Bove (PD):”Si capisca che la sinistra non è prerogativa di nessuno e si lavori per ricostruire la nostra comunità”

L'intervista all'ex coordinatore del Foa, che ha espresso molte criticità sulla situazione dei circoli ad Avellino

bove-giovanniAvellino – Dopo l’assemblea nazionale del Pd e l’intervento di Roberto Giachetti, ex candidato sindaco di Roma, che ha, senza troppi giri di parole, dato della faccia di culo al compagno Speranza, anche Giovanni Bove, ex coordinatore del Foa e membro del direttivo nazionale di EuDem, ha commentato con noi l’esito referendario e quanto si sta verificando all’interno del partito in vista del futuro congresso.

Partiamo, innanzitutto, dall’esito referendario e dalle analisi palesate nell’ambito dell’assemblea nazionale. Qual è la sua posizione a riguardo?

Il referendum l’ha perso il partito. Si sbagliano quanti addebitano questa sconfitta a Renzi o a chi ha votato Sì e in questo senso lo hanno perso anche Bersani, Speranza, tutta la comunità del Pd. Vedere manifestazioni di gioia e giubilo da parte di chi appartiene al nostro schieramento politico ci riporta indietro di 50 anni. Bene Renzi che ha fatto autocritica e adesso bisognerà trovare lo spazio per ripartire e costruire una base vera e solida all’interno del partito democratico. Personalmente accetto che ci siano già candidati alla guida del partito, ma se sono gli stessi che hanno gioito per la sconfitta, converrebbe da parte loro quanto meno chiedere scusa, perché hanno contribuito ad affossare quella comunità, per la quale oggi intendono proporsi come riferimento. Trovo molto interessante che il segretario nazionale voglia ricominciare dall’ascolto e dal confronto con i circoli nei vari territori, sta tutto a capire come intende farlo e se guarderà a ciò che si era già pensato con Luoghi Ideali. Anche il documento Guerini – Orfini è un altro segnale positivo, che mira a un ridimensionamento delle assemblee per garantire maggiore efficacia. E’ importante che si venga a conoscenza delle attività dei circoli, che spesso, come ad Avellino, non esistono o subiscono sfratto. Io sono iscritto da un anno a un circolo che non si è mai riunito.

Non è dunque il referendum che ha portato delle fratture all’interno del Pd, ma la questione viene da lontano ed è molto più intricata. Ritiene che si possa ricucire con le varie anime della vostra comunità o crede tra gli esiti sia contemplabile l’abbandono da parte di qualcuno?

In questo modo si sottolinea solo un aspetto del problema. Il Pd ha peccato di una fusione a freddo tra due culture, non è mai avvenuta una costruzione politica, quindi se oggi siamo in queste condizioni non è colpa di Renzi, ma di chi ha contribuito in 9 anni ad arrivare a questo. Non si deve essere renziani per capire che non si può cercare il capro espiatorio. La responsabilità di quanto accade, e di cui Renzi è il frutto, è riconducibile alla gestione dei vecchi riferimenti della sinistra e della Margherita. Io non caccio nessuno dal Partito Democratico, però, se una parte del partito non si fida di un documento scritto, nel quale si ribadiva l’impegno di tutti a rivedere la legge elettorale dopo il referendum e, ciò nonostante, preferisce votare No vuol dire che mancano le basi della convivenza ordinaria. Solo i contenuti e progetti seri potrebbero riunire la miriade di anime che popola il Pd, ma non è qualcosa che può verificarsi in 5 mesi e solo per la smania di celebrare il congresso. Occorre tempo e soprattutto ritrovare la logica dello stare insieme con coerenza, perché Speranza, che lamenta il comportamento di Giachetti, è lo stesso che probabilmente ha dimenticato cosa sosteneva appena lo scorso anno. Da militante, come tantissimi altri, comincio ad avere una repulsione morale.

Ciò che emerge dalla cronoca politica di questo mese è anche che il modus, quindi lo stile e l’immagine che si darà all’esterno, e che condurrà il Partito Democratico fuori da questa fase congressuale, potrebbe essere determinante quando si andrà al voto.

L’immagine che si dà di sé e sulla quale c’è di solito una strategia comunicativa conta fino ad un certo punto. Anche io ho potuto notare e apprezzare già a partire dalla sera della sconfitta un cambiamento da parte di Renzi, che ha rilanciato il proprio modo di stare all’interno del partito. Lo ha fatto con un stile nuovo, umile. Personalmente ritengo che ci sia molta differenza tra la percezione di un atteggiamento come fasullo e un atteggiamento, invece, ben delineato ed evidente da parte di chi si è mosso contro il partito e che è il vero elemento determinante per ulteriori insuccessi.

C’è sicuramente un problema di linguaggio, non ascrivibile al Pd, ma più in generale alle classi dirigenti di varie comunità.

