Avellino – Pro vita Sostenibile combatte i suicidi in Irpinia

L'associazione propone una campagna di sensibilizzazione e lancia l’hastag #IrpiniaViviSempre

irpiniavivisempre provitasostenibile (1)Avellino – Anno 2013, a febbraio Ariano irpino vive un tentato suicidio di un 35enne solo, invalido e senza sussidio. Avellino, 7 marzo dello stesso anno: un artigiano, reso disoccupato da più variabili, vuole lanciarsi nel vuoto (l’anno dopo racconterà dettagliatamente la sua storia davanti il Comune di Avellino: è il falegname D’Agostino). Il capoluogo irpino, però, è in stato di commissariamento Guercio. L’ex consigliere comunale Adelchi Silvestri aveva già sollecitato la giunta Galasso di impegnarsi a mettere in sicurezza lo storico Ponte della ferriera, viadotto che nell’ immaginario collettivo ricorda la morte e non la vita. Probabilmente a breve verrà realizzato un documentario come “The Bridge – il ponte dei suicidi” (2006) che racconta fatti di cronaca verificatisi sul Golden Gate Bridge di San Francisco.

Soluzioni pratiche per arginare il problema? Rete di protezione, l’utilizzo di sirene, telecamere, sensori termici, che possano segnalare la presenza di persone nelle zone a rischio, oltre a telefoni collegati con una linea anti-suicidio, che possa offrire assistenza a chi si trova in un particolare momento di sconforto. Deterrenti che non prescindono dall’ urgenza della messa in sicurezza del ponte, per evitare che scelte disperate vengano emulate da altre persone, innescando un meccanismo a catena.

Novembre 2013, il governatore Stefano Caldoro deve intervenire sulla vicenda del forestale Franco Argenio, che come tanti ha vissuto il dramma del licenziamento “forzato”. Gennaio 2014: un importantissimo convegno ad Avellino. “Uno sguardo nell’anima, in memoria di Daniele Salvio”. Per concorrere al miglioramento della comunità avellinese, Pro Vita Sostenibile (PVS) cerca di essere un ponte costante tra associazioni-cittadini-istituzioni ascoltando le esigenze delle persone verso soluzioni orientate al benessere collettivo.

“Già il 20 marzo 2015, dati i lavori in corso a via Due Principati, riproposi pubblicamente di istallare a Ponte della ferriera delle barriere protettive per evitare che si ripeta il triste fenomeno del suicidio – afferma l’educatore Francesco Varricchio – “sono vari i gruppi comunali chiamati a governare, come la VII^ Commissione: POLITICHE COMUNITARIE; ISTRUZIONE; SPORT; SERVIZI SOCIALI; POLITICHE ABITATIVE; POLITICHE GIOVANILI. Il disagio che avvertono le persone ci viene spesso raccontato da episodi di cronaca. Bisogna allora interrogarsi sulle possibili trasformazioni della nostra comunità per evitare fattori di rischio, come quello del suicidio. Oltre alla prevenzione, bisogna tentare di modificare gli stili di vita, puntando l’attenzione sulla responsabilità dei soggetti ad aumentare il controllo del proprio benessere. Infine l’educazione: azioni positive che mirano a modificare il comportamento delle persone inserite in un determinato ambiente. Negazione del Sé e ricerca di senso. Il suicidio tra dato empirico e rappresentazione” (2009) è un testo di Emiliana Mangone, in cui afferma: “sono le condotte intenzionali, libere, autonome attuate in risposta a determinate situazioni individuali o sociali che procurano direttamente o indirettamente la morte del soggetto agente”.

Se è vero che la depressione è una malattia, cure psicologiche e farmaci prescritti dal medico sono la base da cui partire in un’indispensabile psicoterapia. Si può solo puntare alla prevenzione dei suicidi. E la risoluzione? Sono le alternative da offrire. Se ci percepiamo tutti come potenziali soggetti a rischio affronteremo la vita con più responsabilità, meno insicurezze, più rispetto per sé e per l’altro. Con politiche di empowement le persone sono rese potenti, rafforzano la propria capacità di scelta, autodeterminazione/autoregolazione. Il contrasto evidente tra l’ideale e il reale genera nelle persone conflitto sia verso di sé sia verso il mondo circostante. Se questa tensione non trova la giusta canalizzazione nelle proprie attività quotidiane può diventare un problema che conduce a decisioni estreme. La relazionalità è di fondamentale aiuto nella difesa rispetto all’attuazione di comportamenti come il suicidio. Chi si suicida “non è libero” perché non ha “alternative” e perché nessuno (persone/istituzioni) gli ha fornito altre alternative che gli consentano di scegliere la vita anziché la morte”.

