Il dopo elezioni dei De Mita: “Il voto di protesta è destinato ad alimentare l’esasperazione”

Platea gremita e plaudente al Viva Hotel per l'Italia è popolare, Giuseppe De Mita: "Movimento 5 Stelle e Lega fanno proposte senza possibilità di sbocchi, il cambiamento necessità di radicalità".

foto - CopiaSembrava di trovarsi ancora nel pieno della campagna elettorale stasera al Viva Hotel, dove l’ex candidato Giuseppe De Mita ha convocato un’assemblea per “fare i conti” con i risultati elettorali dopo il voto dello scorso 4 Marzo.

Non c’è spazio per l’autocritica nel discorso del giovane De Mita, che si ferma su un fugace “abbiamo perso le elezioni” per dare il via a un’analisi lucida e approfondita da cui, più che l’amarezza per la sconfitta, emerge la consapevolezza data dalla prevedibilità del dato: “Il risultato che abbiamo registrato è figlio di una dinamica lunga; viene da anni nei quali si sono registrati il progressivo screditamento delle istituzioni e una condizione di insicurezza diffusa, che alimenta quella che Mattarella ha definito angoscia esistenziale e che è ciò che più stringe al collo le persone“. E’ proprio facendo leva su quella fragilità che, secondo De Mita, i due partiti risultati prevalenti hanno organizzato la propria strategia, trasformandola in “insicurezza verso l’altro al Nord“, dove ha prevalso la Lega, “che ha alimentato l’idea che la presenza degli immigrati metta in discussione le condizioni di sicurezza fisica delle persone“, e in “insicurezza legata agli strumenti di protezione sociale“, lavoro e sanità prima di tutto, nel Mezzogiorno pentastellato. E’ così che i due vincitori finiscono per essere paragonati a “due grandi contenitori in cui sono confluite tante singole motivazioni individuali cariche di preoccupazione, angoscia, rancore, rabbia, invidia, odio che, nell’incertezza, hanno condotto la società a rivolgersi ad appigli fragili“. E l’analisi non trascura i due grandi perdenti Forza Italia e Partito Democratico, descritto il primo come “lo strumento che ha legittimato la presenza politica della Lega“.

Il disagio che porta al voto di protesta attraversa chiunque di noi – ammette De Mita – e al fondo di questo disagio ci sono ragioni giuste che vanno comprese; il punto è come questa moltitudine di inofferenze riesce a trovare una via d’uscita e la via che è stata individuata è una via molto rischiosa perché si fonda sullo scontro tra le persone, tra pezzi di società; nella storia dell’umanità è capitato più di una volta che di fronte a una difficoltà si vada alla ricerca del capro espiatorio, ma è la stessa storia dell’umanità che ci dice che quando si cerca quello a cui tagliare la testa il problema non si risolve“. Una posizione politica non produttiva di risultati e preoccupante è quella raccontata dall’ex parlamentare centrista, chiaro nell’esprimere il timore che ci possa essere la tentazione di letture normalizzanti dei fenomeni populisti, “come se avendo preso atto che sono oggi maggioritari nella nostra società l’unico modo per affrontarli sia in qualche modo legittimarne le ragioni; le letture normalizzanti sottovalutano la circostanza che essendo la proposta che viene fatta una proposta che non ha sbocchi, la condizione di esasperazione può solo aumentare“. Torna al 2014 De Mita, ravvisando nel voto di maggioranza allora raccolto dal Partito Democratico un precedente esemplare, in quanto “voto non di consenso, ma carico di aspettativa e inconcludente“.

Esigenza di sicurezza in termini di giustizia sociale e dimensione nazionale: non sembra intenzionato ad arrendersi Giuseppe De Mita che, con “L’Italia è popolare” si propone di portare avanti il proprio programma in nome di quel Cattolicesimo popolare che impone di costruire una prospettiva incentrata sulla persona, sulla sua esigenza di libertà e sul suo bisogno di uguaglianza: “La nostra campagna elettorale è andata alla ricerca del rapporto con le persone, perché si è sviluppata intorno all’idea che va ritrovata una condizione di condvisione umana. Abbiamo costruito con le persone dei colloquii che partivano dai problemi e non dalla propaganda, rifuggendo l’elenco sterile delle cose già fatte e di quelle promesse, perché in una situazione di difficoltà come quella attuale non c’è nessun merito da richiamare rispetto alle cose del passato e non c’è nessuna illusione da costruire per il futuro“. Rifiuto dello scontro e costruzione razionale di un progetto i punti su cui si fonda il nuovo impegno per il popolo, perché “oggi quello che ci insegna la gente e che ci dice il contesto in cui ci muoviamo è che abbiamo esigenza di radicalità, il cambiamento non può essere descritto e collocato in un tempo indefinito, ma ha la necessità di realizzarsi immediatamente. Affidarsi al pinco pallino che passa è la risposta automatica di chi non si sente rappresentato da chi governa. In provincia di Avellino abbiamo una classe parlamentare che dovrebbe rappresentarci, ma… che Dio ce la mandi buona!“.

Al tavolo dei relatori il segretario provinciale Giuseppe Del Giudice, l’ex candidato Raffaele Lanni, il presidente della commissione agricoltura al Consiglio della Regione Campania Maurizio Petracca e, immancabile, Ciriaco De Mita. “Un anomalo passaggio elettorale” si potrebbe titolare la storia di questi nostri giorni se fosse un racconto, come dalle parole dell’onorevole, che “non si è mai visto qualcuno – afferma – che vince e non si candida a governare“. Ma le vicende del nostro Paese sono, si sa, un fatto tutt’altro che locale e risentono di ciò che sta avvenendo nel mondo: “dobbiamo stare attenti - conclude De Mita - a non illuderci di poter risolvere i nostri problemi senza tener conto di quelli degli altri, dobbiamo badare a far crescere il nostro orizzonte, ricordando ciò che fu nel dopoguerra per la straordinaria intuizione che il mondo più largo è più si è al sicuro. E’ bene tener sempre presente questa riflessione di memoria storica, la storia del grande popolarismo italiano“.

 

di Eleonora Fattorello

Source: www.irpinia24.it