Circolo della Stampa: Luigi Anzalone in libreria con gli “Eroi nel paese della mafia”.

Un capitolo tragico della Storia d'Italia e del Mezzogiorno: nell'Antistato criminale Ambrosoli, Falcone e Borsellino, Peppino Impastato e don Pino Puglisi, martiri di mafia e politica.

foto2Avellino – Sala gremita ieri sera al Circolo della Stampa per la presentazione di “Eroi nel paese della mafia”, il libro del Prof. Luigi Anzalone, raccontato dalle voci autorevoli dell’On. Antonio Bassolino, del Direttore de Il Quotidiano, Gianni Festa, e dell’Avv. Maria Rusolo, responsabile Eudem Avellino.

Gli eroi di cui parla Anzalone sono uomini comuni che quotidianamente hanno lottato, opponendo la propria onestà e il proprio senso del dovere, alla disonestà spocchiosa e criminale di mafiosi e camorristi. E’ la storia dell’Italia e del nostro Mezzogiorno, storia politica, civile e sociale, in cui la mafia si presenta come “l’espressione più drammatica e triste della questione meridionale, cioè del mancato sviluppo del Sud, del permanere di due Italie: una progredita e civile, l’altra arretrata e devastata“. Così la definisce Anzalone che, con metodo storico-biografico, ha raccontato cinque storie di vita che resiste, perché siano un esempio e un invito. L’avvocato Ambrosoli, i giudici Falcone e Borsellino, il giovane militante comunista Peppino Impastato e un prete cattolico, don Pino Puglisi: uomini comuni, si diceva, ma straordinari nel loro essere esempi brillanti di attaccamento al giusto fino al sacrificio, fedeli a principi etici di solidarietà e rispetto, devoti all’idea e all’esercizio della politica pura.

Fare qualcosa per il paese qualunque cosa succeda“, scrisse l’avvocato Ambrosoli a sua moglie, in una lettera presaga di ciò che purtroppo avvenne con l’assassinio suo e degli altri protagonisti di questa storia: di Peppino Impastato, ucciso prima dai sicari del clan Badalamenti e poi dai depistaggi e dall’inefficienza sospetta di polizia e magistratura; di don Pino Puglisi, ucciso davanti alla sua chiesa nel giorno in cui aveva celebrato la messa solenne nel primo anniversario delle stragi di Capaci e via D’Amelio; di Falcone e Borsellino, fedeli fino all’ultimo al proprio ruolo di servitori dello Stato, pur sapendo dell’esistenza di un Antistato criminale, connivente e corrotto.

Ci sono poi gli eroi evocati o indirettamente raccontati, il cui spirito, si avverte, aleggia tra le pagine nelle trame di ogni storia: sono Berlinguer e Aldo Moro, capisaldi e simboli di quella politica lungimirante e limpida che combatteva a viso aperto la mafia e quello che fu il suo braccio politico, pubblicamente e definitivamente riconosciuto da una sentenza della cassazione che parla di “rapporti intrinseci e radicati ” almeno fino al 1980 dell’on. Giulio Andreotti con il boss Stefano Bontade. Ma la Democrazia cristiana non era solo quella sana e democratica di Moro e del partito cattolico: nell’introduzione al volume, curata da Giuseppe Cacciatore, leggiamo che “complicità e protezioni ora occulte ora palesi vennero dal potere politico e, in prima istanza, da quel partito-Stato della Dc che dal 1947 in poi ha governato il paese e dominato in Sicilia in modo smaccatamente mafioso“.

Di ispirazione etico-democratica, il libro di Anzalone fa emergere il volto di una Italia piegata dalla mala politica, in cui l’adeguamento allo standard europeo si misura soltanto in termini di populismo e demagogia, che nulla possono rispetto ai problemi legati alla crisi economica e al disagio giovanile e occupazionale. L’On. Bassolino ha sottolineato lo stato di debolezza attuale del welfare, come conseguenza logica di uno squilibrio tra la crescita e il ringiovanimento progressivi delle organizzazioni criminali e il parallelo indebolimento delle politiche sociali: “la mafia non la combattono solo le forze dell’ordine e la magistratura, ma più di tutti la civiltà, l’educazione, la cultura“. Perché povertà, disoccupazione, assenza di servizi sociali, sanitari e scolastici, situazioni oggettive di precarietà quotidiana consentiranno sempre alla mafia di ingrossare il proprio esercito, esercitando il proprio potere di ricatto e condizionamento.

Pertanto – afferma l’autore – per quanto possa essere una sorta di marchio di fabbrica locale, la mafia è un male maligno innanzitutto morale, che si infiltra laddove trovi terreno fertile“. “E – aggiunge – dobbiamo impegnarci a fare dell’Italia un paese che riesca a ripristinare i gramsciani costumi onesti e lieti in politica, che è un servizio e una vocazione. Abbiamo il compito indefettibile e fondamentale di lasciare ai nostri figli un’eredità degna, costruendo un presente che sia gravido di futuro“.

Ad aprire il libro la dedica all’amico Bassolino “espressione eminente delle ragioni autentiche di Napoli e del Sud ad avere un’altra storia nella Storia d’Italia“.

 

di Eleonora Fattorello

Source: www.irpinia24.it