Al ‘Pascale’ di Napoli parte la sperimentazione del vaccino contro il tumore al fegato

Buonaguro: "Siamo fiduciosi e contiamo di poter avere i risultati entro giugno 2019"

laboratoryNapoli – Partirà nelle prossime settimane all’Istituto Nazionale dei Tumori ‘Pascale’ di Napoli, lo studio clinico di fase I\II che valuta un vaccino terapeutico contro il tumore del fegato. E’ l’unica sperimentazione del genere in atto nel mondo. Il vaccino è specifico contro l’epatocarcinoma ed è il frutto di un investimento dell’Unione Europea, che con 6 milioni di euro, ha finalizzato lo studio Hepvac-101, di cui è capofila il ‘Pascale’.

L’obiettivo è quello di indurre nei malati una risposta immunitaria che possa ritardare il ripresentarsi del cancro dopo i trattamenti convenzionali, o determinare – questo è lo scopo più grande dei ricercatori – l’assenza delle recidive post-trattamento. Il ‘Pascale’ coordina il progetto a livello europeo e sponsorizza lo studio clinico che vede impegnati centri in Germania, Spagna, Belgio e Inghilterra. 

Il coordinatore scientifico del progetto e responsabile della struttura dipartimentale del ‘Pascale’, Luigi Buonaguro, spiega che questo progetto è in fase di inizio dal 2013. ”Siamo fiduciosi e contiamo di poter avere i risultati entro giugno 2019. Le fasi 1 e 2 della sperimentazione clinica ci permetteranno di valutare la tollerabilità del vaccino e la sua capacità di indurre una risposta immunitaria. In totale saranno arruolati nei centri coinvolti 40 pazienti affetti da tumori primitivo del fegato”. 

“Non bisogna indurre facili entusiasmi ma se, come speriamo, i risultati saranno quelli auspicati, il nostro sarà il primo vaccino al mondo per il tumore epatico candidato alla successiva sperimentazione su vasta scala per testarne in maniera definitiva l’efficacia e fornire uno strumento terapeutico efficace per i pazienti affetti da un tumore così letale“, aggiunge Buonaguro. “Infatti, il tumore del fegato rappresenta la terza causa di morte per cancro nel mondo e le opzioni terapeutiche attualmente a disposizione sono molto limitate con una sopravvivenza media del 20% a 5 anni dalla diagnosi“. 

 

Source: www.irpinia24.it