicurante, che non disturba“.

Sul suo palcoscenico la madre di Simeone è un contralto, la voce stanca e nevrotica di chi vorrebbe riprendere a vivere ma non ci riesce. Pierotta, soprano, è la ragazza depressa e instabile con cui Simeone duetta. Filippo, il baritono, è il professore che gli illustra i misteri della fisica quantistica, nei quali è forse annidata una speranza di salvezza. “Mi sono avvicinato per puro caso alla fisica quantistica, la quale si fonda sul principio di indeterminazione – continua l’autore – E’ un mondo in cui non domina la certezza bensì la probabilità: in tal senso trovo che la teoria dei quanti abbia una notevole capacità liberatoria nella decodifica di quanto accade nelle nostre vite“.

Il grande assente è il tenore, Thomas, il padre di origine siriana che ha abbandonato suo figlio: è il suo abbraccio che Simeone non smette di rincorrere per sapere se è un disertore o un eroe, e se davvero esistono legami così forti da ridefinire le leggi della fisica. “Il personaggio di Simeone è ispirato a un ragazzo che faceva parte dell’Associazione di cui sono vicepresidente - sottolinea Savarese - I diversamente abili non sono abituati ad esprimere ciò che sono: è come se i limiti della malattia li rendano ‘ostaggio degli altri’ dai quali dipendono. Eppure, una volta fatta riemergere la loro voce, essi non hanno i filtri che abbiamo noi”. “Ritengo che quello fatto dal protagonista del libro possa essere un percorso di grande riscatto per tutti coloro che sono costretti su una sedia a rotelle” – conclude.

Come ha scritto Julian Barnes, “soltanto il melodramma riesce ad andare dritto alla meta, e a rammentarci l’essenziale“.

 

Source: www.irpinia24.it