Referendum, Sì vs No, si vota il 4 Dicembre. Rughetti, Galli, l’agenda continua a riempirsi

Ufficializzata la data dell'appuntamento referendario, restano due mesi in cui anche Avellino sarà protagonista di eventi in cui il Sì e il No si daranno battaglia fino all'ultima ragione utile

giordano,santoroAvellino – Meno sprechi e processi più semplici sono le ragioni che stanno ispirando da mesi la campagna per il Sì al referendum costituzionale. Se ne è parlato a Villa Amendola, ieri, in presenza del Sottosegretario alla PA, Angelo Rughetti, il quale ha sostenuto che il cambiamento del Paese, in un’ottica di confronto anche con gli altri Stati d’Europa, passerebbe dalle riforme istituzionali e dall’abolizione di alcune funzioni. Secondo Rughetti, infatti, “la riforma del Senato permetterà di ridimensionare i costi della politica, con una riduzione del numero dei senatori significativa e il superamento di un macchinoso bicameralismo paritario”.

Sono proprio questi gli argomenti che trovano obiezione tra le ragioni del No, che accusa sin dall’inizio il fronte del Sì di sostenere una riforma “pasticciata” nell’italiano in cui si propone e confusionaria nei contenuti. Dopo la visita del sottosegretario della PA, che ha voluto rassicurare l’opinione pubblica circa gli uffici e i dipendenti, ammettendo di fatto che non ci saranno licenziamenti e neanche nuove assunzioni, ma che i provvedimenti sugli enti, come le Camere di Commercio, riguarderanno solo presidenti e consiglieri, si è tenuto nel pomeriggio anche un tavolo di discussione del comitato per il No. Avrebbe dovuto partecipare il Senatore Galli, purtroppo assente per questioni personali.

Il presidente del comitato avellinese per il No, Amalio Santoro, l’onorevole Giancarlo Giordano e il segretario della Cgil, Franco Fiordellisi hanno esposto ieri le loro perplessità circa le argomentazioni per modificare la Costituzione. 

Secondo Fiordellisi la riforma costituzionale sarebbe la punta dell’iceberg, dopo le riforme della scuola e del lavoro, che di fatto hanno già spianato la strada a un accentramento di poteri, mettendo in primo piano la figura del manager, e ora con la nostra carta dei diritti si formalizzerebbe quell’aspetto manageriale anche nelle istituzioni. “E’ impossibile, oltre che ipocrita, scindere la riforma della Costituzione dalla legge elettorale, una legge che consegnerebbe all’Italia un premierato sostanziale. E’ il cerchio che si chiude. Lo schieramento di Confindustria a favore del Sì la dice lunga e ha spianato la strada alla CGIL, che si è esposta in maniera chiara a favore del No”.

La democrazia del resto, dal punto di vista qualitativo, più che dalla sua reale tenuta è in pericolo da tempo, secondo Amalio Santoro, nel senso che c’è stato nel tempo un processo di abbandono e di ripiegamento su stessa, che rende il nostro ordinamento molto più simile a un’oligarchia.

Non può essere questo il modello democratico del nostro Paese, che sempre più assume connotati asiatici – spiega- ed è ancora più sbagliato che rafforzare questo sistema sia la sola ancora di salvezza. Le regole non sono un surrogato della politica, perciò quando si modificano 40 articoli non si fa un lavoro intelligente. Non si può negare che c’è stato uno schieramento da parte dei poteri forti che sta creando disinformazione, infatti, non si può dire che si tocca solo la seconda parte della Costituzione negando che abbia degli effetti anche sulla prima parte, perché la seconda parte è da sempre traducibile negli strumenti di attuazione dei principi della prima parte. Inoltre questo Governo si è dato un potere costituente che avrebbe dovuto risparmiarsi, è tutto un paradosso. Si poteva abolire del tutto il Senato e stabilire un sistema monocamerale che fosse ripartito nella maniera più adeguata a garantire il pluralismo politico di questo Paese, invece, si toglie di fatto al possibilità al popolo di eleggere i senatori e si mandano in gita a Roma sindaci e consiglieri regionali”.

Secondo il deputato di SI, Giancarlo Giordano, è inutile fare un lavoro mirato a convincere quelli che sono già convinti, ma bisogna aprire in questi ultimi mesi, prima del voto del 4 Dicembre, una fase di dialogo e spiegazione mirata a convincere coloro che non hanno le idee chiare. “La battaglia vera di questa fase politica è il referendum –  ribadisce Giordano-  perché il suo esito negativo potrebbe riaprire tante partite. Essere moderni non vuol dire sottrarre qualcosa a qualcuno, specialmente se si copia male un programma di altri. I dipendenti e gli uffici anche se vincesse il Sì resteranno, quindi anche mettendola sul piano dei costi, non c’è il risparmio che viene promosso in tutte le salse, anche sulla scheda del quesito referendario. E’ chiaro ormai che nel PD sono saltati dei riferimenti culturali e proprio per questo si rende più urgente riaprire la partita per il governo del nostro Paese”.

 

Source: www.irpinia24.it