Aggressività e violenza dal bullismo al femminicidio: il convegno degli esperti per far luce sulle emergenze

Sala gremita presso l'Auditorium di piazza Duomo: presenti in platea anche gli studenti dell'ITIS Guido Dorso di Avellino.

Stop violence against women background, isolated on black“Relazionalità e comportamenti aggressivi”: il convegno di sabato, presso l’Auditorium della Camera di Commercio di Avellino, ha inteso approfondire il tema dell’aggressività considerandone cause ed effetti. Dal bullismo, allo stalking, al femminicidio, qual è l’antidoto per scongiurare i sempre più frequenti fenomeni di violenza?

Organizzato dalle Associazioni Neamente e Zetema, attive nel promuovere formazione, ricerca scientifica e confronto nell’ambito delle neuroscienze, l’incontro ha registrato numerosi interventi, pubblicati, insieme ad altri, sulla rivista scientifica Telos, fondata dai dottori Francesco Franza e Gino Aldi, psichiatra e psicoterapeuta.

Moderati dalla dott.ssa Barbara Solomita, psichiatra e psicoterapeuta di Avellino, sono intervenuti il dott. Gino Aldi, l’avv. Katia Solomita, le prof.sse Anna Manna e Annamaria Giacobone, docenti rispetivamente dell’ITIS di Avellino e del Liceo ” Garofano” di Capua; la dott.ssa Annalisa Colucci, psicologa e psicoterapeuta di Napoli; il dott. Gianfranco Del Buono, psichiatra e psicoterapeuta di Salerno; la dott.ssa Barbara Felisio, psicologa e psicoterapeuta di Caserta. In platea, il dott. Francesco Franza.

I contributi di volta in volta presentati sono stati raggruppati in due simposi, in cui si è parlato di relazioni violente e crisi dei processi educativi, di “amori armati delle peggiori intenzioni”, di stalking e di approcci trattamentali, di bullismo, di cyberbullismo, di aggressività femminile nel contesto scolastico. Il quadro delineato ha riportato l’immagine di un “deserto relazionale, in cui la comunità educante si è dissolta, rendendosi incapace di elaborare in maniera condivisa un sistema di valori da tramandare alle nuove generazioni“. E’ stato, questo, il punto di vista espresso dal dott. Gino Aldi che, nella sua relazione sulla crisi dei processi educativi, parlando del bullismo come del momento in cui viene fuori l’incapacità di avvicinarsi agli altri in maniera empatica e di riconoscere il male provocato, ha richiamato l’attenzione sulla “necessità di recuperare spazi di relazionalità nelle scuole e soprattutto con gli adulti, in cui riflettere e imparare a migliorarsi, per poter gestire l’educazione di una generazione fragile“.

E sul bullismo sono tornate la dott.ssa Barbara Felisio con una relazione sull’aggressività femminile tra i banchi di scuola e la storia a lieto fine di Alba, Giulia e Federica, e la prof.ssa Anna Manna, in un excursus letterario che, da Cenerentola a Pinocchio, da “Il libro cuore” a “I ragazzi della via Pal”, da “Ragazzi di vita” a “La paranza dei bambini”, ha mostrato come il fenomeno sia ben radicato nella storia delle relazioni, riconosciuto oggi come tale in quanto inserito in un sistema di codici, responsabili reali delle nostre percezioni.

