23 Novembre – Viviamo per non dover dire sempre “E’ tardi”

"Fate presto" titolava il Mattino dopo il terremoto del 23 Novembre 1980, ma oggi è più tardi di ieri

Terremoto -fateprestoAvellino – Un minuto e mezzo per cambiare la vita di una popolazione. Un minuto e mezzo a fronte di 37 anni in cui la cattiva gestione dell’emergenza, la speculazione e la corruzione hanno inghiottito assieme alle vittime del sisma anche numerose coscienze.  “Fate presto” titolava il Mattino dopo il terremoto del 23 Novembre 1980, ma oggi è più tardi di ieri. 

E’ tardi se ci tocca guardare alle nostre scuole chiuse, perché un solaio potrebbe non reggere. E’ tardi se la politica propone soluzioni di tipo emergenziale, anche quando nessuna calamità ci ha colpito. Dovremmo scriverne quotidianamente e parlarne per ricordare a noi stessi che le comunità irpine meritano di più, per insegnare soprattutto ai ragazzi a rivendicare i propri diritti.

Le pagine dei quotidiani di allora e anche una parte di quelli odierni hanno già tributato troppo a chi non ha fatto niente, dando voce a chi avrebbe dovuto tacere colpevole, dando una parvenza di statura politica a chi ama strumentalizzare tragedie, a chi impiega “un minuto e mezzo” per commemorare e quando dovrebbe rispondere alle vere questioni impiega anni o a volte non lo fa mai. E’ tardi.

Le casupole che sono diventate villoni, “tu non c’eri non sai”. E’ tardi.

Ricomponiamo il puzzle di un orgoglio che serve a questa provincia per riscattarsi e per fare la differenza in futuro, abbandonando quella mentalità di devozione che spesso conduce interi nuclei familiari alle urne. Il posto di lavoro, il compaesano, il medico…E’ tardi.

Non lo è invece mai abbastanza per raccogliere testimonianze, per sedersi a tavola con la propria famiglia o con chi c’era quel 23 Novembre, con chi concretamente ha prestato soccorso e solidarietà, per ricordare che l’80 non è solo macerie e rabbia, ma un pezzo del nostro ritratto culturale, di quei valori che i più non hanno smarrito.

Il valore del silenzio, per esempio, che è compostezza di un dolore e di una paura mai davvero sepolti.

Il valore della tradizione, per cui una nonna o un nonno non festeggia il compleanno, non perché abbia smesso di inneggiare alla vita, ma per una sorta di rituale scaramantico e rispettoso.

Il valore della memoria, quella vera, fatta di persone in carne e ossa che si mossero per aiutare il vicino, l’amico, il parente, scavando a mani nude, e più tardi coi mezzi, senza sosta, recuperando corpi o salvando vite.

Il valore della civiltà di chi aveva ancora un tetto o un riparo dall’orrore e dal freddo ed ospitava chi aveva perso tutto.

Il valore della condivisione di quelli che avevano potuto prendere cibo e vestiti, di chi aveva generi alimentari e aziende casearie e aveva distribuito alla comunità quanto disponibile a sostentarsi in giorni difficilissimi. 

Ricordiamoci di questo e viviamo per non dover dire sempre “è tardi”. 

di Francesca Contino

 

Source: www.irpinia24.it