D’Alema per il No: “E’ nello statuto del Partito Democratico l’impedimento a cambiare così le regole”

L'ex presidente del consiglio ha discusso delle questioni di metodo e di merito che rendono impossibile a una cultura di centro sinistra esprimersi positivamente il 4 Dicembre

d'alemaAvellino –  Sala gremita per Massimo D’Alema che ieri sera è venuto nella nostra città a sostenere le ragioni del No al referendum costituzionale. Invitato dal comitato fondato da Gerardo Adiglietti e atteso da tanti pezzi degli ex DS e della Sinistra Alternativa.

Dopo i saluti e i ringraziamenti di rito, Adiglietti ha lasciato spazio agli altri referenti, tra cui il parlamentare europeo Massimo Paolucci e Alberta De Simone. L’ex riferimento della Provincia ha voluto sottolineare che la sua presenza, dopo 5 anni di straniamento dalla politica, è il simbolo di una battaglia di valori. “Ho deciso di mobilitarmi, perciò ho cominciato a contattare vecchi compagni e ognuno di loro mi ha confessato di aver temuto che potessi chiedergli di votare Sì. Questa è la dimostrazione che, anche quando ci sono percorsi diversi e non si è d’accordo su tutto, determinate battaglie sono alla base del nostro codice genetico. Proprio perché siamo una forza progressista e di sinistra, noi voteremo No il 4 Dicembre”.  

Poi la parola a Paolucci, il quale si è detto piuttosto fiducioso. “Ogni volta siamo di fronte alla stessa narrazione, la narrazione della grande occasione che abbiamo di fronte, ma abbiamo visto come sono finite le grandi occasioni, a partire dall’abolizione delle province, che tale non è stata, poi all’Italicum che era la più bella legge elettorale del mondo e a finire con il  Job’s Act di cui stiamo raccogliendo i tristi prodotti. Adesso dunque è facile intuire che se anche questa è una grande occasione, votare No è la scelta più saggia da fare. La verità viene sempre a galla, perchè i fatti smentiscono la propaganda”.

Entrando nel merito della riforma poi, il parlamentare ha spiegato che ci sono delle imprecisioni e delle bugie di fondo che dovrebbero preoccupare molto gli italiani: “Si parla di democrazia decidente e non si dice che siamo il Paese con più leggi in Europa e che solo il 3% delle leggi necessita del doppio passaggio Camera-Senato. Senza contare che un tal Verdini ha detto che se il 5 dicembre vince il Sì entra nel governo. Ciascuno è in campo con le proprie idee, ma alcuni in realtà preparano il partito della nazione. Dobbiamo, perciò, stare nel merito e raccontare concretamente questa riforma, perché le bestialità sono evidenti. Se la sinistra si muove insieme si può ottenere un risultato straordinario”.

Infine è intervenuto Massimo D’Alema, che si è concentrato sulle ragioni di metodo e quelle di merito, come lui stesso le ha definite. “Il No ha molte ragioni – comincia –  e prende le mosse dalle grandi culture democratiche che hanno alimentato la vita del nostro paese. Il No è l’eredità dei Padri Costituenti. La Costituzione non fu imposta da un governo, anzi De Gasperi disse che avrebbe voluto che i banchi del governo fossero vuoti.Noi abbiano costituito questo comitato per dare voce alle ragioni del centro sinistra, perché del resto è nel Manifesto dei valori del Partito Democratico che c’è scritto ciò che siamo, quello che ci ha unito e come dovremmo votare. In questo documento leggiamo che la sicurezza dei diritti e delle libertà di ognuno è nella stabilità della costituzione che non è alla mercé della maggioranza del momento, è legittimazione e limitazione di tutti i poteri e il Pd si impegna a difenderne la stabilità e si schiera contro le riforme inflitte dai governi a colpi di maggioranza”. Gli applausi sono fragorosi.

“I dirigenti di parte del nostro partito – continua –  hanno abbandonati e smentito questi valori nel modo più vergognoso. Si vogliono modificare 47 articoli della costituzione con un metodo che il Pd aborrisce. E’ la condivisione della legge fondamentale che ne garantisce la stabilità, mentre se cambia ad ogni maggioranza di governo non ci può essere stabilità della costituzione e quindi delle istituzioni. Togliatti definì la Costituzione l’arca dell’alleanza, cioè l’arca in cui si custodiscono i testi sacri, che al di là dell’asprezza del conflitto politico, uniscono gli italiani. Non c’è dubbio poi che su questo parlamento pesa un’elezione con una legge incostituzionale. Il governo avrebbe potuto suddividere la materia e sviluppare la riforma attraverso disegni di legge, invece no ha confezionato un volumetto su cui esprimersi. Questo non si chiama referendum ma plebiscito e nei paesi democratici i plebisciti non si fanno o comunque si vota no se si tiene alla libertà”.