Giachetti non si è espresso erroneamente nella sostanza, ha sbagliato nel metodo. Ma chi si sente tanto vituperato per esser stato oggetto di discussione lo sa che tanti suoi seguaci anche in terra irpina utilizzano linguaggi triviali peggiori? Siamo circondati da personaggi sessisti e offensivi. Ma vogliamo riorganizzare questa comunità oppure no? Se sì, bisogna capire che nessuno è migliore dell’altro e si può sentire più bravo. Nel nostro mondo ci sono tante professionalità, risorse e capacità che potrebbero mettersi a disposizione e che, invece, si trovano a scontrarsi con i tanti nomignoli imposti dai capi-bastone di turno. Persone che si aspettano qualcosa dalla politica, che non hanno un proprio lavoro e che sono privi di un’autonomia critica, questo è il vero problema.

A proposito di nomi imposti, si sono celebrate le provinciali nell’inconsapevolezza quasi generale del tessuto sociale e con il No a referendum non si verificherà alcuna abolizione. Non c’è anche in questo caso una cattiva comunicazione e una mancanza di discussione reale nel vostro partito?

Al di là dell’aspetto tecnico-giuridico, con una norma che ha cambiato la struttura dell’ente provincia, viviamo una fase oggettiva di anomalia e anche di questo dobbiamo ringraziare chi ha lavorato perché il Sì non passasse. Nel momento in cui il partito provinciale è balcanizzato a seguito di una scelta folle, che hanno fatto i neo-speranziani avellinesi (quella della sfiducia), non possiamo attribuire agli altri gli effetti di una situazione figlia delle azioni di un collettivo. Il problema non è che oggi il partito democratico sceglie nel segreto delle stanze una lista di consiglieri, ma che quelle stanze restano vuote a prescindere dalle questioni elettive. Possiamo criticare la scelta e i criteri certo di come le liste vengono preparate, ma è fine a se stesso. Se si preferisce alimentare il dibattito sui giornali, piuttosto che impegnarsi per un progetto di rilancio della provincia, non si può guardare sempre ai processi finali, ma vedere dove e come le difficoltà si sono presentate. Tutti dal Pd, ai 5 Stelle e alla destra hanno posto, per esempio, il referendum in un’ottica italico-centrica, nessuno ha avuto e ha il coraggio di pensare all’Europa. E’ per questo motivo che serve un leader stabile e forte, che possa incidere in questa direzione e la battaglia congressuale dipende anche da come stiamo in campo su queste tematiche. Perché questo partito non può avere un membro della segreteria responsabile dell’Europa e per quale motivo non si può immaginare di investire sulle scuole di formazione per i giovani in Europa?

Se su Avellino si stenta a immaginare chi possa ricoprire il ruolo di prossimo segretario provinciale, a livello nazionale tra autocandidature ed ipotesi formulate il quadro sembra più chiaro. Non potrebbe essere l’ex Ministro Barca l’anello di congiunzione nel Pd?

Se c’è qualcosa che Barca ha insegnato a tutti è lo stravolgimento di un modello di pensiero che guarda all’aggregazione come un fatto di scelta della figura. Barca certamente farà le sue valutazioni, ma è prematuro discuterne. La questione odierna è come i militanti del Pd intendono farsi portavoce dell’idea di sinistra. Se pensiamo di poter continuare sulla strada del partito nel partito, non vivremo mai dei contenuti veri di sinistra, che non è una prerogativa di Speranza né di alcuno. La sinistra è un modo attraverso il quale cerchiamo di trasferire i valori della solidarietà sociale, dell’accoglienza e del rispetto e tutto ciò non può avere rivendicazioni di primogenitura. Dobbiamo aprire i nostri orizzonti e smettere di pensare a certi spazi come tesserifici. Con Luoghi Ideali e la vicenda dell’ex Isochimica, noi abbiamo dato un forte segnale di rottura, dimostrando che la politica può guidare il processo amministrativo. Dunque si può lavorare bene se il contenuto comincia a prevalere sugli io.

Come si recupera un rapporto sentimentale con quell’elettorato che è orientato più a sinistra, ma che non vota il Pd, la sinistra alternativa, ma risponde con l’astensionismo o con voti di rottura?

Si fa con la coerenza delle proprie scelte e con la capacità di dare l’esempio, non con l’umiltà falsa e reclamata, ma con il mettersi in discussione fin dalla scelta dei propri vicini. Non ha senso decantare la mancanza di una segreteria provinciale o attaccarla perché non approvava i bilanci e poi in casa propria subire gli sfratti per morosità. Poi la coerenza passa sicuramente tra ciò che si fa e ciò che si dice e la posizione di Renzi sui migranti in Europa, per esempio, rappresenta non solo una linea coerente, quanto soprattutto una scelta di sinistra.

di Francesca Contino

Source: www.irpinia24.it