Ecco come uccide il “Cyberbullismo”: la storia di Tiziana

La 31enne si è impiccata dopo che era stata presa di mira per mesi dalla rete per un video hard. La Procura di Napoli indaga per istigazione al suicidio

tiziana-cantoneNapoli – La bellissima Tiziana Cantone è stata costretta a dire addio alla vita a soli 31 anni. Prima di ciò, però, è stata costretta a rinnegare la propria identità, cambiare cognome, lavoro, lasciare il paese in cui è nata, Mugnano di Napoli, insomma rinnegare ciò che era la sua vita. E tutto ciò per un video fatto circolare in rete da gente senza scrupoli per vanto, per superficialità. Le riprese mostravano Tiziana in un momento di intimità con un uomo o forse più di uno (come si apprende dai quotidiani). Un gioco, una bravata, una piccola vendetta che la rete ha atrocemente condannato. Tiziana è stata trascinata in un vortice da cui non è stato possibile uscire. Così, dopo diversi tentativi, con un foulard è riuscita a trovare la pace tanto desiderata.

La 31enne non fa più parte di questo mondo. Ma questo alla rete non basta. Continua a tormentarla sui social network dopo che per mesi è stata continuamente protagonista dei loro sfottò. Addirittura sono state create delle magliette con su scritto la frase – tormentone: “Stai facendo un video? Bravo”. Quanti di noi si sono imbattuti in queste vignette, magari qualcuno ha anche ironicamente o meglio sarcasticamente commentato e allo stesso tempo dato una nuova coltellata alla giovane che ha provato in tutti i modi a eliminare il materiale che la riguardava. Tentativi che si sono rivelati, alla dfine, inutili. Resta solo un misto di ribrezzo. E’ facile fare i lupi dietro al pc e le pecore nella quotidianità. Queste “persone” colpevoli senza mezzi termini di istigazione al suicidio sono il più delle volte soggetti frustati che non hanno ancora saputo dare un senso alla propria vita e passano il tempo a distruggere quella degli altri. Non pensano che al posto di Tiziana ci poteva essere la figlia, la madre,un’ amica o parente.

I parassiti di questa società, purtroppo, non possono essere più educati, possiamo calare su di loro solo un velo pietoso. Il dovere che abbiamo è lavorare sulle  generazioni future che ancora non sono state “contaminate”. Dovremmo far riassaporare loro il rispetto, l’amore, la semplicità, i valori che esistevano prima dell’avvento del “www”. A quei tempi i bulli li guardavi negli occhi, sapevi i loro nomi, cognomi. Ora invece i “cybervigliacchi” giocano a carte coperte. E’ arrivato il momento di disarmarli, per la salvezza di tutti, sopratutto dei nostri figli.

La pena per il  ”cyberbullismo” va da uno a sei anni di reclusione. La legge, però, ancora non esiste. E’ attualmente materia di discussione alla Camera. Come sempre l’Italia arriva ultima…

 

Source: www.irpinia24.it