D’Alema ha seguitato poi con alcune considerazioni sulla “gioventù” renziana, “Siamo in mano a giovanotti di grande entusiasmo, ma di scarsa cultura se si dice, come ha fatto la Moretti, che questa riforma gli italiani la aspettano da 70 anni.  E non è vero che le riforme non si sono mai fatte, anzi se ne sono fatte alcune giuste e altre sbagliate, ma ci tocca stare a sentire che dopo 30 anni di inerzia è arrivato l’uomo delle riforme. Trovo che sia superficiale e rozza l’immagine di questa gioventù riformatrice. Del resto l’ultimo sondaggio sul referendum ci dice che degli italiani tra i 18 e i 34 anni il 55% è per il No, il Sì prevale nelle persone al di sopra di 62 anni. Renzi parla a nome di una gioventù che non vota per lui, ma vota 5 stelle. Personalmente ritengo che nessuno debba parlare a nome dei giovani, perché parlano da soli a nome proprio e votano come credono”.

Entrando nel merito della riforma, l’ex presidente del Consiglio si è soffermato innanzitutto sull’articolo 70.  ”Basta leggere l’art. 70 per capire come votare, già solo la lettura è sufficiente a dire no. Inoltre ci sono diversi punti che vanno smentiti per amor di verità. Il bicameralismo resta, anche se il senato diventa qualcosa di strano e il bicameralismo perfetto resta sui temi fondamentali. La riforma, dunque, non elimina, ma riduce lo spazio del bicameralismo perfetto, l’unica cosa che si elimina è il voto dei cittadini per il senato. Invece che una democrazia decidente, ci ritroviamo il caos e veri e propri rischi di paralisi. Se, per esempio, il senato non rettifica un trattato europeo, il governo non può più porre la fiducia, in questo caso la riforma prevede un tentativo di conciliazione tra i due presidenti di camera e senato. Se la conciliazione non avviene, la riforma non ci dice che cosa accade.

E’ evidente che siamo guidati da scienziati – ironizza D’Alema e poi continua – Se facessimo un senato federale andrebbe benissimo che sia costituito dai governi regionali, ma in questo caso si toglie sovranità al popolo che ha tutto il diritto di votare per quell’assemblea. Il governo  si riserva così il potere delle regioni e dei comuni e scavalca quelle che sono autonomie legittime. Si dice che risparmieremo 50 milioni, anche se ne sono stati calcolati 44, ma ci sono tanti altri modi di non sperperare denaro pubblico, non deve essere necessariamente questa la strada. Così avremo una forma di presidenzialismo con la nomina del parlamento, un sistema che non esiste da nessuna parte. Si vuole il presidenzialismo, si dica apertamente, altrimenti il rovescio della medaglia può diventare pericoloso, anche perché per questa forma di governo occorrono pesi e contrappesi adeguati, che noi non abbiamo. Ed è inaccettabile che non si ammetta che la legge elettorale concentra il potere nelle mani di un capo”.

Avviandosi a concludere, l’ex presidente paragona Renzi al personaggio di Willy il coyote: “Dopo aver costruito un abito per se stesso, scopre che forse questo abito lo vestiranno i 5 Stelle. E’ come il coyote dei cartoni che prepara la trappola e poi ci finisce dentro. Un uomo solo al comando va bene, ma solo quando non è un altro, l’abito va bene solo se lo indossa lui. Io, invece, sostengo che è sbagliata proprio la sartoria. Ho fatto la medesima campagna elettorale ai tempi della riforma Berlusconi e della legge Calderoli, quindi è qualcun’altro che deve preoccuparsi di aver mutato principi. Si vuole conoscere chi ha vinto la sera stessa del voto, dimenticando che in America, dove vige il presidenzialismo, ciò non accade. In tutte le democrazie di natura parlamentare, le nomine le fa il parlamento. Per tutti questi motivi dobbiamo renderci protagonisti di questa battaglia, perché se vince il Sì sappiamo cosa accade, se vince il No forse riapriremo un dibattito ed eviteremo di consegnare il Paese a Grillo come si è fatto con Roma”.

di Francesca Contino

 

Source: www.irpinia24.it