“La notte di Sigonella”: a palazzo Caracciolo, lettura di un capitolo di storia della prima Repubblica

Calorosa accoglienza per Stefania Craxi nel tributo al padre Bettino, Caldoro: "Fu un punto di riferimento che incarnò la sovranità internazionale del Paese, simbolo illustre di un momento di alta politica".

18156715_10213426641890147_7531971812938996290_oAvellino – Presentato a Palazzo Caracciolo “La notte di Sigonella” di Stefania Craxi, curato dalla Fondazione Bettino Craxi ed edito da Mondadori. L’incontro è stato promosso in collaborazione con l’associazione Primavera Irpina ed ha proposto una rilettura di un periodo storico particolare, per considerare, alla luce di quei fatti, la stagione attuale della politica e, inevitabilmente, della società.

Sigonella rappresenta una delle pagine più belle della storia del nostro Paese - ha affermato Stefania Craxi -, perché è una storia di umanità e di sovranità nazionale di un Paese che voleva essere una Nazione e non un’Italietta“. Presenti per l’occasione l’onorevole Stefano Caldoro, il Presidente della Provincia di Avellino, Domenico Gambacorta, e Generoso Picone, responsabile della redazione di Avellino de Il Mattino, che ha moderato gli interventi. 

Il dirottamento dell’Achille Lauro da parte di quattro terroristi filo-palestinesi innescò nell’ottobre del 1985 una serie di reazioni a catena che portarono, dopo la crisi di Sigonella, a riconoscere in Bettino Craxi un uomo dalla leadership politica indiscutibile, “che - dalle parole della figlia Stefania - avrebbe sempre e solo difeso l’interesse del proprio Paese“. Chiedendo la liberazione dei prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane, i dirottatori minacciavano di uccidere un passeggero ogni tre minuti e di far esplodere la nave. Nelle consultazioni diplomatiche e militari, contrariamente a chi sosteneva la posizione dell’interventismo militare per sventare l’attacco, primo fra tutti il Presidente Regan, certamente appoggiato dal ministro della difesa italiano, Giovanni Spadolini, Craxi fu sempre fermo nel difendere la linea della trattativa, per scongiurare una tragedia che avrebbe avuto dimensioni macroscopiche. Così, in cambio dell’immunità e di un salvacondotto per la Tunisia, Abu Abbas, il mediatore indicato da Yasser Arafat, convinse i dirottatori ad abbandonare la nave, prima, però, che si venisse a sapere che i terroristi a bordo avevano ucciso e gettato in mare Leon Klinghoffer, un cittadino americano, ebreo e disabile. Per gli Stati Uniti fu un colpo inaccettabile; lo stesso Craxi, dal sollievo iniziale, passò all’angoscia profonda, presentendo la reazione immediata e implacabile di Regan.

L’11 ottobre i caccia americani intercettarono l’aereo egiziano che stava portando in Tunisia i dirottatori e lo costrinsero ad atterrare nella base militare di Sigonella, in Sicilia. Si sfiorò lo scontro armato tra Carabinieri e Aeronautica militare da una parte e uomini della Delta Force statunitense dall’altra: a Regan che chiedeva la consegna immediata dei palestinesi, Craxi oppose, ribadendolo più volte, un deciso rifiuto, sostenendo che quei crimini, avvenuti in territorio italiano, dovessero essere sottoposti al giudizio della giustizia italiana. E gli americani si ritirarono, ma Craxi pagò, in seguito, il prezzo di quelle scelte? La storia pare raccontare che dopo Sigonella gli americani conservarono nei suoi confronti un atteggiamento di rispetto, sebbene lui stesso, ancora da esiliato, se lo sia chiesto, consapevole che la riverenza, magari, gli avrebbe risparmiato calunnie e sacrifici.

Craxi fu l’unico uomo politico della prima Repubblica a non piegarsi ai servizi segreti americani“, continua Stefania, sottolineando come con Tangentopoli l’Italietta che Craxi non voleva prevalse su un sistema politico che aveva consentito a un Paese di diventare, da piccolo e contadino, la quinta potenza economica del mondo; distrusse DC, PSI, PRI, PSDI e PLI, cinque partiti storici che fecero grande l’Italia, scegliendo la classe dirigente e consentendo ai figli di nessuno di diventare padri di qualcuno: “Io sono figlia del censo - afferma Stefania -, mio padre non lo era” e, spostando l’inquadratura sui tempi nostri, riflette su come in questi anni sia aumentata la distanza tra politici e cittadini, che non sanno più a chi rivolgersi e non hanno il senso della comunità. “La politica è una passionaccia – dice -, non una professione o un servizio a termine. Da mio padre una volta ha sentito che un uomo deve sempre fare il suo dovere e lui fino in fondo l’ha fatto“.

 

di Eleonora Fattorello

Source: www.irpinia24.it