Quanto sarebbero buoni gli uomini – scriveva Anna Frank – se ogni sera prima di addormentarsi rievocassero gli avvenimenti della giornata e riflettessero a ciò che vi è stato di buono e di cattivo nella loro condotta“. E’ l’avv. Katia Solomita a introdurre il tema della violenza sulle donne, con una relazione che ha illustrato in che modo la legge intervenga a tutela delle vittime e con quali misure preventive, prima che di condanna. Un intervento che, al di là dei tecnicismi, si è rivelato particolarmente toccante per il pubblico, fitto di studenti venuti in rappresentanza dei due istituti ospiti per l’occasione. Un atto di denuncia dovuto al dilagare del fenomeno “femminicidio”, vero e proprio “allarme sociale, indice della persistente condizione di vulnerabilità della donna e di una tendenza a risolvere la crisi dei rapporti interpersonali attraverso la violenza“: queste le parole del Primo Presidente della Suprema Corte di Cassazione, Giovanni Mammone, che richiamano la rabbia e lo sconcerto per i quotidiani fatti di cronaca, in cui donne, mogli, fidanzate, uccise al culmine di una lunga catena di atti persecutori o di violenza domestica, parlano di delitti annunciati e del paradosso della civiltà: “La civiltà si misura dall’assenza di violenza nel tessuto sociale di un sistema – ha sottolineato l’avv. Solomita – ; il nostro raggiunto livello di civiltà dovrebbe portarci oggi a scongiurare ogni pericolo di violenza“. Eppure i dati statistici parlano di 200 donne uccise ogni anno e di un aumento impressionante di aggressioni con acido. E ancora più allarmante è che le vittime di maltrattamenti non si rassegnino a chiedere aiuto: “Le vittime indossano una maschera – ha dichiarato l’avv. Solomita – a copertura del proprio dolore e a giustificazione dei segni che portano sul volto“, avviandosi troppo spesso verso l’epilogo più tragico, perché anche le storie che iniziano con sporadici episodi di maltrattamenti molte volte terminano con l’omicidio.

E’ il senso del cortometraggio “Amore, ma se mi uccidi dopo a chi picchi?” dell’autore napoletano Corrado Ardone, che con drammatica ironia ha raccontato la storia di una donna vittima della violenza incondizionata del proprio marito, ma vittima anche della propria debole e ostinata volontà di accettazione.

 

L’intervista a Gino Aldi

Nella sua relazione parla di aggressività, crisi dei processi educativi e violenza: si tratta, quindi, di fenomeni conseguenziali l’uno all’altro?

L’aggressività è di per sé un fenomeno naturale nell’essere umano, non patologico. Le forme di aggressività nei giovani sono frutto di un processo diseducativo che interessa tutta la società. C’è da chiedersi cosa sia cambiato nel nostro modo di educare, perché i ragazzi di oggi amministrano meno bene la propria carica aggressiva, fino a diventare incautamente violenti o vittime di violenza.

E cosa è cambiato secondo lei?

L’elemento fondamentale di differenza è che oggi i bambini crescono prevalentemente attraverso uno schermo, che distrugge le relazioni o le altera. Ai miei tempi c’era la strada, ring di lotte e battaglie, una vera e propria palestra, che permetteva di fare autogestione della propria conflittualità attraverso la relazione immediata e diretta.

Ovviamente non sempre l’aggressività sfocia nella violenza fisica. Che cosa fa la differenza e qual è la condizione che può arginare il rischio?

La capacità di gestire se stessi è il punto cardine dell’educazione, di un processo educativo in cui si cerchi di organizzare quel caos energetico che appartiene al bambino, senza uccidere la sua carica di vitalità, creatività, energia, per renderlo capace di amministrare se stesso e scongiurare esplosioni di aggressività violenta e cieca rispetto alla quantità di malessere creato.

Qual è il suo punto di vista sui recentissimi episodi di “bullismo” nei confronti dei professori?

La mia esperienza di formatore e insegnante nelle scuole mi ha consentito di assistere a una progressiva crescita di questo fenomeno, che dipende a mio avviso dalla perdita di autorevolezza del mondo adulto, nel contesto sia familiare che scolastico, che può risolversi con un recupero della disponibilità al dialogo, per affermarsi come figure valide agli occhi dei bambini.

La responsabilità, quindi, è degli adulti?

Non mi piace assimilarmi ai già troppi esperti che attaccano insegnanti e genitori, perché dobbiamo capire che gli adulti sono a loro volta smarriti e confusi rispetto a cosa significhi educare e crescere i figli oggi, vittime di falsi valori e non necessariamente disattenti; affannati, forse, nel dedicarsi ai figli in modo sbagliato, alla ricerca costante del benessere materiale a scapito di quello relativo alla crescita formativa, emotiva, spirituale, valoriale che è, invece, il terreno più importante da coltivare.

 

di Eleonora Fattorello

Source: www.irpinia24.it