Rivivere la guerra: il fronte interno raccontato da una nonna

La guerra da un'altra prospettiva: Umanità, coraggio e forza di volontà, nei ricordi emergono e animano il racconto, così come in guerra garantirono spesso sostentamento e sopravvivenza.

donneLo scoppio del conflitto; giornate frenetiche di colpi, di sangue e macerie; le trincee; gli schieramenti e i soldati: quali furono gli effetti della guerra sulla vita quotidiana? I racconti di mia nonna che, bambina ha vissuto lo scempio e la violenza della seconda guerra mondiale, rievocano il clima di sofferenza e di speranza che le donne e i bambini rimasti a casa affrontavano quotidianamente. Assistenza ai combattenti, assistenza alle famiglie dei combattenti, assistenza ai figli dei combattenti, assistenza ai mutilati e agli invalidi, assistenza ai fuoriusciti furono previste da una politica di aiuti, che si espresse nell’impegno decisivo e costante che il fronte interno, appunto, investì nel trasferire ai soldati la solidarietà morale e materiale di tutto il Paese.

Con lo scoppio della guerra fu evidente fin da subito che la vita quotidiana delle famiglie in ogni punto dell’Italia sarebbe stata stravolta. Dopo il primo anno di partecipazione dell’Italia alla guerra, apparve chiaro che la vittoria non dipendeva soltanto dallo sforzo bellico al fronte, ma dall’impegno e dalla coesione di tutto il Paese, che doveva sostenere la mobilitazione generale. La stampa esortava l’opinione pubblica al sacrificio e alla dedizione in nome del dovere verso la patria, sottolineando l’apporto che ciascun cittadino poteva offrire, sia moralmente che economicamente, per il raggiungimento della vittoria finale.

Svanite le velleità di una facile vittoria, venne la presa di coscienza che il conflitto in atto comportava un costo altissimo in termini di vite umane e che centinaia di migliaia sarebbero stati i feriti, i mutilati, gli orfani di cui la società doveva farsi carico: “Nessuno vorrà che a guerra finita, passata la prima ondata d’entusiasmo per il sogno finalmente avverato, spenta l’eco delle musiche di vittoria, si vedano nelle nostre strade mendicanti, i miserabili avanzi di una guerra gloriosa. Non così l’Italia vorrà compensare i suoi martiri: né si contenterà di pagar loro miseramente quel braccio, quella gamba che hanno perduto per Lei. L’Italia vuole, con tutte le forze generose della sua civiltà, la riabilitazione, la redenzione dei suoi eroi, vittime spesso d’inaudite barbarie”.

I giornali locali dell’epoca testimoniano che fu fondamentale il ruolo delle donne non solo per portare avanti il duro lavoro nei campi, ma anche nelle scuole, negli ospedali, sui campi di battaglia, sempre accanto ai più deboli.

Una delle forme di assistenza che interessò a lungo l’attività femminile fu quella degli orfani di guerra. In Cadorna si legge: “Attività maschile e femminile nell’organizzazione, ma soprattutto femminile nell’assistenza, poiché la donna sa allargare la sua maternità, più che l’uomo non sappia la sua paternità. Inoltre, la madre, se energica, se completa, può sostituire nell’educazione il padre, mentre questi, generalmente, per quanto tenero e intuitivo, potrà difficilmente sostituire una vera madre”. E ancora, continuando: “L’educazione degli orfani non presenta gli stessi problemi dell’educazione dei soliti fanciulli; questi hanno una casa e sono messi un certo numero d’anni in collegio per piegarli alla disciplina e seguire più regolarmente gli studi, quelli, invece, non hanno casa, e si tratta di sostituirvi loro la famiglia perduta”.

 

di Eleonora Fattorello

Source: www.irpinia24.it