Ricominciamo da capo, da qui, con tutta la riconoscenza che abbiamo, ciao Dario!

Il più eclettico dei pensatori italiani ci ha lasciati, impossibile colmare il vuoto di un uomo che è stato drammaturgo, attore, regista, scrittore, autore, illustratore, pittore, scenografo e Premio Nobel per la Letteratura

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Beffarda la sorte, nel giorno in cui si assegna il Nobel per la Letteratura, ci lascia sgomenti il “nostro” Premio Nobel. Dopo i quindici lunghi giorni di ricovero, all’ospedale Sacco di Milano, e il peggioramento delle ultime ore, arriva la triste notizia della morte di Dario Fo. È importante per me iniziare dalle dichiarazioni di Dario Fo, rese nell’ambito della “festa” del M5s, dal palco di piazza Duomo il 19 febbraio 2013, poco prima delle elezioni politiche.

Il motivo non è ideologico o per rimettere in campo i soliti discorsi politici o di appartenenza, ma è necessario sottolineare le sue parole perché da qui inizia un nuovo capitolo:  “Mi sembra – disse Dario – di essere tornato indietro di molti anni, alla fine della guerra, l’ultima guerra mondiale. Ci fu una festa come questa e c’era tanta gente come siete voi: felici, pieni di gioia e, non dico speranza, la speranza lasciamola a parte, ma di certezza che si sarebbe rovesciato tutto e non ci siamo riusciti. Fatelo voi per favore, fatelo voi! Ribaltate tutto per favore. Io mi ricordo che in quell’occasione c’erano quattro contadini che sono arrivati qua con altri contadini e portavano sei piante. E le hanno piantate una qua una là una là una là. Le piante erano il segno del ‘si ricomincia’. Vorrei che anche questa sera ci fosse quelle piante piantate per dire ‘si ricomincia da capo’ ”.

Credo non ci sia bisogno di “traduzioni” né di parole che incornicino o accompagnino le sue dichiarazioni. Mi piace pensare che Fo, oggi, abbia iniziato da capo, una nuova avventura, che possa aver lasciato il seme della speranza in noi giovani. Ma non voglio cadere nella retorica, o riportare qui le dichiarazioni delle varie voci politiche o istituzionali del nostro Paese, se questo deve essere un omaggio alla sua grande persona, lo deve essere ripercorrendo le fasi piene e le sue mille acrobazie tra l’arte, il teatro, la letteratura e la vita civile della nostra bella Italia. Per tutti una guida spirituale, era insito in lui il seme della genialità,  grande voce critica e sommo giullare.

Traspariva una grandissima carica di contestazione in lui, che l’ha portato a compiere, negli ultimi anni, delle riflessioni sul creazionismo sfociate nell’ultima sua opera “Darwin ma siamo scimmie da parte di padre o di madre?”, presentata recentemente, lo scorso 20 Settembre, con una conferenza stampa indetta nella sua casa milanese. Opera completata da tavole illustrate da Fo in persona, che dichiarava, parlando del testo: “Non è vero che eravamo bianchi di pelle, siamo nati molti secoli prima, in piena Africa, e naturalmente eravamo neri. Adamo ed Eva erano neri e soprattutto Dio, essendo il padre, è a sua volta nero”. Si denota così la grande potenza e libertà del suo pensiero e della sua curiosità verso la vita. Grande reazionario, uomo capace di grandi astrazioni e soprattutto un uomo libero, dove per libertà non s’intende la capacità di schierarsi e aggrapparsi ad una posizione ideologica,ma al contrario, la possibilità di spaziare, di arrivare ad una verità che poi si è capaci di sovvertire nel momento in cui la vita, i fatti, ci mettono davanti a nuove consapevolezze. Dario Fo era un uomo di grande coraggio, che non si nascondeva e non si ingabbiava dietro finti moralismi.

Incantava, e questo la riteneva una cosa meravigliosa, ed è questa virtù che gli ha permesso di vincere il Nobel nel 1997. Sapeva accendere visioni e storie con un gesto, con l’intonazione di un suono, come in “Mistero Buffo” (1967) la sua opera più famosa, recitata in “grammelot” un linguaggio teatrale costituito da suoni che imitano il ritmo e l’intonazione di uno o più idiomi reali con intenti parodici, e nel caso specifico si rifaceva ai vari dialetti della Pianura Padana.

Concludo con le parole di Dario Fo, le stesse usate da lui per commemorare la grande Franca Rame, sua compagna di una vita intera, scomparsa nel 2013: “C’è una regola antica nel teatro. Quando hai concluso non c’è bisogno che tu dica altra parola. Saluta e pensa che quella gente, se tu l’hai accontentata nei sentimenti e nel pensiero ti sarà riconoscente”.  Sentimento e pensiero. Chiunque abbia, anche superficialmente, seguito un po’ del suo percorso artistico non può che essere stato colpito da questa triste notizie, nell’animo, nelle emozioni, come se avesse perso un proprio caro e nel pensiero, nella consapevolezza di aver perso una grande voce, un grande pensatore, un compagno di viaggio allegro e profondo. 

Source: www.irpinia24.it