Se il suicidio “libera” la persona da un conflitto occasionale intra e interpersonale, la persona non è libera perché non è nelle condizioni di poter scegliere. Il disagio è tale da produrre un annebbiamento della visione futura che è vista solo con caratteri di negatività e pessimismo. Secondo l’arcivescovo di Chieti-Vasto, Bruno Forte la prima tappa della conversione consiste nel percepire l’esilio esteriore, nell’avvertire che si sta male e si vorrebbe star meglio. È necessario accorgersi che la radice profonda del male è la separazione da Dio”. Via di uscita agli ostacoli? Impegno civile. Non c’è solo negatività e pessimismo, ma anche la salvezza di Dio! Perciò, avanti a testa alta? I travagli del III millennio… la lezione di Leopardi… l’amicizia civica… Quali ragionevoli speranze del 2015? Guardando alle vicende, personali e sociali dell’anno 2014, potremmo avere più motivi di preoccupazione, quando non di vera e propria angoscia, che motivi di soddisfazione o di vera e propria gioia. Il rapporto Censis, che puntualmente a dicembre fotografa lo stato di salute del nostro Paese, ha descritto l’Italia del 2014 come il paese del “capitale inagito”.

E non si riferisce solo alle risorse economiche, ma anche a quelle umane. Nel bilancio della vita della nostra società prevale il segno meno: meno figli, meno iscritti all’università, meno imprese, meno investimenti, meno consumi, meno cibo… Dichiarò il cardinale Angelo Scola: “Sembriamo a prima vista diventati un poco come l’uomo della parabola evangelica che, ritrovandosi un solo talento, rinuncia a trafficarlo. E, per l’angoscia di perderlo, lo seppellisce. Il quadro internazionale poi non è certo rassicurante. Se con il crollo dei muri l’Occidente opulento era perfino arrivato a parlare di ‘fine della storia’ coltivando l’idea tenacemente ricorrente del progresso ineluttabile, oggi l’illusione è crollata sotto i colpi di una storia tragica che ripropone le terribili violenze del passato, anzi sembra averne escogitate delle nuove. Con implacabile tempestività e precisione i mass media ce ne danno notizia in tempo reale e noi non abbiamo neanche la possibilità di assimilare le une che già le altre ci sovrastano.

Dove l’uomo del terzo millennio immerso in un travaglio che lo infragilisce e lo smarrisce, posto di fronte alle strabilianti scoperte delle tecno-scienze o interrogato dalla necessità di pensare a un nuovo ordine mondiale, può ritrovare libertà e senso del vivere? Dove può rigenerarsi sperimentando una liberazione che sia veramente tale? E dove può trovare un senso, una buona ragione, per ripartire tutte le mattine e un sentiero su cui incamminarsi? Che razza di gratitudine può esprimere chi per povertà estrema è spinto a occupare le case, o gli homeless, ogni giorno più numerosi, o i disperati, cacciati sempre più ai margini della società? Su che cosa possono fare leva per rendere grazie i nullatenenti, i giovani scoraggiati e ridotti all’inerzia dalla mancanza di lavoro, gli uomini e le donne di mezza età che si trovano espulsi dal circuito produttivo? Come possono rendere grazie i figli costretti a fare i conti con il fallimento del matrimonio del papà e della mamma, le tante famiglie ferite da prove pesanti e spesso affrontate in solitudine, le vittime che invocano giustizia? E le vittime, per fede, di orrendi e brutali uccisioni? Di cosa devono rendere grazie i milioni di profughi, costretti a lasciare tutto? Non sottaciamo la notizia per eccellenza, eppure spesso ignorata: il Salvatore è tra noi. Col Dio che si fa bambino l’eterno è entrato nel tempo e il tempo ha cambiato di segno.

Non ci porta più verso il nulla ma ci ha già introdotto nella vita per sempre. La nostra esistenza quotidiana prende respiro: l’amore di Cristo ci urge al dono totale di noi stessi e la partecipazione a questo amore è sempre possibile a tutti. L’amicizia civica è un bene reale. È la grande condizione per uscire dalla crisi. Il riscatto, come non si stanca di dirci Papa Francesco, non può che avere come motore primario la libertà di ognuno di noi. C’è bisogno di chi – cristiani, fedeli delle diverse religioni, uomini e donne amanti della giustizia – si prenda cura del bene comune in tutte le sue forme”. Dopo la morte il 6 maggio 2016 di una donna 50enne ad Avellino, poi di un’anziana ad Ariano e di un 60enne di Cesinali il 7 maggio, Pro vita sostenibile afferma: “Avellino e provincia devono risorgere. Perciò, ripetiamo tutti più volte lungo il corso della giornata #IrpiniaViviSempre !!!”.

Source: www.irpinia24.it