“Il terremoto, la giustizia, la politica. A trentasette anni dal terremoto in Irpinia”, l’evento al Carcere Borbonico

La catastrofe naturale più dolorosa della storia irpina, uno dei terremoti più disastrosi mai registrati: un convegno per interrogarsi su responsabilità, meriti e demeriti.

Fate-Presto-Avellino – “Fare memoria non significa soltanto ricordare ciò che è bello e importante; fare memoria è anche lottare per non dimenticare ciò che vorremmo dimenticare; bisogna ricordare le cose moleste perché non si ripetano“. Questo il senso che Franco Roberti, ex Procuratore Nazionale Antimafia, ha voluto dare all’occasione di stasera. Al Carcere Borbonico si è tenuto un convegno su “Il terremoto, la giustizia, la politica. A trentasette anni dal terremoto in Irpinia”, trentasette anni da quel “FATE PRESTO per salvare chi è ancora vivo, per aiutare chi non ha più nulla”, che il Mattino di Napoli titolò tre giorni dopo il disastro. Un incontro voluto dall’Eurodeputato Giuseppe Gargani, che ha riunito intorno allo stesso tavolo, oltre al dott. Roberti, il vice presidente della Regione Campania Fulvio Bonavitacola, Angelo Borrelli, capo del Dipartimento della Protezione Civile, e Giuseppe Zamberletti, storico Commissario straordinario del Governo per la ricostruzione, considerato il padre fondatore della moderna Protezione Civile italiana. Moderatore il giornalista Generoso Picone, che ha introdotto una discussione dallo scopo illuminante di sfatare un luogo comune, divenuto scomodo, fastidioso e ridondante per la comunità irpina e per chi, soprattutto, per questa comunità, nei giorni, nelle settimane, nei mesi successivi al terremoto, si sforzò di oltrepassare i limiti dell’inadeguatezza, dell’impreparazione ad affrontare un’emergenza di portata colossale: “La questione della sicurezza è ancora attuale e grava sull’emotività collettiva, sulla percezione del rischio, perché siamo in un territorio profondamente segnato, che inevitabilmente si troverà ancora a dover gestire momenti di emergenza ed è necessario attrezzarsi“.

Che cosa è stato il terremoto? Cosa è stato fatto subito dopo? Quali sono state le dinamiche che hanno regolato la ricostruzione? Facendo eco alle parole di Picone, Giuseppe Gargani ha affermato che la classe dirigente di allora venne fuori da quella tragedia nonostante non ci fossero i mezzi necessari a fronteggiarla: “La cappa della mafia e della camorra non riuscì ad oscurare la strada dei politici onesti, che credevano in una missione e avevano una prospettiva, coerenti con una linea politica che puntava al riscatto delle popolazioni del Mezzogiorno e alla creazione di condizioni di sviluppo per il territorio“.

Di condizionamenti e infiltrazioni camorristiche ha parlato, invece, l’ex procuratore antimafia Franco Roberti, che ha riportato i fatti precisi di cui venne a conoscenza nel 1979, un anno prima del sisma, al momento del suo insediamento come giudice istruttore al tribunale di Sant’Angelo: palese violazione della legge antisismica relativa alle costruzioni, cemento di seconda mano, calcestruzzo di terza, totale assenza di controlli e perizie. E dopo il terremoto, accanto alle assoluzioni “per mancanza di un nesso di causalità con l’evento”, ci furono frequentissimi episodi di controllo mafioso sulla ricostruzione, relazioni tra camorristi, politici e imprenditori corrotti: “Grandi progressi sono stati fatti. Oggi siamo in grado di individuare preventivamente le imprese che concorrono agli appalti e segnalare le posizioni di rischio, le imprese che emergono per accordi illeciti“. E’ da quel 1980, dunque, che la corruzione ha iniziato ad essere sistema collaudato in luogo dell’intimidazione, ma “bisogna capire – conclude Roberti – che con la mafia mai si guadagna, si perde sempre e quando tutti saremo arrivati a questa consapevolezza il Paese potrà ritenersi nella condizione giusta per avviarsi allo sviluppo“. 

Il terremoto del 1980 costituì un vero spartiacque nella storia italiana poiché, come ha ben spiegato Fulvio Bonavitacola, la politica diede il via al sistema delle concessioni, dei consorzi, del commissariamento, che fu la parte degenere e il vero fallimento di quella storia e che portò al delirio della prima Repubblica, equivalendo all’ammissione, da parte dell’ordinamento centrale, della propria inadeguatezza ad adempiere alle proprie competenze; ma sancì la nascita della Protezione Civile e regalò alla popolazione quei valori di generosità, solidarietà e comunità, che più fortemente si radicano quanto più forte è la tragedia che li richiama spontanei tra i sopravvissuti. 

Meravigliosi furono gli amministratori locali – ha dichiarato Giuseppe Zamberletti -, fondamentali nella seconda fase dell’emergenza, quella in cui bisogna restituire alla gente il suo territorio e la sua vita, perché senza il reinsediamento la ricostruzione è un’utopia; abbiamo raggiunto in Irpinia risultati straordinari e, nella vastità di quella tragedia, non avevamo strutture né un comando centrale che coordinasse gli interventi“. E, ancora, Zamberletti conclude con un accenno alla cultura della prevenzione, perché “lo sviluppo culturale è responsabile prima ancora delle infiltrazioni mafiose e, se c’è una politica seria di prevenzione, è scongiurato qualsiasi rischio di speculazione a tutte le latitudini“.

 

di Eleonora Fattorello

Source: www.irpinia24.it