Bob Dylan: “Un Nobel per il cambiamento, anche la musica è poesia”

Il cantautore del Minnesota riceve un altro prestigioso riconoscimento alla sua carriera

bob dylanAvellino – Non è un giorno triste, ma un giorno nuovo. Un Nobel che scompare, senza andare lontano, e un altro grande artista che vede riconosciuti i suoi testi, come preziosi manifesti letterari di mezzo secolo. Addio a Dario Fo, complimenti a Bob Dylan. E’ sorto un sole di speranza stamattina.

Non inoltrandomi in una materia che non mi compete, ossia la sostanza musicale di questo cantautore, certamente dal punto di vista testuale ho profonda meraviglia di chi non riesce a capire perché Dylan sia stato premiato. Leggiamo Murakami, Roth e non dovremmo sentirci “indignati”. Non c’è un tracciato quando si scrive, la narrazione e la poesia non appartengono a nessuno e in questo senso sono di tutti. Da sempre la musica, specialmente il genere popolare nelle sue disparate differenziazioni, si fa interprete del sentimento collettivo di un’epoca.

Per quanto tempo un uomo deve guardare in alto
prima che riesca a vedere il cielo?
E quanti orecchie deve avere un uomo
prima che ascolti la gente piangere?
E quanti morti ci dovranno essere affinché lui sappia
che troppa gente è morta?
la risposta, amico mio, sta soffiando nel vento,
la risposta sta soffiando nel vento”

Cosa è  la poesia se non immagine accennata? Con “Blowin’ in the wind”, Dylan dimostra che l’arte non è fine a se stessa, ma attinge sempre ad altre influenze (musica afro-americana, Beat Generation) e si ripropone in nuovi linguaggi, facendosi interprete delle generazioni che si passano il testimone.

Parole di disillusione scoppiano come proiettili
mentre divinità umane prendono la mira per i loro obiettivi
costruiscono di tutto, da armi giocattolo che scintillano
a Cristi color carne che splendono al buio
è facile da capire senza dover guardare molto lontano
che non c’è molto di veramente sacro

E’ “It’s alright, Ma”, uno dei testi a cui lo stesso Dylan è sempre stato più legato, in cui l’autore esprime il suo rifiuto per la società bellica, perché “anche il Presidente degli Stati Uniti a volte deve stare in piedi spogliato”. E a che serve scrivere se non a denunciare i mali del tempo e a proporre spunti di riflessione?

“Venite scrittori e critici
che profetizzate con le vostre penne
e tenete gli occhi ben aperti
l’occasione non tornerà
e non parlate troppo presto
perché la ruota sta ancora girando
e non c’è nessuno che può dire
chi sarà scelto.
Il perdente adesso
sarà il vincitore di domani
perché i tempi stanno cambiando”

Dylan scrisse “The times they are a-changin’ “ poco prima della morte di Kennedy e la suonò la notte stessa del suo assassinio. Del resto John Kennedy era il simbolo di un mondo che cominciava a cambiare, seppur a piccoli passi.  Chiaramente l’obiettivo della canzone è un invito ai vari componenti della società (intellettuali, politici e famiglie) a non giudicare prematuramente, a non dare per scontati dei risultati, perché il cambiamento, prima o poi, mette sullo stesso piano i vincitori e i vinti.

Non posso essere, io come tanti, nella categoria di quelli che pensano che Dylan non meriti il Nobel, o di quelli che credevano non lo meritasse Dario Fo. Ognuno di questi artisti ci ha regalato lezioni estremamente importanti, attraverso mezzi di espressione non prettamente canonici. Ci hanno insegnato a pensare, a svestire i potenti, a non aderire passivamente a dei modelli sociali.

Voci libere, che liberano coscienze. Oggi più che mai, questo vale sicuramente un Nobel.

di Francesca Contino

 

Source: www.irpinia24.it