Avellino – Dimissionari accusati di voler sabotare il Consorzio dei Vini

"Volevamo e vogliamo un solo Consorzio, ma finalmente riconosciuto"

vite-vigneto-vitivinicoltura-by-m-rosenwirth-fotolia-750Avellino – Le polemiche intorno alle vicende del Consorzio dei Vini non si spengono. Fiorentino Parente, uno dei quattro dimissionari, ha inviato una nota nella quale si vuole rispondere a quanto pronunciato dal Consorzio tramite un comunicato in cui i quattro dimissionari vengono accusati di aver ordito una trama volta a sabotare il Consorzio dei Vini. Di seguito pubblichiamo il testo della replica.

“Rispondiamo alle esternazioni apparse su alcune testate giornalistiche locali del 29 e 30 agosto u.s.  per delle doverose ed indispensabili precisazioni. Innanzitutto,  con riferimento alle presunte questioni linguistiche,  sarebbe il caso di cominciare a chiamare le cose con il loro giusto nome. Si continua  ad utilizzare impropriamente il termine “Consorzio di Tutela” quando  già da qualche tempo non lo è più:bisogna che qualcuno si convinca di ciò ed anche le istituzioni e gli organi preposti ne prendano atto.  Infatti a  distanza di 13 anni dalla sua costituzione, il Consorzio, come lo si chiama, non ha ancora i numeri sufficienti  a richiedere il riconoscimento Ministeriale né ha una sede, tant’è che solo grazie alla disponibilità di una confraternita religiosa ha la possibilità di utilizzare una chiesa come luogo in cui riunire il CdA e l’assemblea.

Per quanto riguarda i fatti, invece,c’è chi continua a mentire con la consapevolezza di farlo,e cerca di accreditare, sfruttando magari gli organi di stampa, una ricostruzione imprecisa e strumentale degli eventi degli ultimi mesi. Un atteggiamento, naturalmente, funzionale a preparare il terreno e giustificare  l’ennesima forzatura che verrà perpetrata con  la sostituzione dei quattro dimissionari: un processo tutt’altro che democratico. Qualcuno, ad esempio, ha dichiarato alla stampa che la presidente Pepe nei suoi mandati ha portato  120 iscrizioni: un dato alla luce del quale la domanda sorge spontanea.

Se il Consorzio oggi conta circa 300 iscrizioni, di cui 100 sono frutto del lavoro dei  rappresentanti  dei viticoltori e 120 di quello dell’attuale Presidente, prima della sua nomina  quanti erano gli aderenti all’Ente, che per ottenere il riconoscimento ha bisogno di circa 500 iscritti: appena 80 ? La verità è molto più banale:l’attuale Presidenza, in quasi 4 anni ne ha portati appena 20 (molti di più sono quelli che per contrasti con questa gestione ne hanno chiesto il recesso) mentre i rappresentanti dei viticoltori in appena 15 mesi ne hanno portati 100 (e molto di più avrebbero potuto fare),tutti consapevoli della loro iscrizione e pertanto pronti ad un eventuale recesso qualora il Consorzio avesse dimostrato l’incapacità ad ottenere il riconoscimento.

SI preferisce fare processi  alle intenzioni, fantasticando su ipotetici complotti a danno del Consorzio  per favorire la nascita di uno concorrente: nella realtà si tratta solo e semplicemente di parole in libertà utili soltanto a cercare fantasmi per coprire una vera e propria mancanza di volontà a raggiungere quello che dovrebbe essere il reale obiettivo dell’organismo. I dimissionari volevano e vogliono un solo Consorzio, ma finalmente riconosciuto. Quando si sono ritrovati di fronte alla incapacità di gestire in modo equilibrato e democratico anche le cose più semplici, come l’organizzazione di un convegno, hanno deciso di passare la mano, dimostrando di non avere alcun  attaccamento alle poltrone a differenza di chi, pur avendo minacciato le proprie dimissioni in più occasioni, è ancora al suo posto.

Una scelta accompagnata anche dalla recondita speranza di scuotere un Consorzio ormai impantanato nel proprio “fango” e bloccato da interessi parziali. È stato solo prospettato, vista la necessità per l’Irpinia di avere comunque un consorzio riconosciuto, che se questo non fosse avvenuto in tempi brevi si sarebbe potuto pensare a qualcosa di alternativo. Parlare di complotti e di attacchi concentrici richiama ad un clima di guerra, cosa profondamente offensiva rispetto all’impegno profuso per cercare alleati e non nemici, così come avvenuto con l’organizzazione di un convegno che doveva servire ad allargare la platea dei consorziati.

E’ questo un esempio emblematico di come erano gestite le cose nel Consorzio e della lungimiranza della Presidenza. Il  convegno era stato organizzato su espressa delega del CdA da consiglieri che non erano certo mossi da desiderio di  protagonismo. Ma nonostante ben 7 membri del Consiglio, tra cui la stessa  Presidente, fossero stati consultati  via e-mail (ne abbiamo traccia) e avessero dato il proprio avallo all’iniziativa, improvvisamente si è fatto dietrofront. Questo perché probabilmente l’unico consigliere che aveva manifestato qualche perplessità (l’altro non ha neanche risposto alla consultazione) è riuscito a condizionare la Presidente Pepe, forte di circa il  50% dei voti che può far valere in assemblea.

E proprio lui che parla di democrazia, pare riesca a condizionare un organo collegiale e le sue scelte, prese quasi all’unanimità, cercando vie alternative al confronto. Allo stesso modo  quando,la Presidente ha manifestato tutta la sua incapacità nella gestione del consiglio e nella garanzia di pari dignità e rappresentanza a tutti i suoi componenti, alcuni di essi, proprio per salvare questo Consorzio e senza dunque alcuna intenzione di creare alternative,non ne hanno chiesto le dimissioni  ma hanno proposto, come sarebbe nella logica delle cose,  un avvicendamento. Una richiesta avanzata alla luce del fatto che, al momento del  rinnovo delle cariche, la dott.ssa Pepe era stata proposta per un incarico a termine e non a caso con due vicepresidenti:l’indicazione  allora era stata  quella di puntare sul vicepresidente più anziano, tutt’ altro che un  sodale.

Si prosegue, invece,  con la diffusione di informazioni di convenienza . Inoltre, nessuno ha mai messo in discussione le doti personali e professionali della Pepe, ma la sua poca praticità a rappresentare un  consorzio, soprattutto  in manifestazioni pubbliche  è apparso chiaro, specie negli ultimi convegni, e non già per  la sua scarsa padronanza ”dell’idioma italico”, dovuta  alla  sua origine belga. E tuttavia, sostenerla come figura indispensabile all’affermazione di un’Irpinia cosmopolita e multiculturale appare  un’offesa all’intelligenza di chi ugualmente  lo fa e semmai la visione medievale è quella di chi vuol promuovere e proiettare all’estero qualcosa che ancora non esiste.

Tra l’altro il CdA,  a più di quaranta giorni dalle prime dimissioni ancora non è stato convocato per ratificarle, evidentemente si è riunito per concordare il comunicato stampa. E per finire da dove abbiamo iniziato, e cioè dalle questioni linguistiche,ecco un piccolo suggerimento: sarebbe il caso, in alcune circostanze, per dimostrare di essere davvero cosmopoliti, cominciare ad imparare anche un’altra lingua… quella del Silenzio! “