Prof. Luongo – A dieci anni dalla scomparsa, il suo messaggio vive più che mai

Quell'uomo alto, con un cartello sempre con sè e i palloncini colorati da regalare ai bambini nascondeva un monito sempre più attuale

professor-luongo1Avellino – Ritorna prepotentemente l’immagine ed il messaggio che il Prof. Luongo portava con sé, trascinandosi di strada in strada con il suo cartello sempre issato come una bandiera. Oggi, a dieci anni dalla sua scomparsa, possiamo  e dobbiamo ricordarlo potendo dire a gran voce che le riflessioni che i suoi messaggi imponevano sono più attuali che mai. Uomo di cultura, personalità forbita e dotato di un grande senso civico e morale, Luongo nasceva come professore di Liceo per poi dedicare la sua vita a questa “missione”: girare l’Italia intera, seminando per le strade, per le piazze un messaggio e un’idea forte che potessero restituire coscienza alla gente e illuminando quello che è il loro operato nel grande ruolo di genitori.

Il suo cartello storico recitava “E’ colpa tua. I figli non ti obbediscono perchè hanno troppi soldi in tasca”. La città si spaccava, gli abitanti si dividevano in due pensieri: alcuni riconoscevano nel Prof. una persona buona e innocua, chiamato da questa attività itinerante come da una vocazione; mentre altri lo evitavano, lo consideravano matto  o addirittura un soggetto da isolare, meccanismo insito nell’animo umano quello di allontanare attribuendo caratteristiche negativa ad una persona perché incomprensibile nell’azione. Perché siamo animali sociali abituati a ragionare attraverso due binari: inclusione ed esclusione, omologazione o ghettizzazione. Tutto ciò che riconosciamo come simile a noi, lo accogliamo senza timori o restrizioni, ma quando incappiamo nel “diverso” ci sentiamo minacciati profondamente e invece di essere spinti all’accoglienza e alla comprensione del nuovo, ci barrichiamo attraverso muri di indifferenza. Tutte le vicende attuali ci spingono verso la consapevolezza di questa dinamica: i migranti certo, ma anche i senzatetto che abbiamo negli spazi che frequentiamo abitualmente sono vittime di questa “indifferenza”; ciò che è peggio è però che questa logica permea anche nelle quattro mura domestiche che abitiamo.

Ed è questo il messaggio che a suo modo, e con i propri strumenti, il Prof. Luongo voleva far arrivare a destinazione. Era un uomo dolce, avvicinava i bambini per regalare palloncini colorati, mentre cercava di lasciare qualcosa nella testa del genitore a cui la mano del bambino/a era legata. Lanciava un salvagente all’adulto dicendogli: “Guarda che tu hai il potere di innescare in tuo figlio/a sane e buone abitudini, di tramandargli giusti o sbagliati valori. Non è un compito da poco, non lo sottovalutare. Non serve riempirgli le tasche né confonderlo con beni materiali fino allo sfinimento per placare eventuali tuoi sensi di colpa.  Utilizza altri strumenti, hai un grande ruolo, l’educazione di un bambino che rappresenta il nostro futuro”.

Temi quindi importanti, urgenti, come il declino morale della nostra società in cui si perde il focus da quelli che sono i valori fondamentali e si corre dietro il dio denaro come fosse la panacea di tutti i mali. Il Prof. potè guardare molto da vicino quella generazione di giovani, da insegnante,  e da quell’osservazione ravvicinata avrà tratto le sue convinzioni e forse dall’impoverimento morale ed etico compreso avrà tratto la forza e lo slancio per mettersi in strada. Palesare il suo personale “grido d’aiuto” a chi ha la grande responsabilità di fornire gli strumenti necessari a questi giovani uomini e giovani donne. C’è niente di più attuale? Sentiamo continuamente alla televisione di storie di cronaca nera in cui ragazzi uccidono i propri genitori, o commettono violenze di ogni ordine e genere, e pensate davvero che siano nati mostri? Lungi da me addossare colpe o responsabilità univoche a chi è stato ed è vittima di violenza, ma suggerirei di estremizzare meno, di prendersi una pausa dalla spasmodica corsa della ricerca di un colpevole da “crocifiggere” e di comprendere che se si verificano certi fatti è perché un intero sistema di valori è saltato. In quella precisa famiglia, in quel preciso contesto qualcosa più del voto negativo a scuola ha inciso sull’orrenda premeditazione di un omicidio di chi al mondo ti ha messo.

Questa è la degenerazione che Luongo cercava di comprendere attraverso il suo modo di fare, dava una spiegazione e raccomandava. Peccato che in pochi abbiano colto il ruolo sociale che svolgeva per la comunità. Il Prof. moriva dieci anni fa, nel 2007 sepolto a Prato, città in cui ha trascorso gli ultimi anni della sua vita per raggiungere la sorella. Espresse un desiderio in un’intervista di tanti anni fa, l’avere intitolata una strada della sua città. Desiderio rimasto incompiuto, credo sarebbe davvero un ottimo modo per commemorare questo decennale dalla scomparsa se l’amministrazione comunale avviasse le pratiche affinché una strada o un vicolo potesse riconoscersi come “Via Luongo”. 

Di Serena Ferrara

 

Source: www.irpinia24.it